Perché Papa Francesco non vuole vedere il Dalai Lama? Il nodo delle nomine

Dopo la scomparsa di Ratzinger, il Dalai Lama ha ricordato il Papa Emerito con un messaggio ufficiale, ma con Bergoglio i rapporti sono tesi

Di Giuseppe Vatinno
Cronache

Perché Papa Francesco non vuole vedere il Dalai Lama? Dietro le nomine dei vescovi cinesi

Il Dalai Lama, il capo supremo della religione tibetana e anche capo ufficiale dello Stato del Tibet, sebbene in esilio, ha voluto ricordare Papa Ratzinger qualche giorno fa. Lo ha fatto mandando un messaggio ufficiale alla nunziatura vaticana di Nuova Delhi. Tra l’altro si legge: "Ratzinger è stato Un uomo che ha fatto il possibile per contribuire all'armonia religiosa e alla pace globale. Prego per il nostro fratello spirituale". E poi ancora: "Quando ho avuto l'opportunità di incontrare Papa Benedetto, ho scoperto che eravamo molto d'accordo sui valori umani, sull'armonia religiosa e sull'ambiente. Durante il suo pontificato, ha lavorato duramente per promuovere questi temi. Ha vissuto una vita significativa. Credo che questi scambi abbiano contribuito a una migliore comprensione religiosa tra noi". 

Il Dalai Lama ha incontrato sia Papa Giovanni Paolo II che Papa Benedetto XVI. Incontri non ufficiali, cioè non registrati dal protocollo vaticano, e questo per evitare di 'irritare' la potente Cina che –come noto- il Tibet lo ha invaso e la considera una sua provincia, al pari di Taiwan. Invece Papa Francesco non ha mai voluto incontrarlo in Vaticano -neppure non ufficialmente- per via di una questione specifica e cioè l’accordo sulle nomine dei vescovi cattolici in Cina sottoposto ad un trattato del 2018.

Il cardinale Zen, ex arcivescovo di Hong Kong (anche arrestato dalla polizia cinese), ha accusato il Papa di avere svenduto la Chiesa cinese e su questa posizione si è poi ritrovata l’ala conservatrice che faceva riferimento proprio a Ratzinger, che invece aveva una linea ben diversa.

Il Papa tedesco ebbe a dire su questa spinosa questione: "Seguo con grande trepidazione le notizie che in questi giorni giungono dal Tibet. Il mio cuore di padre sente tristezza e dolore di fronte alla sofferenza di tante persone. Vi invito a unirvi a me nella preghiera. Chiediamo a Dio onnipotente, fonte di luce, che illumini le menti di tutti e dia a ciascuno il coraggio di scegliere la via del dialogo e della tolleranza".


Nel 2013 il Dalai Lama aveva detto a proposito della rinuncia di Ratzinger: "Benedetto XVI è un praticante religioso e nello stesso tempo è molto intelligente. Per cui la sua decisione, credo, debba essere stata realistica, presa per dare in qualche modo un beneficio maggiore alle persone interessate. Prego affinché la parte restante della sua vita sia molto utile e ricca di benefici per tutti". Dopo la scomparsa di Papa Benedetto XVI tutti i vecchi nodi stanno tornando al pettine e la questione cinese è particolarmente spinosa.

Francesco ha infatti una politica pragmatica e guarda più agli interessi concreti ed immediata della Chiesa che prendere posizione sui diritti umani in generale e sulla situazione dei cattolici in Cina in particolare. Cioè il contrario di Ratzinger. Tuttavia, proprio in questi giorni, i conservatori stanno brandendo la 'questione cinese' contro Francesco che, attaccato da più fronti contemporaneamente, si sta trovando in difficoltà.

La replica di Bergoglio è stata chiara: "Chi porta avanti questo accordo è il cardinale Parolin che è il migliore diplomatico nella Santa Sede, un uomo di alto livello diplomatico. E lui sa muoversi, è un uomo di dialogo, e dialoga con le autorità cinesi. Credo che la commissione che lui presiede ha fatto di tutto per portare avanti e cercare una via di uscita e l'hanno trovata".

E non è mancata anche una spiegazione rifacendosi anche al passato: "Molti hanno detto tante cose contro Giovanni XXIII, Contro Paolo VI, contro Casaroli. Ma la diplomazia è così. Davanti a una situazione chiusa bisogna cercare la strada possibile, non ideale, la diplomazia è l'arte del possibile e fare che il possibile divenga reale. La Santa Sede ha sempre avuto questi uomini grandi. Ma questo con la Cina lo porta avanti Parolin, che in questo punto è un grande".

Nel frattempo però la questiono è tornata –come detto- di attualità e si somma alle tante altre aperte.


 

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