Messina Denaro, i pizzini ritrovati: "Armi fondamentali per la mia educazione"

Nei diari per la figlia Lorenza le tracce di cultura mafiosa e quel messaggio a Trump: "Lo ringrazio, mi fa sentire meno solo"

Di Redazione Cronache
Tags:
matteo messina denaro
Matteo Messina Denaro
Cronache

Messina Denaro, nei suoi diari emerge chiaramente la sua missione da capo mafia

Matteo Messina Denaro è morto lo scorso 25 settembre, ma di lui si continua a parlare. Emergono dettagli inediti sul suo stile di vita. Tutto scritto nero su bianco nei diari che il boss di Cosa Nostra aveva scritto per la figlia Lorenza, con la quale non ha avuto rapporti fino alla cattura avvenuta un anno fa per mano dei carabinieri del Ros. Memorie - si legge su Il Corriere della Sera - di vita vissuta in cui tra pensieri sparsi, massime di filosofi e cantanti, considerazioni varie sulla vita, la morte, le donne e i rapporti umani, affiorano qua e là tracce di mafia. Come quando scrive: "Nell’ambiente in cui sono nato e cresciuto le armi rappresentavano un importante momento educativo della vita". Nonostante il boss, negli interrogatori davanti ai magistrati, abbia negato di avere fatto parte di Cosa nostra. Ma l’ammissione di essersi alimentato a pane e lupara fin da bambino sembra il riferimento a un destino al quale non ha potuto sottrarsi: uomo d’onore, padre e capomafia.

Leggi anche: Erba, la consulente: "Mario Frigerio? Testimone inattendibile. Ecco perchè"

Leggi anche: Taiwan, l'Asia non ha paura della guerra. Il business a Lai: "Parla con Xi"

Messina Denaro nei suoi diari poi scrive: "Le persone pericolose, ho imparato, non sono quelle armate, ma quelle non educate all’etica delle armi, alla responsabilità delle proprie azioni". Poi - prosegue Il Corriere - cita una "massima spartana": "Se non riesci a vincere con le parole imbraccia le armi". E più avanti: "Non ho mai usato cortesie con chi ha una spada in pugno, ho sempre cercato lo scontro". Come dire che non s’è mai sottratto alle guerre, e tantomeno quelle di mafia nella provincia trapanese, da decine e decine di morti, di cui è stato protagonista prima delle stragi di mafia del 1992 e 1993. "Ho errato come tutti gli uomini, non ho commesso viltà, di quello che ho fatto non mi pento", dichiara in un altro appunto. Poi un elogio all'ex presidente degli Usa: "Giornalisti disonesti, ringrazio Trump per averlo detto, mi fa sentire meno solo". Conclude citando la frase che Tomasi di Lampedusa fa dire al principe di Salina: "Noi fummo i gattopardi, i leoni: quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene".