Tuttologia e modernità
Tutti parlano di tutto con il risultato, molto spesso, di non dare senso compiuto a ragionamenti, discussioni e confronti...
La tuttologia e l'incomprensibile politicamente corretto
Un perfetto binomio osmotico dove il primo termine sta ad indicare la convinzione di chi ritiene di possedere una conoscenza sfiorante l’universalità, mentre l’altro vuol significare il gusto, la propensione, l’adeguamento al nostro tempo, alla liturgia della contemporaneità, richiamando Zygmunt Bauman, della società liquida.
Tutti parlano di tutto con il risultato, molto spesso, di non dare senso compiuto a ragionamenti, discussioni, confronti che fino a quando si sviluppano in ambienti privati o nell’allegria dei bar dello sport rappresentano poco più del nulla. Diverso è l’essenza del risultato, anche perché diverso è il fine, in occasione di discorsi tra e con politici, giornalisti, magistrati, intellettuali, uomini di Chiesa, umanità varia che prospetta e promette felicità, bene, armonia, futuro. In questo caso il binomio, là dove viene espresso da queste figure, inficia valore e pregio della stessa comunicazione, in cui un’eccessiva semplificazione, è volta non ad informare ma all’affermazione del proprio convincimento.
Rifacendoci a Niklas Luhmann, in effetti, siamo in presenza di una comunicazione che non produce altra comunicazione, d’altronde, non è importante né fondamentale; nella modernità la libertà di pensiero è benvenuta anche quando siamo e ci sentiamo obbligati a farne uso. Da una visuale assiologica l’informazione presuppone anche la comprensione? Crediamo di no. Tra loro il rapporto è del tutto asimmetrico, tuttologia e relativa comunicazione non comportano attenzione e accortezza per la comprensione né tampoco per la conoscenza.
Negli ultimi anni la Rai, e non solo, a partire dalla seconda metà di agosto ci informa prima del chiacchiericcio relativo al Def approvato in primavera, poi di qualche precisazione, poi della presentazione del Nadef a fine settembre, ed ancora del Dpb da presentare all’Ue a metà ottobre, a fine ottobre della presentazione ad un ramo del Parlamento del disegno di legge di Bilancio che dovrà essere approvato dalle due Camere entro il 31 dicembre. Tralasciando la complessità dell’iter, rileviamo solo che l’informazione nella sua totalità informa quotidianamente e, per molti aspetti inutilmente, dell’intero processo, in conclusione, per quattro mesi e mezzo. Un possente esempio del binomio, utile ad accrescere qualunquismo e antipolitica, dove, a parte per gli addetti ai lavori, informazione, comunicazione, comprensione e conoscenza non hanno cittadinanza.
Una tuttologia, in nome e per conto di una partecipazione non partecipata, non è appannaggio solo del popolo minuto – bella e convincente espressione del Basso Medioevo – ne sono discepoli eminenti personaggi di rilevante popolarità. Il Presidente della Repubblica, il 6 ottobre, parlando della guerra in Ucraina, si è espresso testualmente: “Se l'Ucraina cadesse assisteremmo a una deriva di aggressioni ad altri paesi ai confini con la Russia e questo - come avvenne nel secolo scorso tra il 38 e il 39 - condurrebbe a un conflitto generale e devastante”. Siamo ad una visione futurista di un uomo di pace, pregnante di preoccupazione per un conflitto, per la coesistenza e l’armonia tra i popoli, ma del tutto priva di analisi strategica.
In quanto aspirazione, distante ed effettivamente estranea alla reale situazione geopolitica. Proviamo a ragionare inversamente. Se cadesse la Russia, un gigante di 17 milioni di Kmq, 140 milioni di abitanti e un paio di centinaia di gruppi etnici, quel Paese non sarebbe certo un luogo per pellegrinaggi e l’instabilità di una potenza nucleare si ripercuoterebbe, certamente, sulla stessa Europa.
Nel documento Laudate Deum Bergoglio impone, tra le tante facilonerie, a mo’ di dogma che: “l’origine umana del cambiamento climatico non può più essere messa in dubbio”. L’ennesima involuzione del cristianesimo che, in nome di un’escatologia neo immanentista, s’immerge in un messianico modaiolo politicamente corretto. Di alto rango, ma restano sempre esempi di tuttologia fuori posto e fuori luogo.
Per quanto ci riguarda restiamo legati e affascinati da una emozionante ignoranza che ci accompagna, che coinvolge ed eccita la gioiosa consapevolezza di conoscere ancora, di scoprire ancora, di percorrere un cammino verso la continua ricerca, irraggiungibile, della verità. Insomma, discepoli della visione socratica sulla nostra ignoranza, il colmarla ci porta ad una delle poche tristezze nell’invecchiare, l’incertezza del tempo.
Queste considerazioni sono parte del sostrato del liberalismo a cui teniamo, distante dalla modernità farcita del nulla, dalla tuttologia, dall’incomprensibile politicamente corretto. Consapevoli della pericolosità di tutte le forme di potere, popperianamente aperti alla nostra fallibilità, refrattari a ideologie strettamente strutturate, a costruttivismo e storicismo. Non crediamo che Stati, partiti, strutture corporative, o d’altro genere, possano essere nostri fondamentali interlocutori; lo sono, invece, la salvaguardia della libertà individuale e la coscienza della primazia dei diritti naturali.
Crediamo di essere stati autentici in questo ragionamento, attenti alle riflessioni di Martin Heidegger, che sull’Esistenza ha individuato tre forme di inautenticità: la chiacchiera, la curiosità e l'equivoco. Con la prima non si tenta neppure di proiettarsi verso la verità, ci si ferma al “si dice” al “così fan tutti”, nella seconda ci si ferma al fascino per sé stessi; con la sommatoria delle prime due si ottiene l’equivoco in cui non vi è informazione ma solo verità non vere. Con il limite delle nostre capacità, ci siamo adoperati per schivarle o, almeno, per allontanarcene.
* direttore di Società Libera