Carlo Messina, il banchiere che ha fatto (definitivamente) grande Intesa Sanpaolo
Intesa San Paolo, piano industriale da 22 miliardi di dividendi da qui al 2025 ma non solo: gli otto anni di successi di Carlo Messina
Carlo Messina e Intesa San Paolo, piano industriale da 22 miliardi di dividendi
Oggi è facile applaudire Carlo Messina. Vara un piano industriale da 22 miliardi di dividendi da qui al 2025 e ha portato Intesa Sanpaolo a essere stabilmente e incontrovertibilmente una delle più importanti banche europee (in Italia, al momento, la partita non è neanche da giocare, visto che Unicredit “dista” quasi 20 miliardi di capitalizzazione in Borsa). Eppure questo manager romano, 60 anni da compiere tra un paio di mesi, entrato nel 1996 nel perimetro di quello che è oggi il più grande istituto di credito italiano e che all’epoca era il Banco Ambrosiano, ha dovuto vincere non poche perplessità.
Carlo Messina e Intesa San Paolo, una storia iniziata nel 2013
La storia come amministratore delegato in Intesa Sanpaolo inizia nel settembre del 2013, quando succede a Enrico Tommaso Cucchiani. Questi, a sua volta, era stato l’erede di Corrado Passera, l’uomo che aveva spinto per la fusione tra Banca Intesa e San Paolo Imi. Messina aveva già una solida carriera alle spalle all’interno del Gruppo, culminata nel 2012 con la nomina a direttore generale e Cfo. L’anno dopo, come detto, il manager romano approda al comando della banca. Cucchiani, infatti, in contrasto con il board a causa delle scelte sui “salotti buoni” decide di lasciare l’azienda con un invito: quello di curarsi maggiormente del mondo retail e uscire da quella logica di banca di sistema.
Messina accoglie in parte quest’invito nel corso dei suoi oltre otto anni al timone di Intesa Sanpaolo. Sotto la sua guida, infatti, la banca si riposiziona maggiormente sul wealth management. Mossa vincente perché il calo dei tassi d’interesse con l’onda lunga del Quantitative Easing di Draghi erode i margini degli istituti di credito. Dopo la “pulizia” operata in coabitazione con Cucchiani, nel 2014 Messina ha il suo primo bilancio, con un utile di 1,25 miliardi.
Intesa San Paolo, le acquisizioni negli anni di Carlo Messina
Il 2021 si è chiuso (di nuovo) sopra quota quattro miliardi, con l’obiettivo di distribuirne 22 agli azionisti nei prossimi quattro anni.Ma l’idea di Messina è stata piuttosto chiara, procedendo per gradi: prima la leadership in Italia, poi, solo in seguito, una concreta “campagna d’Europa” che facesse di Ca’ de Sass un campione continentale. Così, sotto la sua guida si sono completate le acquisizioni per incorporazione di moltissimi istituti. Si parte con la Cassa di Risparmio di Venezia e la Banca di Credito Sardo nel 2014; nel 2015 è la volta di Banca di Trento e Bolzano, Banca Monte Parma, Cassa di Risparmio della Provincia di Viterbo, Cassa di Risparmio di Rieti e Cassa di Risparmio di Civitavecchia. Ancora: nel 2016 è il turno di Banca dell’Adriatico, delle Casse di Risparmio del’Umbria e della Banca Itb.
Ma è dal 2017 che c’è un ulteriore cambio di passo. Intanto, perché Intesa Sanpaolo con l’operazione delle Banche Popolari lancia una nuova modalità di acquisizione delle banche con asset deteriorati: una dote statale e un prezzo simbolico. È quanto ha provato a fare, finora senza riuscirci, Unicredit con Mps. E che si farà (salvo colpi di scena) con Carige con Bper come compratore. Tra il 2018 e il 2019 Intesa rileva Banca Nuova, Cassa di Risparmio del Veneto e Cassa di Risparmio del Friuli-Venezia Giulia, Cassa dei Risparmio di Forlì e della Romagna, il Banco di Napoli, Cassa di Risparmio di Firenze, la Cassa di Risparmio in Bologna, la Cassa di Risparmio di Pistoia e della Lucchesia, Banca Apulia e Banca Prossima. Infine, il colpo grosso: nel febbraio del 2020 viene annunciata una Ops (che poi si trasformerà in Opas) su Ubi Banca. Si tratta di un’operazione, cui farà seguito il delisting dell’istituto, che innalza ulteriormente il valore della banca.
Carlo Messina - L'apprezzamento degli azionisti di Intesa San Paolo, la nuova sfida di puntare sullo sviluppo tecnologico e piano di derisking
Messina tra l’altro è sempre molto apprezzato da parte degli azionisti. Questo perché ha saputo garantire una notevole remunerazione dei capitali nonostante una patrimonializzazione elevata. In otto anni e mezzo il valore delle azioni è passato (con una crescita costante) da 1,60 a 2,6 euro, con una crescita di oltre il 60%. Ora la nuova sfida, quella di puntare sullo sviluppo tecnologico. Da qui la nascita della banca digitale Isybank. Sul fronte delle operazioni, entro il 2025 verranno chiuse complessivamente 1.500 filiali e si assisterà all’uscita di 9.000 persone, di cui 2.850 già effettuate lo scorso anno. Ma ci saranno anche 4.600 assunzioni per sviluppare le nuove linee di business. Senza dimenticare, infine, che Intesa ha avviato un piano di derisking che potrebbe portarla a essere una banca con un’incidenza quasi nulla di Npl.
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