Credit Suisse, la Bce si interroga sui tassi: si rischia l'effetto domino

La Banca centrale potrebbe decidere per un restringimento di "soli" 25 punti e non di 50 per evitare l'effetto cascata

di Ulisse Spinnato Vega
Economia

Credit Suisse, dopo la grande paura la Bce si interroga sui tassi

Il contesto e la condizione di Credit Suisse sono molto diversi da quelli della Silicon Valley Bank, i cui depositi, in ogni caso, sono stati messi nel frattempo in sicurezza dal Tesoro Usa e dalla Fed. Dopo la paura di ieri, con i mercati Ue che hanno bruciato 355 miliardi e Milano che ha perso il 4,6%, oggi la giornata si apre con il rimbalzo legato alla buona notizia dell’intervento della Banca centrale svizzera. 

Quest’ultima, infatti, presterà fino a 50 miliardi di franchi svizzeri, ossia circa 54 miliardi di dollari, alla banca elvetica che riacquisterà il proprio debito senior per 3 miliardi di franchi. Ne sta beneficiando anche il titolo di Credit Suisse che oggi parte in recupero del 40% a 2,38 franchi, dopo essere sprofondato ieri a 1,7. L’aiuto della Banca centrale arriva nell’ambito di una Covered loan facility e di una liquidity facility a breve termine, in pratica si tratta di liquidità aggiuntiva che serve a sostenere le attività e i clienti di Credit Suisse.   

Il sell-off si era abbattuto, nonostante le rassicurazioni dei vertici dell’istituto, dopo che la Banca nazionale saudita, il principale azionista con il 9,8%, aveva annunciato di non voler partecipare alla nuova ricapitalizzazione della controllata, non potendo andare oltre la quota del 10% (la legge svizzera non lo consente se non attraverso un via libera preventivo dell’authority federale di vigilanza). Va detto che l’istituto arabo aveva già messo sul piatto 1,5 miliardi nell’aumento di capitale da 4 miliardi dello scorso autunno. 

Inoltre, 24 ore prima Credit Suisse aveva fatto sapere che il suo revisore dei conti, PwC, aveva individuato “debolezze sostanziali” nei controlli sulle comunicazioni finanziarie. A quel punto è iniziata la bufera che ha subito coinvolto i titoli bancari europei e americani. Il crollo del 24,24% dell’istituto svizzero è comunque solo l’ultima tappa di una sorta di discesa agli inferi, visto che appena un anno fa le azioni valevano oltre 7 franchi l’una. 

In realtà quella di Credit Suisse è una lunga storia fatta di scandali e passi falsi che non vengono cancellati dai rassicuranti dati di fine 2022, quando la banca vantava un Cet1 ratio alla rassicurante soglia del 14,1% e un Liquidity coverage ratio medio 1 del 144%, che poi è addirittura migliorato fino a sfiorare il 150%.

La Bce, intanto, ha subito drizzato le antenne, provando a verificare l’esposizione di tutto il settore bancario europeo nei confronti di Credit Suisse. L’istituto elvetico dichiara 12 miliardi di euro di debiti bancari nel bilancio 2022, ma almeno sul fronte italiano pare che le partite siano limitate. Certo, preoccupa il calo dei titoli del settore del credito nostrano, pari al 15% in tre giorni, anche se arrivato dopo un lungo periodo di vacche grasse (il 37% in più nell’ultimo semestre). In tutti i casi, gli enti bancari del Bel Paese appaiono al momento ben corazzati sul fronte dei liquidity coverage ratio.

Ma il vero dilemma per Francoforte è un altro e riguarda i tassi di interesse. Bisogna continuare a fare la guerra senza quartiere all’inflazione o serve fare attenzione alla stabilità finanziaria? Il sistema bancario dell’area euro è più forte da quando nel 2014 è stato creato il Single supervisory mechanism (Meccanismo di vigilanza unico), ma ancora manca un vero mercato unico dei capitali e soprattutto un sistema europeo di assicurazione dei depositi. 

A questo punto, il ripetersi degli shock bancari, che riesuma antichi fantasmi, potrebbe dare fiato alle “colombe” in seno al Consiglio direttivo Bce, che preferirebbero rallentare il ritmo della progressiva stretta monetaria. E allora riprende quota l’opzione di un prossimo giro di vite di 25 punti anziché di 50. Una soluzione che era comunque già sul tavolo e che ora si rafforza nell’ottica della tutela dei bilanci bancari, già esposti al deprezzamento dei bond sovrani tenuti in pancia, connesso proprio all’inasprimento dei tassi

La vicenda di Credit Suisse ha infine un coté tutto italiano che vede riaccendersi la polemica sul Mes, il Meccanismo europeo di stabilità. Ieri la premier Giorgia Meloni ha ribadito: “L'Italia, finché ci sarà un governo guidato dalla sottoscritta, non potrebbe mai accedere al Mes”. Ma oggi il Pd attacca con il sentore Antonio Misiani: “Il Mes con la riforma diventerebbe una rete di sicurezza finanziaria per la gestione delle crisi bancarie. Con tutto quello che sta accadendo, continuare a dire di no come ieri ha ribadito la Meloni è solo ottusa e irresponsabile propaganda”. 
 

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