"Meloni? Non c'è giustizia ad orologeria": su Affari la replica dell’Anm

La vicepresidente dell'Associazione Nazionale Magistrati Alessandra Maddalena replica su Affaritaliani.it alle nota di Palazzo Chigi

di Eleonora Perego
Alessandra Maddalena
Cronache

Scontro sulla giustizia, su Affari la replica della vicepresidente dell'Anm alla nota di Palazzo Chigi 

È prevista oggi la riunione della giunta esecutiva dell’Associazione Nazionale Magistrati. Un evento che cade a pennello all’indomani del duro attacco del governo alle toghe sui casi del ministro Daniela Santanchè e del sottosegretariato alla Giustizia Andrea Delmastro. Sarà quindi inevitabile che l’Anm affronti il tema, che pure non è all’ordine del giorno.

Nel frattempo però la vicepresidente Alessandra Maddalena, parlando con Affaritaliani.it, ha voluto replicare alle parole non solo della premier Meloni, ma anche a quanto trapelato da via Arenula sul caso Delmastro.

Partiamo dal nocciolo della questione. Vi hanno accusato di  fare “opposizione politica”, come rispondete?

È pericolosissimo, vuol dire delegittimare la magistratura. Si fa passare l’idea che una parte di essa utilizzi il proprio legittimo potere per colpire una parte politica, in una deviazione del potere giurisdizionale. E questo è una campagna pericolosa in uno Stato di diritto: se i cittadini si convincono che una parte della magistratura si piega a questi scopi, come potranno avere fiducia nella giustizia? Specie se a dirlo è la stessa presidente del Consigliao.

È abbastanza curioso che i tre casi di cui parliamo (Santanchè, Delmastro, La Russa) abbiano coincidenza temporale…

Non c’è nessuna macchinazione, si tratta di casi completamente differenti che non hanno nessun nesso. Oltretutto si contesta, nel caso di Delmastro, il controllo da parte del giudice, invocando la separazione dei poteri proprio in un episodio in cui si è dimostrato che il giudice non si appiattisce sulle istanze in un senso o nell’altro del pm. Qualunque strada la magistratura prenda nel rispetto delle regole dell’ordinamento giuridico la politica re-invoca la separazione delle carriere, in modo che il pm diventi l’avvocato dell’accusa, in qualche modo dipendente dallo stesso esecutivo.

Fonti di via Arenula hanno addirittura tacciato l’imputazione coatta di Delmastro come “irragionevole”

Partiamo con il dire che queste riflessioni sull’imputazione coatta non sono mai state fatte prima. L’occasione chissà come mai nasce sempre quando ci sono delle indagini che possono coinvolgere esponenti di Governo. Parlarne, inoltre, come di un’“anomalia di sistema” vuol dire dimenticarsi che questa è una forma che si sposa con il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale che possa garantire l’uguaglianza dei cittadini. Quella stessa obbligatorietà che il Governo con la riforma vuole superare!

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C'è, forse, un'accusa ancora più grave: che con il vostro operato vogliare influenzare la riforma sulla giustizia...

Ogni volta che diciamo la nostra, diamo contributo su una riforma, esprimiamo perplessità (come abbiamo fatto per l’eliminazione dell’abuso di ufficio) veniamo accusati di voler influenzare la politica. Ma se dovessimo parlare solo per assentire e dire che i progetti di riforma ci convincono sarebbe inutile ascoltarci! Non è questa la democrazia. Le riforme si fanno nella prospettiva di assicurare l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, non per introdurre degli spazi di impunità o formule garantiste dedicate a chi incarichi pubblici.

E, soprattutto, i progetti di riforma non si annunciano facendo passare l’idea che quando la magistratura indaga un esponente di Governo commette un’”anomalia”.

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