Marchionne ha salvato la Fiat, ora Elkann vuole cambiarle pelle (e assetto)
Continua il braccio di ferro tra Roma e Stellantis, Urso chiede un confronto con Tavares. Elkann non ha bisogno della partecipazione italiana e pensa ad Exor
La rinascita di Fiat e l'incognita Stellantis da Marchionne a Tavares
L'escalation di tensioni tra il governo italiano e il colosso automobilistico Stellantis, guidato da Carlos Tavares e che ha come primo azionista la Exor della famiglia Elkann, è una partita a "chi la spara più grossa" nell'attesa di un potenziale scacco matto dell'avversario. Si aggiunge alla tenzone anche Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy, che si butta nella mischia criticando l'asse franco-italiano di Stellantis. Urso (come aveva già fatto Giorgia Meloni nel suo intervento a Quarta Repubblica e poi alla Camera) ha evidenziato lo squilibrio nella fusione Psa-Fca, che sembra pendere più verso la Francia che verso l'Italia, un punto di tensione non nuovo ma che ora si infiamma sotto la lente di ingrandimento politica. D'altronde, se Elkann è presidente (dando per scontato che penda dalla parte italiana anche se non è esattamente così), l'ad è stato scelto dai francesi, che hanno un membro in più nel board e che, essendo partecipati dal governo di Parigi, hanno un "peso" specifico superiore. Con una schiettezza che non ammette fraintendimenti, il Ministro rimarca anche l'evidente disappunto per la missiva di Stellantis ai suoi fornitori, che promuove il Marocco come un sito produttivo vantaggioso, una mossa da lui percepita come un'implicita minaccia all'Italia perché "sarebbe in palese contraddizione con quello che dice di voler realizzare nel nostro Paese". Nel frattempo il governo italiano, non sta a guardare, intenzionatra ad attirare altri produttori automobilistici nel Paese, aumentando la concorrenza.
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In questo gioco di potere, ogni mossa conta, ogni dichiarazione ha un peso, e ogni decisione potrebbe destabilizzare i già precari equilibri, eppure Urso non trema e nel suo intervento a "L'aria che tira" lancia una sfida all'ad di Stellantis proponendo al conduttore Parenzo: "Perchè non organizzi un confronto tra me e Tavares?". Stellantis, d'altra parte, non è un giocatore passivo. La posizione del colosso automobilistico è chiara: si premia la competitività. Se l'Italia vuole essere un hub attraente per la produzione automobilistica, deve lavorare sui propri punti di forza: infrastrutture, pubblica amministrazione, giustizia, formazione e politica fiscale. Per il Belpease quelli di Stellantis sono "quelli che hanno preso la Fiat e l’hanno ceduta ai francesi". C'è chi sostiene che la Fiat debba tutto allo Stato italiano, che l'ha "nutrita" per anni coprendo le perdite e pagando le cassintegrazioni. Gli incentivi alla rottamazione messi a punto dal governo Prodi alla fine degli anni '90 furono un aiuto neanche tanto nascosto alla decotta Fiat che rischiava di saltare da un momento all'altro; e c'è chi tesse le lodi di Marchionne, che riuscì a salvare Fiat quando era “tecnicamente fallita”, ma anche a giocare d’azzardo con General Motors, fino alla conquista di Chrysler. Ma è andata davvero così? Per capirlo bisogna fare un passo indietro.
Torniamo al 16 gennaio 2021, un momento storico nella storia dell'industria automobilistica: il gruppo italo-americano FCA si fonde con il colosso francese PSA, dando vita a Stellantis. L'evento non è solo il matrimonio tra due giganti del settore, ma rappresenta la fine di un'era per Fiat, 120 anni di storia alle spalle, emblema di un'Italia industriale che ha dovuto reinventarsi per sopravvivere in un mercato globalizzato e sempre più competitivo. La storia di Fiat è indissolubilmente legata alla famiglia Agnelli, che per decenni ha guidato l'azienda attraverso alti e bassi. Gianni Agnelli, con la sua visione di un gruppo automobilistico globale, aveva già impostato le basi per un'espansione internazionale. Tuttavia, è con l'arrivo di Sergio Marchionne nel 2004 che Fiat inizia un processo di trasformazione radicale.
Marchionne, carismatico e controverso, porta in Fiat una ventata di pragmatismo con un approccio imprenditoriale a tratti "spietato". Tra le sue mosse più audaci l'acquisizione di Chrysler nel 2009, è sicuramente un colpo di genio che ha permesso alla casa automobilistica di espandersi nel mercato nordamericano. Ma il suo percorso in Fiat è stato anche lastricato di scelte dure, di fallimenti e decisioni amare: la scelta di cedere il controllo di Ferrari a Exor, principale azionista di FCA, è stata una mossa dolorosa ma necessaria per ristrutturare il gruppo. Marchionne non è stato un dolce padre padrone. La sua è stata una gestione cinica, mirata al profitto, a volte sacrificando l'anima italiana di Fiat e i posti di lavoro nel Belpaese. Il suo obiettivo? Far sopravvivere Fiat in un mercato dove solo i titani contano. Questo ha comportato tagli alla produzione nelle fabbriche storiche italiane, puntando sull'internazionalizzazione. Nel 2012 Fiat arrivò a conquistare quasi il 60% della Chrysler. Il fatturato della società italiana si attestò a 16 miliardi. Nel 2002 la Fiat bruciava cassa, ma entro il 2012 si era appena ripresa, superando di poco lo zero. Marchionne riuscì a ristrutturare l'azienda, generando valore aggiunto e rinvigorendo il capitale intorno al 2013. Tra il 2009 e il 2012, aveva realizzato l'acquisizione di Chrysler senza impiegare capitali propri e senza il sostegno finanziario dello Stato italiano.
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A un anno dalla fusione tra FCA e PSA, nasce Stellantis: un conglomerato di 14 marchi automobilistici sotto la guida di Carlos Tavares come CEO. Nel corso del 2022, Stellantis ha raggiunto un fatturato di 180 miliardi di euro, raggiungendo una redditività delle vendite dell’11%. Nel medesimo anno, la filiale italiana del gruppo ha generato un fatturato di 24 miliardi di euro, corrispondente al 13% del fatturato totale di Stellantis. Stellantis è oggi il risultato di una serie di mosse strategiche post-Marchionne. Dopo la scomparsa del visionario imprenditore nel 2018, il gruppo FCA ha accelerato il suo percorso di globalizzazione e espansione. Ma Stellantis, secondo il presidente Elkann, gode di "buona salute" e non ritiene necessaria una partecipazione dello Stato italiano, una posizione già rafforzata dalla già presente partecipazione dello Stato francese. Ad oggi Exor e i soci francesi blindano il controllo in Stellantis: la cassaforte della famiglia Agnelli-Elkann, con sede nei Paesi Bassi, gestisce attività per 35 miliardi, principalmente ereditate dalla vecchia Fiat come Ferrari, Stellantis e Cnh. Ora, sotto la guida di John Elkann, Exor abbraccia svariati settori che spaziano dalla salute, la tecnologia (come dimostrato da Philips) e il lusso.
E mentre in Italia il dibattito divampa, in Olanda i soci stringono la presa: Exor, Peugeot e lo Stato francese si preparano a un aumento della loro influenza in Stellantis, superando complessivamente il 40% dei diritti di voto e acquisendo il controllo totale della società. Nonostante la famiglia torinese detenga ancora la quota maggiore del 14,9%, la sua presenza borsistica in Italia è oramai un ricordo, specialmente dal 27 settembre 2022, quando Exor ha "salutato" la Borsa Italiana con un aumento dell'0,7%, dirigendosi verso l'Euronext di Amsterdam. Questa mossa non è casuale se pensiamo che Amsterdam è già la base legale di società come Stellantis, Ferrari e Cnh. Tuttavia Stellantis rimane ben salda nelle mani di Exor. La holding infatti, è salita al 25,9% dei diritti di voto, senza aumentare il proprio portafoglio di azioni, cifra che le consente di fatto di blindare il controllo con gli altri due soci storici del gruppo, la famiglia Peugeot e lo Stato francese attraverso Bpi. Si prevede però che, entro febbraio, anche Peugeot e BpiFrance eserciteranno la stessa opzione, aumentando i loro diritti di voto. Tuttavia, la percentuale di diritto di voto di Exor potrebbe variare ancora, scendendo probabilmente intorno al 22-23%, diluita dall'incremento dei diritti di voto degli altri azionisti.
Nel frattempo, nonostante le numerose controversie in corso, Stellantis conferma la centralità dell'Italia nella sua strategia globale. Durante un incontro al Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE), la casa automobilistica ha enfatizzato il valore e l'impegno verso l'Italia nel costruire un futuro sostenibile per le proprie attività nel paese. Dal 2021 al giugno dell'anno corrente, le operazioni italiane di Stellantis hanno apportato un contributo significativo alla bilancia commerciale del paese, registrando un surplus di 11 miliardi di euro. In questo contesto, Stellantis ha sottolineato l'obiettivo comune condiviso con tutti i partecipanti al 'Tavolo Sviluppo Automotive', volto a supportare la produzione di veicoli in Italia, l'obiettivo? Raggiungere la produzione di un milione di veicoli, tra auto e veicoli commerciali, entro la fine del piano Dare Forward 2030.
Riuscirà l'Italia a mantenere un ruolo centrale nel destino di Stellantis, o si ritroverà a fare i conti con una realtà in cui il peso della storia e l'orgoglio nazionale si scontrano con le logiche del mercato globale? Solo il tempo potrà svelare il risultato di questa partita a scacchi.