Pasta antifascista, da simbolo di caduta del regime a caso politico. Il punto

Succede a Rosà, nel vicentino, dove la sindaca non ha concesso l'autorizzazione all'evento. Ma il Pd, e il Movimento Italia Sociale, insorgono. Cosa è successo

a cura di Redazione
Pasta al pesto
Cronache

Pasta antifascista, da simbolo di caduta del regime a caso politico in Veneto. Ma il Pd non ci sta, e neppure il Msi. Ecco cosa è successo

I fascisti odiavano la pasta, non la consideravano un alimento patriottico. Per questo la pastasciutta è antifascista. E oggi 25 luglio, come succede ormai da 80 anni, in Italia si cucina, si mangia e si celebra la prima pastasciutta antifascista, offerta dai sette fratelli Cervi alla comunità di Campegine, a Reggio Emilia, per festeggiare la fine della dittatitura fascista e la deposizione di Benito Mussolini, avvenuta in quella stessa data nel 1943.

Una pasta in bianco, con burro e parmigiano, simbolo di semplicità all'italiana, dato che l'alimentazione all'epoca era scarna, almeno per i non ricchi. Gran parte delle persone infatti mangiava solo polenta, a Nord, e pane, al Sud. Così, è facile immaginare perché i fratelli Cervi decisero di dare una festa e cucinare quintali di pasta in bianco per festeggiare la fine del fascismo. 

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Eppure, a Rosà, in provincia di Vicenza, la pastasciutta antifascista è diventata un caso politico. La prima cittadina Elena Mezzalira ha deciso di non concedere l’autorizzazione all’utilizzo del Parco di via Sacro Cuore di San Pietro di Rosà, chiesto da quattro sezioni Anpi (Altopiano dei 7 Comuni, Bassano del Grappa, Marostica, Valbrenta) per festeggiare l’anniversario della caduta del fascismo con la simbolica pastasciutta. A denunciare l'accaduto è il Pd del Veneto, il quale parla di “censura in violazione di ogni principio democratico e repubblicano”.

La consigliera regionale dem, Chiara Luisetto, ha accusato così la sindaca di Rosà: “Coprendosi dietro motivazioni a dir poco assurde, ha negato gli spazi per tenere la ‘Pastasciutta antifascista’, manifestazione di pace che celebra la caduta del regime. Una scelta che è di censura nei confronti di chi vuole giustamente coltivare il ricordo di quel 25 luglio del 1943. Una data che, al pari del 25 aprile, segna una svolta storica, sulla strada che condusse all’Italia repubblicana. Quel generoso gesto della famiglia Cervi che offrì 380 chili di pasta al burro a tutto il paese di Campegine per festeggiare la caduta fascista, va rinnovato. Perché è emblema di una volontà: tenere alta la difesa della libertà e della democrazia”.

Luisetto evidenzia che sostenere, come fa la sindaca, “che questa manifestazione può essere ‘richiamo di disordini e di problemi di sicurezza e ordine pubblico’ è inaccettabile. L’Anpi, in ogni occasione sostiene e testimonia concretamente i valori della pace, tanto nelle manifestazioni quanto attraverso le prese di posizione a difesa della Costituzione che da sempre porta avanti. Soprattutto in questo tempo, segnato dalla guerra in Ucraina, una guerra in Europa, che ci ricorda l’importanza di riaffermare i valori propugnati dall’antifascismo. La decisione della sindaca è senza giustificazioni e fuori dalla storia. Una pura strumentalizzazione politica”.

A tutto questo ha poi seguito un altro gesto discutibile: questa mattina a Vicenza fuori dal centro culturale Porto Burci è comparso uno striscione che recitava: "Se manca olio, lo portiamo noi". Lo striscione era firmato MIS, Movimento Italia Sociale, che fa il verso al partito di Almirante con cui condivide lo stesso simbolo, cioè la fiamma tricolore, mai tolta nemmeno dall’attuale partito di governo (Fratelli d’Italia). Il riferimento del MIS è chiaramente all’olio di ricino, un lassativo vegetale usato anche per la cura dei capelli. Durante il fascismo esso veniva usato dalle camicie nere per "purgare" i sovversivi, cioè umiliare pubblicamente chi osava ribellarsi al regime.

"Al di là dell’ironia oggi, come il 25 aprile scorso, ribadiamo che Vicenza è una città antifascista e che pretende il ripristino immediato della clausola" - è la risposta del Porto Burci in un post Facebook -. "Non ci faremo rovinare la serata, oggi festeggiamo l’arresto di Mussolini e la memoria dei fratelli Cervi. L’olio di ricino che vorrebbero portarci questɜ signorɜ è quello che veniva usato durante il ventennio per punire e torturare gli oppositori del regime. Metodi violenti esercitati da persone violente e ottuse che si nascondono dietro un’italianità vecchia, antistorica, machista e patriarcale".

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