Manovra, l'aiutino a Meloni arriva dall'Istat. Revisione al rialzo del Pil degli anni scorsi: significa più soldi

Il rinvio a fine mese del Piano strutturale di bilancio irrita l’Ue e anche il ministro Giorgetti

di Redazione Economia
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Manovra, il rinvio della presentazione del Piano strutturale all'Ue, dipende dal "tesoretto" del Pil arretrato 

Il governo Meloni continua a lavorare alla prossima manovra finanziaria, ma la decisione di rimandare di dieci giorni l'invio del Piano Strutturale a Bruxelles presa da Chigi non sarebbe piaciuta al ministro dell'Economia Giorgetti che voleva chiudere in fretta la questione e neanche all'Ue. Dietro questo rinvio deciso dalla premier ci sarebbe un motivo ben preciso. La speranza - riporta La Repubblica - è affidata alla revisione delle stime dei conti relativi agli ultimi cinque anni che l'Istat renderà nota il 23 settembre. A Palazzo Chigi tutti si aspettano un ritocco verso l'alto del Pil, a cascata un segnale positivo sul debito. E questo è il primo segnale di affidabilità che Meloni vuole mettere nero su bianco all’interno del Piano.

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Se l’effetto domino della crescita rivista regalerà qualcosa alla manovra in cerca di 10 miliardi ancora meglio. Ma al Mef - prosegue La Repubblica - la parola "tesoretto" è interdetta anche se FdI, Lega e Forza Italia continuano a bussare alla porta del ministro per strappare anche una bandierina da issare dentro alla manovra delle proroghe. La premier è intransigente sullo slittamento. Teme che il Parlamento si trasformi in un’arena scatenata contro il governo. I numeri “aperti”, quindi un assalto delle opposizioni - è la preoccupazione - che rischierebbe di bissare quello atteso nei prossimi mesi, quando toccherà alla manovra passare dalle Camere.

Meloni non vuole rilievi da parte delle commissioni. Vuole, invece, un Consiglio dei ministri a fine mese, poi il Piano in Parlamento all’inizio del prossimo. E pazienza se mancheranno pochi giorni alla presentazione a Bruxelles del Documento programmatico di bilancio, la griglia della manovra. Il 15 ottobre è la seconda scadenza che conta. E già traballa. Poi la Finanziaria. Ecco i conti che non tornano.

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