Istat, giù le stime di crescita: pesano guerra e inflazione
Per l'Istituto il Pil in Italia continuerà a crescere sia nel 2022 del 2,8% sia nel 2023 dell'1,9% seppur in rallentamento
Istat, nel 2021 la crescita si è attestata al 6,6%
L'Istat taglia le stime di crescita dell'Italia con un Pil che cresce ma rallenta rispetto al 2021. A pesare le corsa all'inflazione e la guerra in Ucraina.
L'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, unita al deprezzamento dell'euro sul dollaro e all'aumento del costo delle materie prime, spingono infatti l'Istat a rivedere in senso negativo le previsioni per l'economia italiana per il 2022 e il 2023. L'Istat calcola che il Pil italiano continuerà a crescere sia nel 2022 (+2,8%) sia nel 2023 (+1,9%), seppur in rallentamento rispetto al 2021, quando si è attestato al 6,6%.
Soprattutto, le prospettive per i prossimi mesi "sono caratterizzate da elevati rischi al ribasso", visto il rischio di ulteriori incrementi nel sistema dei prezzi, la flessione in corso del commercio internazionale e l'aumento dei tassi di interesse messo in campo dai principali istituti di credito internazionali.
Anche le aspettative di famiglie e imprese potrebbero subire un significativo peggioramento. L'attuale scenario fornisce un aggiornamento delle stime per il 2022 diffuse a dicembre scorso, elaborate dunque prima dell'inizio del conflitto.
A influenzare le stime il ridimensionamento del commercio mondiale (da +6,4% a +4,9%), un deprezzamento del tasso di cambio dell'euro rispetto al dollaro (da 1,18 a 1,04) e un rialzo delle quotazioni del petrolio (da 70,4 dollari al barile a 101,4).
Tra i principali blocchi alla crescita c'è la corsa dell'inflazione, che dovrebbe proseguire nei prossimi mesi per poi attenuarsi, anche se con tempi e intensità ancora incerti. A trainarla al momento sono le voci energetiche, che in Italia segnano +42,2% a maggio, rispetto a 45,2% del primo trimestre. In media nel 2022 il tasso di variazione del deflatore della spesa delle famiglie è previsto in crescita (+5,8%, +1,7% nel 2021) mentre il deflatore del Pil segnerà un incremento più contenuto (+3,4%, +0,5% nel 2021).
Se le pressioni al rialzo dei prezzi delle materie prime si riveleranno più contenute e con una stabilizzazione delle quotazioni del petrolio e del cambio, il prossimo anno l'inflazione potrebbe subire una parziale decelerazione. Nel 2023, il deflatore della spesa per consumi delle famiglie e quello del Pil sono previsti in crescita rispettivamente del 2,6% e 2,0% in media d'anno.
L'evoluzione dell'occupazione sarà in linea con il miglioramento dell'attività economica, con un aumento più accentuato nel 2022 (+2,5%) rispetto al 2023 (+1,6%). L'incremento progressivo dell'occupazione dovrebbe riflettersi anche sul tasso di disoccupazione, che scenderebbe sensibilmente quest'anno (8,4%) e, in misura più contenuta, nel 2023 (8,2%). Un dato comunque in contrazione rispetto al 9,3% registrato nel 2021.
Della situazione di incertezza risentono anche i consumi, in Italia come in Europa, che hanno segnato una flessione congiunturale che estende la fase di moderazione avviata nel trimestre precedente (rispettivamente -0,6% nel primo del 2022 e +0,1% nell'ultimo del 2021).