Lagarde e Powell giocano col fuoco: imprese e famiglie verso una nuova crisi

I due presidenti delle banche centrali si divertono ad alzare i tassi come se fossero caramelle: due pericolosi burocrati che non sanno che pesci pigliare

di Marco Scotti
Economia

Lagarde e Powell trascinano imprese e famiglie verso la crisi 

Diceva Agatha Christie che tre indizi fanno una prova. E dunque: Silicon Valley Bank, Credit Suisse e First Republic Bank sono qui a testimoniare che qualcosa nel sistema finanziario si è rotto. Anzi, è stato rotto, dall’esterno, con interventi goffi e pericolosissimi. Non si tratta più soltanto delle stanze un po’ misteriose di Wall Street, della finanza alla Gordon Gekko. Per abbassare l’inflazione si è deciso di scatenare una crisi economica dagli effetti potenzialmente devastanti mentre si va avanti con una guerra in Ucraina, se ne prepara un’altra nel Pacifico e si avvia una transizione energetica che comporterà maggiori esborsi per imprese e famiglie. Bel colpo!

Se il governatore della Fed Jerome Powell – e a ruota Christine Lagarde, la Re Mida al contrario come l’avevamo ribattezzata su Affari, che segue scondizolando qualsiasi mossa d’Oltreoceano così come garantiva a Nicolas Sarkozy obbedienza cieca – alza i tassi d’interesse da 0 a 4,75% in un anno; se dunque si pensa che per combattere un’inflazione strutturale originata da una tempesta perfetta si debba continuare ad alzare il costo del denaro con tutto ciò che ne consegue; se, infine, si ritiene che raffreddare l’economia che si stava riprendendo dopo il salasso del Covid sia una buona idea, significa che chi guida le banche centrali è un inetto, un burocrate all’ennesima potenza che pensa che avere in gestione le manopole del potere lo rende automaticamente autorizzato a fare carne di porco di famiglie e imprese.

Silicon Valley Bank è tombolata perché l’aumento folle dei tassi ha costretto i fondi a ridurre le esposizioni perché – detto in maniera brutale – il denaro costa e bisogna valutare con maggiore attenzione su che cosa puntare. First Republic Bank, guarda caso con sede nella Silicon Valley, sconta lo stesso timore degli investitori. Se il rischio inizia ad avere un (prezzo) troppo alto gli investitori si tolgono di torno, veloci come il vento.

Le imprese si ritrovano improvvisamente a cambiare le strategie e le mosse preventivate: la valutazione degli asset cambia perché trovare i soldi è diventato più oneroso. Tim, ad esempio, dovrà capire che la rete non può essere considerata meritevole di 31 miliardi perché nel frattempo sono cambiate le condizioni del mercato. Le famiglie si ritrovano con mutui che sono schizzati alle stelle. E il contentino di dire “rinegoziatelo pure” vale soltanto per chi ha un Isee inferiore ai 35.000 euro ed è sempre in regola con i pagamenti. Per tutti gli altri, che non per questo devono necessariamente essere dei nababbi, “ciccia”. Solo che il 25% degli italiani farà fatica a pagare.

“L’inflazione è qui per restare” ha detto ieri Lagarde. Quindi perché continuiamo ad alzare i tassi? Che senso ha? Stiamo ancora una volta rischiando di mandare a carte 48 l’intero tessuto economico. Dopo Credit Suisse, piena di magagne, non è detto che il virus si diffonda all’intero sistema bancario, che ha gli anticorpi temprati dalla tempesta del 2008 e del 2011. Con tutto che Deutsche Bank, che pure ha chiuso il bilancio 2022 con utili record – e ha distribuito 2,1 miliardi di bonus ai dipendenti, compresi 8,9 milioni all’amministratore delegato – non ha mai chiarito del tutto la sua posizione sui derivati e potrebbe deflagrare se improvvisamente si aprissero nuovi fronti di crisi. Quelle italiane, invece, accusate di essere troppo “sparagnine” potrebbero ritrovarsi improvvisamente nel ruolo di modello da seguire. 

Si rischia, per usare un gergo medico, il salto di specie. Cioè che un’infezione che riguarda una platea ristretta di soggetti, improvvisamente alzi il livello di tossicità e arrivi a infettare imprese e famiglie. A quel punto avremmo sì sterilizzato l’inflazione, ma solo perché la crisi sarebbe inevitabile e imprese e famiglie soccomberebbero. Dopo un triennio drammatico, funestato da eventi in rapida successione, bisognerebbe essere dei totali incompetenti per continuare sulla strada dell’aumento dei tassi. O essere alla guida della Bce.

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