Cloud-Pnrr, volani per la transizione digitale: la roadmap Governo-Regioni

Governo, Regioni e province autonome mettono il turbo in tema di transizione digitale: i dettagli del nuovo accordo

di Marta Barbera
Intelligenza artificiale
Economia

L’Italia punta sulla sovranità digitale, la nuova roadmap tra centro e periferia. Intervista all'assessore Michele Fioroni 

Transizione, innovazione tecnologica e sinergia istituzionale: sono queste le tre parole chiave che hanno animato il nuovo accordo stretto- solo pochi giorni fa- tra Governo, Regioni e province autonome, a firma di Alessio Butti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all'innovazione tecnologica, e Massimiliano Fedriga, presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.

Un’intesa emblematica già dal nome “Insieme per la trasformazione digitale” che punta a valorizzare- attraverso un lavoro corale tra centro e periferia- le risorse del Pnrr e i fondi strutturali della programmazione 2021-2027. Con un obiettivo finale ambizioso: portare l’Italia a una vera e propria sovranità digitale, garantendo ai cittadini oltre che a competenze adeguate, semplificazioni in termini burocratici, professionali e di vita. Un cammino ancora lungo e tortuoso da percorrere, che vede però oggi, nella nuova intesa, i primi frutti.

Per capirne di più- a livello di progetti, risorse e tempistiche- Affaritaliani.it ha interpellato l’assessore Michele Fioroni, coordinatore della Commissione per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome.

Michele Fioroni, coordinatore della Commissione per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome. (Fonte immagine: Imagoeconomica) 
 

Dall'intelligenza artificiale all'Internet delle cose passando per il cloud computing e la realtà aumentata, il panorama tecnologico è sempre più in evoluzione e in continuo cambiamento. A fronte di ciò, il nuovo accordo stretto tra Governo-Regioni e province autonome ha l’obiettivo, tra gli altri, di “semplificare i processi amministrativi”. In che modo e con quali tempistiche?

Innanzitutto è bene premettere che in tema di transizione digitale l’Italia si trova, a oggi, in una posizione di profondo ritardo rispetto al resto d’Europa. Spesso i problemi che governano i piani nazionali sono legati allo scollamento esistente tra strategia centralizzata, esecuzione e scarico a terra. Tale accordo ha quindi l’obiettivo di consentire una più efficace distribuzione delle politiche digitali per il Paese. E questo come? Prendiamo ad esempio in considerazione il meccanismo dei bandi pubblici: noi come soggetti regionali siamo abituati a gestire i bandi per i Comuni e gli altri enti, quindi abbiamo le "capacità distributive delle risorse”. Sulla scia di ciò, in tema di semplificazioni, la vera sfida culturale della pubblica amministrazione è iniziare a ragionare per processi.

Ovvero?

L’Italia detiene all’interno dell’ambito pubblico una compartimentazione di modelli organizzativi che non vedono nel digitale un qualcosa di trasversale (come invece avviene nell’ambito privato), relegandolo all’interno di una attività verticale che può essere istituzionale o settoriale. Il risultato di tutto ciò? Spesso ci troviamo di fronte a una duplicazione di interventi ridondanti ed inefficaci. Un maggior coordinamento consente quindi di perseguire l’obiettivo della semplificazione, evitando investimenti poco performanti.

Su che cosa bisogna puntare quindi per raggiungere una vera e propria transizione digitale? 

Una transizione digitale non può che prescindere dalla centralità del dato come elemento di governo. Le tecnologie del cloud consentono oggi di poter gestire, immagazzinare ed elaborare informazioni con una potenza di calcolo mai in vista in precedenza. Il tutto prevede un’architettura decentralizzata, policentrica e federata, in grado di distribuire il potere decisionale tra diversi nodi, elementi fondamentali per lo scarico a terra dei progetti.

Ma non è tutto. Altro tema chiave da non sottovalutare è l’intelligenza artificiale. Argomento che ci pone di fronte (soprattutto sul versante etico) a una serie di interrogativi. Al netto di ciò, è bene tenere a mente che gli algoritmi dell'IA saranno sempre più alla base del governo del territorio. Bisogna però, in tal senso, superare il principio che vede l’intelligenza artificiale come un qualcosa che fa tutto da sé: una sostituzione netta dell’uomo con l’algoritmo. Tali sistemi, pur prevedendo meccanismi di automazione, hanno bisogno di una serie di parametrizzazioni fondamentali che devono essere inserite dall’addetto pubblico. Questo significa che siamo noi a decidere come ragionano gli algoritmi, pur avendo sistemi esperti capaci di ripercorrere il processo di apprendimento di un umano. Sotto questo punto di vista le competenze dell’IA saranno fondamentali per promuovere la governance del territorio, ma non andranno a sostituire quelle dell’uomo. Anzi aiuteranno a dare risposte più efficaci ai cittadini in termini di servizi pubblici, ponendoci di fronte a una sfida che è tanto tecnologica quanto etica, soprattutto in tema di protezione e salvataggio dei dati personali.

La cybersecurity è infatti, tra gli altri, un elemento chiave da non sottovalutare da qui al prossimo futuro...

Esatto. In tema di protezione e trasparenza dei dati è sempre più necessario avere le giuste competenze digitali. Capacità che, a oggi, la pubblica amministrazione fatica ad acquisire. I motivi sono molteplici: innanzitutto, a causa della scarsa disponibilità retributiva, gli attuali processi di selezione della Pa non rendono attrattive figure molto contese anche dal settore privato. In secondo luogo, oggi è difficile andare in deroga con i normali criteri di assunzione pubblica: l’asticella della capacità di spesa, se vogliamo rimanere competitivi sul mercato, deve alzarsi. Anche perché bisogna tener presente che una società governata sui dati è più esposta a una serie di minacce: determinate infrastrutture digitali vanno salvaguardate. E oggi la pubblica amministrazione è profondamente debole rispetto agli attacchi hacker. Per attrarre competenze, a mio avviso, è bene valorizzare le figure dei “responsabili della transizione digitale”, esperti in grado di contribuire a divulgare una cultura digitale impattante anche sugli aspetti di sicurezza.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza destina oltre il 20% dei fondi, pari a più di 40 miliardi di euro alla Pa. Una fetta importante insomma. Che ruolo avranno le risorse?

Le risorse del Pnrr andranno ad impattare sull’aspetto infrastrutturale: il polo strategico nazionale e lo sviluppo della banda ultra larga. Ma, proprio per loro natura, non potranno finanziare la spesa corrente, ovvero il lato delle competenze. Noi in quanto Regioni abbiamo fatto presente al sottosegretario Butti che il tema della  competitività e dell’attrattività del settore pubblico è un’emergenza. E su questo è al lavoro anche il ministro per la PA Zangrillo. Insomma, i profili IT sono sempre più richiesti e le Regioni ne sono a corto.

Parlando di innovazione, transizione e futuro digitale in Italia è impossibile non tener conto di un altro punto chiave: il digital divide. In Italia il divario esistente tra chi ha accesso effettivo alle tecnologie dell'informazione (in particolare personal computer e Internet) e chi ne è escluso, in modo parziale o totale è ancora alto. In che modo è possibile accorciare le distanze? Il ruolo delle Regioni sarà in tal senso fondamentale? 

Sul digital divide il Pnrr prevede molto risorse. Purtroppo però in Italia c’è ancora una quota consistente di persone in tale situazione. La sola Regione Umbria che conta in totale 850mila abitanti, ha un target di 63mila cittadini in digital divide su cui intervenire. Elemento chiave nel processo di transizione saranno i centri di facilitazione digitale, luoghi molto utilizzati durante la pandemia per tutte quelle semplificazioni legate allo Spid. Certamente la strategia del governo di attivare una sorta di wallet (portafoglio), come unica piattaforma in cui tenere tutti i documenti, è un ulteriore strumento di accelerazione e catalizzazione.

"Come il jazz, la politica è caratterizzata da tensioni e dissonanze, ma anche da momenti di armonia e sinergia. Attraverso la collaborazione tra Stato e Regioni stiamo creando una partitura jazz. Ogni regione metaforicamente suona la propria nota, contribuendo a un'opera complessa e coerente. Sfruttando la metafora del jazz, possiamo quindi affrontare le tensioni e le dissonanze con fiducia, lavorando insieme per creare un'armonia sinergica": sono queste le parole che Lei stesso ha utilizzato per sintetizzare l'atteggiamento "proattivo" che le istituzioni debbono avere in tema di transizione. Quali sono allora, a suo avviso, le sfide "future" a cui dare priorità? 

Due sono a mio avviso le sfide prioritarie: una transizione al cloud più veloce possibile e l’attivazione di una strategia di pianificazione. Sul primo punto è bene rimarcare ciò che ha avuto modo di ribadire anche il presidente Fedriga nel corso dell’evento: il tema centrale è quello della sovranità del dato e non della tecnologia. L’obiettivo è trovare un giusto punto di accordo tra sistema pubblico e i principali player di settore (anche stranieri). 

Mentre sul secondo aspetto la metafora del jazz funziona, ma ciò che non dobbiamo considerare è l’improvvisazione. Serve pianificare tutti i passaggi necessari, da qui al 2030, tenendo ben conto che in quanto Italia siamo già in ritardo. Se vogliamo recuperare il gap accumulato con gli altri Paesi Ue dovremmo dimostrarci più veloci e performanti. E su questa scia l’aspetto dell’execution è fondamentale: le strategie a livello centralizzato devono avere uno scarico a terra più efficace e veloce.

L’Italia è la seconda manifattura d’Europa, ma se le nostre aziende lavorano in un sistema che è solo moderatamente digitale, le condizioni eco-sistemiche impattano in maniera non banale anche sulle performance aziendali. Nel Paese esistono ancora molto aree industriali in digital divide semplicemente perchè in determinate aree grigie operatori che si erano impegnati a cablare i territori non l’hanno fatto. E nessuno li ha sanzionati o è intervenuto: l'ennesimo tema emergenziale (già sul tavolo del Governo).

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