La Fed lascia i tassi invariati, ma la guerra all'inflazione non è finita

La Fed lascia invariati di tassi d'interesse ma usa ancora toni da "falco", ribadendo una politica monetaria restrittiva (finché ce ne sarà bisogno)

di Andrea Seminara*
Jerome Powell
Economia

La Fed lascia invariati i tassi e raddoppia le previsioni di crescita del Pil 

Ancora una volta le decisioni delle banche centrali sono in primo piano e dettano la traiettoria che prenderanno i mercati del credito. Diversamente dal rialzo di 25 pb della BCE della scorsa settimana, la FED ha deciso di mantenere i tassi invariati, una pausa, anche se accompagnata da un tono ”hawkish” e da un dot-plot più alto. Il mercato si aspetta ora un altro rialzo quest'anno e meno tagli rispetto a quanto previsto in precedenza per l'anno prossimo.

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Questo ulteriore inasprimento delle condizioni finanziarie, "più alto per più tempo" deve ora essere l'ipotesi di base, si rifletterà nell'economia e ci attendiamo che gli spread di credito, che ancora una volta sono  a livelli minimi da inizio anno, subiranno pressioni a causa dell'aumento dei costi di rifinanziamento sia per gli Investment Grade che per gli High Yield, che incideranno sulla propensione al rischio degli investitori.

I mercati del credito e dei tassi hanno avuto molte difficoltà a fare i conti con il nuovo paradigma inflazionistico e sembrano sempre sottovalutare quanto le banche centrali siano disposte a spingersi per frenare l'inflazione; di conseguenza, non vediamo grandi vantaggi nell'essere eccessivamente lunghi sul credito, in particolare sui nomi "difensivi" ad alta leva con elevate esigenze di rifinanziamento nei prossimi 12-24 mesi.

Commento a cura di Andrea Seminara, Chieif Investment Officer di Redhedge Asset Management* 

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