Papa Pacelli e lo sterminio degli ebrei: continua la "damnatio" per Pio XII

La damnatio decretata nei confronti del Papa Pio XII Pacelli (1939 – 1958) ha una sola origine: la scomunica dell'ideologia comunista

Di Gaetano di Thiène SCATIGNA MINGHETTI
Papa Pacelli
Cronache

Papa Pacelli, il "Pastore Angelico" che salvò migliaia di famiglie dai nazisti 

Inutile girarci attorno. È uno stillicidio continuo. La damnatio decretata nei confronti del Papa Pio XII Pacelli (1939 – 1958) ha una sola origine: la scomunica dell'ideologia comunista e l'appartenenza condivisa ai metodi di quella corrente politica e di pensiero ed ai suoi “seguaci”, sebbene in alcuni casi, sia pure indirettamente. La scomunica venne comminata dal Pontefice il 13 luglio del 1949 per il tramite del Sant'Uffizio. Gli ebrei, dimentichi dei pogrom sopportati in Russia, che sono in maggioranza di sinistra, se ne risentirono fortemente ed iniziarono una massiccia campagna denigratoria contro Colui che, durante gli anni cruciali dell'egemonia nazista su diverse regioni dell'Europa, aveva fatto concretamente salvare milioni di ebrei da morte certa, con tutti i mezzi possibili a propria disposizione, senza scagliare invettive ed anatemi; senza usare alcuna voce stentorea; senza teatrali proclami di denuncia dei terrificanti programmi di sterminio imposti dal dittatore tedesco.

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Pio XII è stato definito, con un calzante appellativo, Pastor Angelicus. Ma nella drammatica situazione dell'egemonia nazista in Europa, non soltanto si è rivelato una persona molto pratica, un “uomo del fare”, come si ama affermare, gergalmente, adesso. Ma ha voluto travalicare l'immediata lezione del Vangelo senza remora alcuna, privo di ritrosie di sorta, dimostrando che, con la Croce di Cristo, impugnata a mo' di spadone di un cavaliere medievale, si possono agevolmente superare tutti gli ostacoli, travalicare ogni e qualsiasi impedimento, “disprezzare tutti i mali”, giungere rinfrancati alla meta dopo aver spazzato via tutti gli idola fori.I quali avrebbero reso più tragica una congiuntura sociale e politico-raziale già di per se stessa incandescente.

Furono i vescovi tedeschi, con una pervasiva moral-suasion, a far desistere il Pontefice dal condannare pubblicamente le nefandezze del nazional socialismo, rivolte non solamente contro gli Ebrei, ma altrettanto violentemente contro i cattolici tedeschi e polacchi.

Pio XII possedeva un'intelligenza acutissima! Si rese pienamente conto di quanto fossero nel giusto vescovi della Germania e, per tanto, intese optare per un'azione underground, clandestina, in favore degli Ebrei perseguitati; fisicamente eliminati.

Per ciò, è opportuno riferirsi ad un capoverso del Vangelo di Marco per comprendere appieno in quali strette si dibattesse il Papa in quei momenti terribili per le sorti, non soltanto del popolo ebraico, ma anche per l'incolumità della stessa Chiesa Cattolica polacca e tedesca: “Chi crederà e sarà battezzato -si legge nel passo di Marco- sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato”. Papa Pacelli, nel suo immenso giganteggiare, si rese dolorosamente conto della tragicità della situazione in cui versavano l'Europa e le sue genti e mobilitò l'intero organigramma della Chiesa, a tutti i livelli, adoperandosi senza risparmio di energie fisiche e morali, per raggiungere il suo nobile scopo. Anche non attribuendo alcuna importanza alla “raccomandazione” riportata dall'evanglista Marco.

In quanto è notorio come gli Ebrei non siano crdenti, non riconoscono in Gesù Cristo il Messia promesso né, di conseguenza, risultino battezzati. Anche a rischio della propria, personale salvezza di vita e di pensiero. Ènotoria altresì la risoluzione che il capo del nazismo intendeva adottare nei confronti del Pontefice romano: organizzare la cattura del Papa, deportarlo sotto strettissima sorveglianza, in Germania per fargli cessare -con l'intera Chiesa- l'opera di sabotaggio posta in essere con un sistematico lavorìo sotterraneo. Per minare alle radici le micidiali politiche naziste che minacciavano di genocidio intere popolazioni indifese.

Ed è altrettanto notoria l'esistenza di una lettera di dimissioni dal pontificato, redatta da Papa Pacelli, qualora si fosse verificato il paventato arresto del Capo della Chiesa: i nazionalsocialisti avrebbero rapito non più il Pontefice ma soltanto un cardinale di Santa Romana Chiesa, Eugenio Pacelli; non più il successore dell'apostolo Pietro.

Costituisce un fatto gravissimo quello della deportazione del Papa! La circostanza avrebbe dovuto far cessare ogni speciosa argomentazione contraria sui suoi silenzi. Essi non hanno prodotto alcun effetto negativo sul suo infedesso impegno per la salvezza di innumeri vite umane. Ora anche la scoperta di un documento inedito, ritrovato negli archivi della Santa Sede e fatto conoscere al pubblico con un'enfasi per nulla consona allo stile soft che deve improntare l'azione di uno studioso dall'aplomb inecepibbile, si è ritorta, ancora una volta, contro la figura adamantina del Papa. Il quale, sia detto qui, apertis verbis, non ha bisogno della difesa di nessuno e tanto meno di quella di un pigmeo della ricerca storica quale si considera l'autore della presente nota.

La Chiesa Cattolica, sarà opportuno specificarlo, non si è mai impegnata veramente a fondo per porre a tacere le opinioni infondate e malevoli su Papa Pacelli e bloccare definitivamente le valanghe di fango riversate, in libertà, sulla personalità della Chiesa dal calibro molto pesante che risponde al nome di Pio XII Pacelli.

Recentemente, ha visto la luce un altro saggio storico, sull'argomento, a firma di un ricercatore certamente di ascendenza ebraica: David I. Kertzer, Un Papa in guerra. La storia segreta di Mussolini, Htler e Pio XII, Milano, Garzanti, 2023, onde perennemente perseguire con stolidi intenti la persona del Papa romano.

Vista la piega che è stata impressa alla vicenda, non ci sarà mai alcun documento, per quanto dirimente esso possa rivelarsi, che potrà cancellare la leggenda nera che si è venuta artatamente a creare sulla figura di questo importantissimo Vicario di Cristo, da parte di alcuni oscuri mestatori facinorosi, di sinistra, dalla comune origine ebraica.

Come è accaduto nei giorni scorsi con l'apparizione di un documento, il cui testo, in tedesco, risulta essere una lettera del 14 dicembre del 1942, con la quale il gesuita Lothar König, un componente della rete resistenziale antinazista e vicino all'arcivescovo di Monaco, Michael von Faulhaber (1917 – 1952), che aveva nel sacerdote gesuita un sicuro collegamento con il Vaticano, scrive al segretario di Pio XII, Robert Leiber, rendendolo edotto sull'annientamento giornaliero degli Ebrei e su quello che avveniva nei campi di morte di Auschwitz e Dachau.

14.12.42

Lieber Freund! -è l'incipit della missiva-

Anbei die. Fortsezung meiner Liste von letzten mal.

Die Monatsziffer...

Da essa si deduce che il Papa sapeva della distruzione di migliaia di persone ogni giorno, in quelle spaventose località di torture. Il Papa, dunque, sapeva, e non poteva essere altrimenti. Questa non è una novità. Costituisce un dato già certo, ormai acclarato da tutta la storiografia specializzata in materia. Secondo i portavoce attuali degli Ebrei, Papa Pacelli doveva denunciare al mondo le atrocità naziste. Ma, con quali risultati pratici è facile intuirlo, specie ora dopo essere stata scandagliata a fondo la feroce filosofia politica e sociale delle gerarchie naziste.

A parere di altri, più intellettualmente onesti -e tra questi il redattore del presente saggio-, il Papa si è comportato in maniera intelligente e corretta votandosi al silenzio ma operando in modo efficace e sistematico per la salvezza dell'intero popolo ebraico. Con i positivi risultati che vennero conseguiti e ora conosciuti da tutti. E fece bene così! Anche perchè le menti oneste ne sono pienamente convinte. Il Papa era il Capo dei Cattolici e aveva il dovere di preservare per suo preciso impegno, la barca di Pietro dai marosi che l'insidiavano.

Egli, onestamente, non aveva nessun obbligo morale né politico, né tanto meno religioso, sia detto qui, con brutalità dura, di spendersi per gli “altri”. Da buon cristiano, non si attendeva ricompensa alcuna per la sua gratuita battaglia. L'ha combattuta in modo paternamente dedicato. Ma è vergognoso che ora si attacchi vigliaccamente la sua memoria. Le pecorelle smarrite erano molte e si rischiava di non salvarne nessuna. Ciò con buona pace di tutti coloro che discutono della faccenda sulla pelle degli altri: protagonisti e comprimari che siano! In quella grande recita, spesso controversa, chiamata storia, che Giambattista Vico, con la saggezza del suo genio, appella “Scienza Nuova”.

 

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