Van Gogh, El Greco e Goya: tre mostre imperdibili a Milano

Vincent Van Gogh al Mudec – Museo delle Culture, El Greco e Goya a Palazzo Reale

di Chiara Giacobelli
El Greco; "Laocoonte"; Olio su tela, 137 x 172 cm; National Gallery of Art Washington; © Courtesy National Gallery of Art, Washington
Culture

Tra le tante proposte che la capitale lombarda offre, abbiamo scelto tre mostre pittoriche da raccontarvi, a nostro parere imperdibili.

Milano è in pieno fermento artistico, cosicché la stagione autunnale presenta un elevato numero di mostre e iniziative di qualità, dislocate nelle varie sedi della città. Fotografia, pittura, scultura, ma anche installazioni, giochi di luce, forme d’arte contemporanee che permettono alle avanguardie di affiancarsi ai generi tradizionali. Basti pensare alle sempre più apprezzate esperienze immersive, come Genesis alla Casa Cardinale Ildefonso Shuster, Van Gogh: The Immersive Experience a Lampo Scalo Farini e Inside Monet. Virtual tour all’Arco della Pace. Sono solo alcune delle mostre che è possibile visitare in questo periodo, ma poiché gli eventi sono davvero tanti abbiamo deciso di sceglierne tre e focalizzarci su quelli, restando nell’ambito dell’arte pittorica.

La prima grande esposizione da non perdere, sia per la qualità del contenuto – 41 opere tra cui importanti prestiti internazionali – sia per la caratura del personaggio in questione è El Greco, interamente dedicata al maestro nato a Creta ma successivamente divenuto celebre soprattutto in Italia e in Spagna, dove ricevette commissioni di un certo prestigio. La mostra, promossa dal Comune di Milano Cultura e prodotta da Palazzo Reale e MondoMostre, con il patrocinio dell’Ambasciata di Spagna in Italia, è curata da Juan Antonio García Castro, Palma Martínez - Burgos García e Thomas Clement Salomon, con il coordinamento scientifico di Mila Ortiz. Si tratta della prima volta che nel nostro Paese viene organizzato un progetto artistico di simile importanza per il pittore cretese, pertanto è un evento a suo modo rivoluzionario, grazie anche alla collaborazione di numerosi enti pubblici o privati, italiani e stranieri. Resterà visitabile fino all’11 febbraio 2024 presso il Piano Nobile di Palazzo Reale e al termine del percorso, nel bookshop, sarà possibile acquistare l’apposito catalogo edito da Skira Editore, che raccoglie i testi di Panayotis Ioannou, Giulio Zavatta e Alessandra Bigi Iotti, Palma Martínez-Burgos García, José Redondo Cuesta, Ana Carmen Lavín, Fernando Marías Franco e José Riello.

El Greco; "San Martino e il mendicante"; Olio su tela, 194 x 103 cm; National Gallery of Art Washington© Courtesy National Gallery of Art, Washington

Il concept con cui è stato pensato l’allestimento è alquanto interessante, dal momento che ripercorre le fasi principali della vita di Doménikos Theotokópoulos – meglio noto come El Greco – attraverso cinque grandi aree tematiche, che coincidono con altrettanti momenti di svolta nella sua carriera. Partendo dalla prima sezione denominata Il bivio e arrivando sino all’ultima, detta El Greco nel Labirinto, è quindi possibile rendersi perfettamente conto non soltanto della sua crescita professionale e dell’evoluzione nella sperimentazione artistica, ma anche dei mutamenti che sono intervenuti a livello della persona, forgiandone il carattere, gli interessi, maturando una nuova consapevolezza. Se la parte iniziale ci permette di conoscere soprattutto il pittore accademico, quello delle icone e dei soggetti sacri, già incredibilmente formato, proseguendo ci si accorge con chiarezza di come la sua arte viri verso uno stile sempre più personale e ardito, che coinvolge anche il tema religioso da lui molto amato. Si consideri, infatti, che El Greco dipinse un solo quadro di carattere profano, ovvero il Laocoonte presente in mostra nell’ultima sala, oggi proprietà della National Gallery di Washington. Le sezioni intermedie sono i Dialoghi con l’Italia – a sottolineare la forte influenza che ebbero alcuni artisti italiani su di lui –, Dipingendo la santità e L’icona, di nuovo.

El Greco; "Annunciazione"; Olio su tela, 114 x 67 cm; Museo Thyssen Bornemisza; © Museo Nacional Thyssen-Bornemisza, Madrid

Le 41 opere arrivate praticamente da tutto il mondo per dare vita a questa mostra, alcune delle quali si caratterizzano per dimensioni significative, sono affiancate da quadri di altri artisti, scelti per lo stretto legame che presentano sia nei confronti di El Greco sia in relazione con le singole opere: Tiziano, Tintoretto, Correggio e Michelangelo sono solo alcuni dei grandi nomi esposti, a dimostrazione di quanto impegno sia stato necessario per organizzare quella che al momento è probabilmente l’esposizione principale non solo di Palazzo Reale, ma dell’intera città. Si esce dopo qualche ora con la bellezza negli occhi, affascinati dai colori accesi, dalla fantasia e anche dall’inquietudine che El Greco riuscì a infondere nello strabiliante lavoro di una vita.

El Greco; "Laocoonte"; Olio su tela, 137 x 172 cm; National Gallery of Art Washington; © Courtesy National Gallery of Art, Washington

La seconda mostra che suggeriamo, volendo restare a Palazzo Reale, è stata inaugurata questa settimana e vede come protagonista Francisco Goya, altra figura fondamentale per la Spagna, che questo autunno gode di un sodalizio particolarmente felice con il nostro Paese. Inaugurata lunedì scorso, Goya. La ribellione della ragione sarà visitabile fino al 3 marzo 2024, arricchita peraltro da una serie di iniziative ed eventi collaterali di vario genere che è possibile conoscere attraverso il sito ufficiale. Il progetto, promosso dal Comune di Milano Cultura e prodotto da Palazzo Reale con 24 ORE Cultura - Gruppo 24 ORE, vede la preziosa collaborazione della Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, a Madrid, oltre al patrocinio dell’Ambasciata di Spagna in Italia, dell’Ente del Turismo Spagnolo e dell’Istituto Cervantes di Milano. Dice a tal proposito Domenico Piraina, Direttore di Palazzo Reale: “La notevole messe di esegesi critiche che negli anni ha arricchito la letteratura sul maestro aragonese ha posto in evidenza plurimi aspetti afferenti alla produzione goyesca e alla sua influenza sul mondo dell’arte. A quest’ultima prospettiva era dedicata la mostra del 2010, non a caso denominata Goya e il mondo moderno. (…) La mostra attuale, invece, intende concentrare l’attenzione sull’opera stessa di Goya vista dall’interno del processo creativo, con l’obiettivo di capire il percorso delle sue stagioni artistiche, caratterizzate, sia riguardo alle scelte tematiche che a quelle stilistiche, da profonde disomogeneità. Goya, infatti, è un unicum perché è un artista che ha intrecciato due linee completamente separate: una ufficiale, frutto della committenza, e l’altra confidenziale, libera da qualsiasi sollecitazione esterna”.

Circa settanta opere per raccontare il complesso mondo di un outsider, che – come anticipato da Domenico Piraina – non è collocabile in nessun genere o movimento artistico, forse anche per il suo essere vissuto in un’epoca di profondi cambiamenti, nonché di eventi tragici. È molto utile oltre che interessante, a tal proposito, il riassunto della sua vita intrecciato ai principali accadimenti del suo tempo, tra cui troviamo la Rivoluzione Francese, l’avvento di Napoleone, la Guerra d’Indipendenza spagnola, l’Inquisizione e la restaurazione dell’Ancient Régime. La sua acuta visione e l'innata sensibilità non hanno potuto che registrare, osservare, porsi domande e poi riprodurre a loro modo, a seguito di un’elaborazione personale, tutto ciò che Goya vedeva succedergli intorno, cosicché se egli non nacque come un pittore impegnato – né da un punto di vista politico né sociale – lo divenne con il passare degli anni, grazie anche agli incontri fortuiti con intellettuali e pensatori suoi contemporanei. È per questo che oggi viene considerato uno dei primi artisti a identificarsi con la vita.

Francisco Goya; "Autoritratto al cavalletto; 1785; Olio su tela; Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, Madrid

Il percorso della visita è principalmente biografico, tale da permettere di cogliere quel trasformarsi delle tematiche e del tratto che in tal senso creano un punto di collegamento con la già menzionata mostra di El Greco. Tuttavia, se quest’ultimo visse quasi interamente nel 1500 e fu dunque fonte di ispirazione per coloro che vennero dopo, Goya rappresenta pienamente il passaggio dall’Illuminismo al Romanticismo, come d’altra parte si evince anche osservandone la parabola artistica. I primi lavori sono caratterizzati dalle forme morbide e delicate, dal realismo, dalla cura del dettaglio, con una forte presenza della ritrattistica, essendo per lui fondamentale la committenza. Anno dopo anno, però, tanto il suo punto di vista sul mondo quanto il suo interesse artistico si indirizzarono verso la strada della critica sociale, dell’intolleranza nei confronti dei limiti imposti dai quadri su commissione e infine dal disgusto nei confronti della guerra, che portò – insieme al Romanticismo – alla caduta di tutte le certezze e a una totale, spregiudicata ribellione (da qui il titolo della mostra). Spiega Tomás Marco Aragón, Direttore della Real Academia de Bellas Artes de San Fernando: “Nel corso della sua lunga vita, Goya si cimentò con modi di dipingere molto diversi. Confrontando le opere giovanili, nelle quali getta le basi per una carriera di successo, con quelle della maturità, si osservano due maniere di intendere la pittura talmente distanti da avere l’impressione di trovarsi di fronte a due artisti diversi (…). Da un atteggiamento acritico, quando la sua unica preoccupazione era conquistarsi la fama di pittore, passò a un approccio intimo, che pone l’accento sulla pittura come espressione e proiezione del mondo interiore”.

Francisco Goya; "María Gabriela Palafox y Portocarrero, marquesa de Lazán"; circa 1804; Olio su tela; Fundación Casa de Alba, Palacio de Liria, Madrid

Per dare meglio espressione di questo poliedrico e affascinante personaggio tuttora estremamente attuale, la mostra di Palazzo Reale espone non soltanto i suoi dipinti – ritratti, soggetti laici, scene della corrida da cui ne emerge tutta la violenza, momenti drammatici dell’Inquisizione –, ma anche un numero rilevante dei celebri Capricci, una serie di ottanta incisioni eseguite ad acquaforte e acquatinta su lastre che misuravano circa 21,5 x 15 cm. La passione per le incisioni non lo abbandonò più per tutta la vita, divenendo un elemento iconico della sua arte: è per questo che Palazzo Reale ha fatto l’oculata scelta di esporre anche alcune matrici in rame, che costituiscono effettivamente l’originale opera d’arte, da cui l’incisione deriva.

Francisco Goya; "Stragi di guerra"; Dalla serie “Desastres de la guerra”, 30; 1810-14; lastra in rame; Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, Madrid

Si tratta quindi di un viaggio intrigante, mutevole, che nelle ultime sale sfocia in un’arte sempre più contaminata dalle influenze romantiche, con atmosfere cupe e gotiche, elementi tratti dal mondo del fantastico, allucinazioni, animali inquietanti che entrano in diretto contatto con l’umanità. A latere della mostra, grazie alla collaborazione con l’Ufficio del Turismo dell’Ambasciata di Spagna a Milano, sono state realizzate una serie di iniziative volte a promuovere i luoghi che furono di Goya: la Spagna, in particolare Aragona e Madrid. L’Istituto Cervantes a Milano organizza inoltre un ciclo di conferenze sul pittore aragonese, mentre non mancano neppure i percorsi didattici per le scuole di primo e secondo grado, fino al grande concerto finale in occasione della chiusura.

Francisco Goya (attribuito a); "Il Colosso"; post 1808; Olio su tela; Museo Nacional del Prado, Madrid

Per vedere l’ultima mostra che consigliamo in questo articolo dovrete spostarvi al MUDEC – Museo delle Culture, dove accanto alle collezioni permanenti si trovano in questo momento alcune esposizioni temporanee, tra cui segnaliamo Rodin e la danza, ma soprattutto Vincent Van Gogh. Pittore colto. Inaugurata lo scorso 21 settembre, la mostra si protrae fino al 28 gennaio, a cura di Francesco Poli con Mariella Guzzoni e Aurora Canepari. Fondamentale è la partnership con il Museo Kröller-Müller di Otterlo (Paesi Bassi), che possiede una straordinaria collezione di dipinti e disegni del pittore olandese, seconda solo a quella del Van Gogh Museum di Amsterdam. È grazie a questo sodalizio se sono giunte in Italia circa 40 delle opere esposte, tra cui capolavori come gli studi di teste e figure per I mangiatori di patate, i disegni di cucitrici e spigolatrici della fase olandese, il Moulin de la Galette, Autoritratto, Frutteto circondato da cipressi, Veduta di Saintes-Marie-de-la-Mer, Paesaggio con covoni e luna che sorge, Covone sotto un cielo nuvoloso e molti altri. La mostra è prodotta da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE ed è promossa dal Comune di Milano Cultura con il patrocinio dell’Ambasciata e Consolato Generale dei Paesi Bassi in Italia, oltre a vedere come Institutional Partner la Fondazione Deloitte.

Vincent van Gogh; "Autoritratto"; 1887; Olio su cartone; Kröller-Müller Museum, Otterlo

Decisamente originale e interessante è il taglio che si è deciso di dare all’esposizione, ponendo in primo piano i collegamenti tra Vincent Van Gogh e tre elementi decisivi che influenzarono in maniera evidente le sue creazioni: l’ammirazione per il pittore Jean-François Millet, che egli prese a modello sia in quanto artista sia nella veste immaginaria di padre; il rapporto con i libri e dunque il forte amore di Van Gogh per la lettura, in più lingue; la passione per l’Oriente e in particolare il Giappone. Queste linee conduttrici portano all’attenzione del visitatore una vasta gamma di “oggetti” in dialogo con i quadri del tormentato genio olandese: prime edizioni di libri amati da Van Gogh o di cui egli parla nelle Lettere a Theo, altri volumi di cui si è servito per ritrarli in primo piano o sullo sfondo, una nutrita collezione di stampe giapponesi con alcuni dei nomi più celebri (da Hokusai a Hiroshige), tomi da collezione con illustrazioni floreali e orientali, numerose riproduzioni di opere e due schermi su cui scorrono i vari autoritratti dell’artista. Inoltre, nella prima sala sono presenti opere di Jean-François Millet, mettendo bene in evidenza come all’inizio della sua carriera Van Gogh si esercitasse copiando proprio i quadri del suo beniamino, realizzando bozzetti e schizzi su taccuini qui esposti all’interno di apposite teche.

Utagawa Hiroshige (1797-1858); "Sull’isola di Enoshima nella provincia di Sagami"; 1833; Stampa xilografica policroma; © Museo d’Arte Orientale E. Chiossone, Comune di Genova

Dunque una mostra che consigliamo anche a chi già conosce bene Van Gogh, poiché lo esplora da un punto di vista inedito, mettendo in rilievo i legami più o meno turbolenti che egli strinse nella sua vita, le sue passioni e anche le ossessioni. La letteratura in quanto elemento chiave manifesta l’importanza della cultura nella vita dell’artista e ne fa emergere quell’aspetto intimo, profondo, disciplinato, curioso che forse non sempre viene sufficientemente raccontato, a fronte della sua fama di anima tormentata. Inoltre, scaturisce con prepotenza l’interesse e l’empatia del pittore per gli ultimi, i poveri, gli sfortunati, ai quali fu vicino per la sua intera esistenza. Non ultimo, lo sguardo all’Oriente apre a nuovi orizzonti, creando un ponte tra due società – quella europea dell’epoca e quella giapponese – molto diverse, ma non per questo incapaci di dialogare tra loro. L’idea di introdurre questi elementi significativi nella mostra Vincent Van Gogh. Pittore colto, sottolineandone proprio l’aspetto dello studio e della ricerca, è dei curatori: lo storico dell’arte professor Francesco Poli; Mariella Guzzoni, ricercatrice e curatrice del fil rouge Van Gogh. Vivere con i libri, che si articola lungo tutta la mostra; Aurora Canepari, conservatore responsabile del Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone di Genova e curatrice della sezione Van Gogh: il sogno giapponese. Da Parigi alla Provenza.

Vincent van Gogh; "I mangiatori di patate"; 1885; Litografia su carta; Kröller-Müller Museum, Otterlo

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