Schwa, la Crusca zittisce le paladine: "Una moda culturale del nostro tempo"

Il no dell'Accademia al linguaggio inclusivo nella giustizia considerato uno "spirito del nostro tempo"

Di Redazione Cronache
Michela Murgia, Elly Schlein e Laura Boldrini
Cronache

L'Accademia della Crusca sulla schwa e sugli asterischi del linguaggio inclusivo: "Attenzione alle mode culturali"

Il Comitato Pari opportunità del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione sulla parità di genere ha interpellato l'Accademia della Crusca riguardo al linguaggio inclusivo nella scrittura degli atti giudiziari. La risposta ha bocciato la schwa e gli asterischi, promosso il femminile in termini come la magistrata, la giudice, la presidente, la questora, anche nella scrittura degli atti giudiziari. Bocciate anche le duplicazioni retoriche, ad esempio le italiane e gli italiani, a cui è toccata la stessa sorte della schwa e degli asterischi.

"I principi ispiratori dell'ideologia legata al linguaggio di genere e alle correzioni delle presunte storture della lingua tradizionale non vanno sopravvalutati, perché sono in parte frutto di una radicalizzazione legata a mode culturali", hanno scritto gli studiosi della Crusca. "Queste mode hanno un'innegabile valenza internazionale, legata a ciò che potremmo definire lo spirito del nostro tempo, e questa spinta europea e transoceanica non va sottovalutata".

L'uso di segni grafici che non abbiano corrispondenza nel parlato non può appartenere al linguaggio giudiziario

La Crusca si riferisce in particolare al fatto secondo cui "l’uso di segni grafici che non abbiano una corrispondenza nel parlato" non può appartenere al linguaggio giudiziario, così come "l’asterisco al posto delle desinenze dotate di valore morfologico". Con riferimento alla schwa, gli esperti della Crusca specificano che: "La lingua è prima di tutto parlata, anzi il parlato gode di una priorità agli occhi di molti linguisti, e a esso la scrittura deve corrispondere il più possibile".

Usare forme neutre e generiche per rappresentare tutti i generi e gli orientamenti

Riguardo ai due generi grammaticali dell'italiano, il maschile e il femminile, l'Accademia ha spiegato come lo strumento migliore per rappresentare tutti i generi e gli orientamenti non sia "la reduplicazione retorica, che implica il riferimento raddoppiato ai due generi" - italiane e italiani, ad esempio, oppure impiegati e impiegate - ma "l'uso di forme neutre o generiche (per esempio sostituendo persona a uomo, il personale a i dipendenti), oppure l'uso del maschile plurale non marcato, purché si abbia la consapevolezza di quello che effettivamente è: un modo di includere e non di prevaricare".

Il maschile non marcato si può usare anche quando ci si riferisce "in astratto all’organo o alla funzione, indipendentemente dalla persona che in concreto lo ricopra o la rivesta". Quindi è corretto dire "il presidente del consiglio", anche se a ricoprire l'incarico è una persona di genere femminile. 

È invece da evitare l'articolo davanti al nome delle persone. Oggi "è considerato discriminatorio e offensivo non solo per il femminile, ma anche per il maschile". 

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