Dal costruttivismo al realismo socialista: via alla mostra "Unknown Ukrainian"

Dal 28 gennaio al 30 aprile al Museo storico di Lecce è possibile visitare "Unknown Ukrainian", un modo per avvicinarsi alla produzione artistica ucraina

di Rosanna Carrieri
Culture

"Unknown Ukrainian" arriva a Lecce: la mostra curata  Snejanka Bauer mette in scena l'arte ucraina 

Visitare in questi mesi il Museo Storico della città di Lecce (MUST) è un’occasione non solo per apprezzare la collezione civica di Otto e Novecento in Terra d’Otranto e la sezione archeologica ospitate nelle sale del primo piano, ma anche per avvicinarsi alla produzione artistica ucraina del secolo scorso, attraverso la mostra Unknown Ukrainian Art. Dal costruttivismo al realismo socialista, allestita negli spazi del piano terra dal 28 gennaio e fino al 30 aprile.

Curata da Snejanka Bauer, studiosa nata in Bulgaria ma d’adozione tedesca, l’esposizione propone al pubblico una selezione di circa 130 opere di una assai più vasta collezione d’arte europea, la Soibelmann Art Collection, che, con oltre 6000 pezzi tra olii, sculture, poster, disegni, stampe, gouaches (guazzi), icone, libri e ceramiche, ha come punto di interesse la produzione dell’Europa orientale.

La scelta del museo salentino di ospitare in coproduzione una mostra dedicata all’arte ucraina non può che essere letta come un contributo alla difficile situazione di guerra che il popolo ucraino sta vivendo, acuitasi nell’ultimo anno; è quanto ribadito nelle parole della direttrice Claudia Branca, che in apertura di catalogo scrive: «l’accorato appello lanciato a tutte le istituzioni preposte alla tutela dei beni culturali, italiane ed europee, da parte dei direttori dei Musei ucraini non può lasciarci indifferenti».

Appello promosso anche dall’International Council of Museum (ICOM), in evidente legame con la nuova definizione di musei come istituzioni al servizio della società, aperti al pubblico, inclusivi, che la stessa organizzazione ha, dopo una lunga discussione durata anni, finalmente approvato nell’agosto del 2022. E il MUST Lecce sembra, con l’occasione di Unknown Ukrainian Art, saper accogliere queste sollecitazioni, presentando un percorso espositivo che restituisce testimonianza materiale di una storia e di una cultura nazionale, pur nella complessità di un rapporto e di un conflitto, quello russo- ucraino, che affonda le sue radici nelle dinamiche belliche e postbelliche inerenti alla Prima Guerra Mondiale.

Nei cinque spazi in cui è articolata l’esposizione, si susseguono opere di artisti e artiste d’origine ucraina, alcuni comunemente noti come russi – non va tralasciato che un secolo fa l’Armata Rossa entrava nel territorio ucraino e ne prendeva possesso –, con una cronologia che va dagli inizi del 1900 agli anni ’50 del secolo. Nel lungo corridoio le prime tele ad essere presentate sono quelle degli anni ’10, afferenti alle esperienze delle avanguardie; emblematici alcuni titoli come Cubo- Futuristic Composition di Oleksandr Kostjantinovič Bogomazov, o anche Gondolier di Alexander Archipenko, più noto come scultore protagonista del cubismo, che da Kiev si è spostato nel corso della sua vita sempre più dentro la cultura occidentale (da Parigi a Berlino a New York).

Si affiancano alcune sculture di Dorothea Charol che fissano in bronzo figure in movimento, e ancora bozzetti di costumi di scena, a cominciare da alcuni abiti per Romeo e Juliet. Al centro del corridoio, in teche, sono poste piccole porcellane, alcune attinenti a temi sociali, come la scacchiera Social competition: industry and agriculture. Diversi sono anche i manifesti presenti che hanno avuto nella cultura sovietica un ruolo centrale come strumenti di propaganda, insieme ad una produzione monumentale, di cui si trovano alcuni disegni e bozzetti in una delle salette.

In mostra, è dedicata particolare attenzione alle opere, allestite in una apposita sala, concernenti la produzione degli artisti ucraini parigini d’adozione, spesso legati alla comunità ebraica. La capitale francese era, all’inizio del secolo e almeno fino agli anni ’30, il luogo d’elezione per l’arte; gli artisti di ogni nazione ambivano a raggiungere Parigi per entrare a fare parte di quel vivace milieu culturale. Tra quelli ucraini c’è chi si trasferisce nella città a vita, chi per molti anni e chi per brevi periodi, e la studiosa Bauer ci fa sapere in catalogo che «qualcuno si ispira ai nuovi stili dell’avanguardia conosciuti a Parigi come il Cubismo e il Futurismo e cerca di creare un nuovo stile artistico in Ucraina, qualcun altro, con spirito patriottico, tenta di sviluppare uno stile ucraino atto a creare un’identità nazionale».

Fra questi, in mostra, ci sono lavori di Isaac Païlès, Mania Mavro con una figura accovacciata, pittrice di nudi femminili, fiori e nature morte, o ancora Jacques Chapiro, facente poi parte dell’Ecole de Paris. Le ultime opere, in ordine cronologico, indicano, infine, l’allineamento al realismo socialista, con scene di vita operaia, come nel caso della mietitura nella tela Soviet Combines on Albanian Fields (1952), realizzata da Rostislav Gorelov.

In definitiva, l’esposizione, nel proporre le opere della ricca collezione Soibelmann, restituisce uno spaccato dell’evoluzione della produzione ucraina nelle declinazioni che hanno caratterizzato l’arte sovietica, ma pure nella complessiva testimonianza nazionale che ne deriva, e ci ricorda che la storia materiale, cioè quella che ci giunge anche per tramite delle opere d’arte, è una traccia della storia di un popolo – la cui cultura è oggi messa sotto attacco – e nel caso specifico, delle attualissime dinamiche che accendono l’est Europa.

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