Mutui a costi record in Italia. Tassi al 5%. Interessi al doppio della Francia

Gli effetti del rialzo dei tassi deciso dalla Bce sui prestiti. La crisi dei mutui subprime potrebbe riaccendersi in Europa

Economia

Una nuova crisi come nel 2008? L'analisi di FABI - Federazione Autonoma Bancari Italiani

 

Meno credito e a costi sempre più sostenuti. Nei primi sette mesi dell’anno in corso, i finanziamenti delle banche alle famiglie e alle imprese sono cresciuti in media dello 0,4%, a un ritmo ben inferiore rispetto alla media registrata nell’ultimo quinquennio e pari all’1,2%. Per i mutui ipotecari, il rallentamento nella crescita è stato ancora più evidente perché, mentre il ritmo di espansione a partire dal 2018 è stato, in media, del 4,6%, nel corso del 2022 i molteplici fattori di incertezza hanno modificato il generale clima di fiducia di tutti i prenditori di prestiti.

Gli interessi sui mutui ipotecari avevano già superato il 4% con il costo del denaro all’1,25% e, con il nuovo rialzo al 2% appena deciso dalla Banca centrale europea, è possibile immaginare che venga sforata la soglia del 5%. A distanza di neanche due mesi dalla prima mossa della Bce, e in uno stato di vulnerabilità economica ormai diffusa, la rapidità con cui si sta realizzando il piano record dei tassi dell’Eurotower comincia, dunque, a generare un clima di sfiducia, con forti implicazioni sociali e finanziarie per famiglie e imprese. Se, infatti, la tradizionale cautela degli italiani nel ricorrere al credito bancario ha lasciato spazio negli ultimi anni a un maggiore interesse ad indebitarsi, con la complicità di tassi favorevoli e agevolazioni fiscali, i dati sui prestiti di fine estate rappresentano un segnale di discontinuità e di preoccupazione perché subiscono i primi effetti del rincaro dei tassi europei e, soprattutto, i timori per quelli che ancora dovranno realizzarsi. Dai tassi per le nuove erogazioni, che potrebbero sforare il tetto del 5% già nei prossimi mesi, all’aumento dello spread che incombe sui prestiti già concessi a tasso variabile, il nuovo scenario finanziario che si profila per le famiglie e imprese italiane, è sempre più buio.

L'intervento del governo sulle bollette rischia di essere annullato dall'aumento dei tassi sui prestiti

Se il contesto macroeconomico non fosse così difficile e non fosse ormai terminata un’epoca di politica monetaria favorevole, lo scenario futuro non sarebbe così preoccupante. Invece, l’accanimento della Bce nel rialzare i tassi, seppure per calmierare il fenomeno dell’inflazione, e l’inasprimento delle condizioni sui mutui - maggiore in Italia, rispetto agli altri paesi europei – corre il rischio di mettere a dura prova la sostenibilità finanziaria del debito delle famiglie perché il contesto futuro dei tassi non è da riscrivere.

La cronaca finanziaria del 2008 insegna che, nel periodo storico in cui il rialzo dei tassi è stato più alto di sempre e ha preceduto la politica accomodante della Bce per i successivi 15 anni, i tassi hanno raggiunto soglie da capogiro. La mappa delle condizioni del credito nell’Eurozona potrebbe così dare qualche indicazione – e non previsione – per il futuro, anticipando l’allarme finanziario per tutti quei cittadini per i quali i rischi di usura e di povertà potrebbero sostituirsi a quei da sovraindebitamento.

L’analisi si concentra anche sul confronto europeo: per i finanziamenti dedicati all’acquisto della casa, alle famiglie italiane è richiesto un tasso di interesse medio del 2,62% per scadenza fino a 5 anni, contro un livello medio dell’1,58% delle famiglie francesi e del 2,27% per quelle spagnole: in pratica, in Italia gli interessi sono quasi il doppio rispetto alla Francia e comunque più alti rispetto alla Spagna. L’accanimento della Bce nel rialzare i tassi, seppure per calmierare il fenomeno dell’inflazione, e l’inasprimento delle condizioni sui mutui corre il rischio di mettere a dura prova la sostenibilità finanziaria del debito delle famiglie: la crisi dei mutui subprime potrebbe riaccendersi in Europa.

Sileoni (dg FABI): "Il governo potenzi il fondo di garanzia per aiutare i giovani a comprare casa"

"La Bce, per contenere l’inflazione vicina al 12%, ha deciso di alzare il costo del denaro fino al 2%, ma non è detto che raggiunga l’obiettivo. L’Eurotower alza i tassi e le banche si adeguano, ci guadagneranno insieme a propri azionisti. Conseguentemente alla decisione della Bce, i tassi di interessi sui mutui potrebbero superare il 5%. Il governo sta per intervenire sulle bollette, ma il positivo intervento del governo corre il rischio di essere in parte annullato dall’aumento dei tassi sui mutui e prestiti", dichiara il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni.

"Da una parte, insomma, il governo cercherà di diminuire i disagi degli italiani, ma dall’altra aumenteranno i tassi sui prestiti e mutui. C’è poi un problema giovani: devono essere prorogate le agevolazioni fiscali azzerando ogni tipo di imposta e potenziando il Fondo di garanzia per i mutui dei giovani, grazie al quale lo Stato fa da garanzia alle banche. Inoltre, il governo, che dovrebbe aiutare i giovani a comprare casa, e la Banca d’Italia potrebbero vigilare sulle banche, anche in una situazione di libero mercato come la nostra, affinché non si inneschi una eccessiva competizione fra banche per chi riesce a guadare di più rispetto al rialzo dei tassi di mutui e prestiti. In un momento di pesante crisi come questa le banche devono svolgere il proprio ruolo sociale fino in fondo sostenendo famiglie e imprese", aggiunge Lando Maria Sileoni.

Mutui a tassi record: l'analisi integrale di FABI - Federazione Autonoma Bancari Italiani

Ad agosto i primi segnali di una crisi che comincia a piegare le famiglie e fa rallentare i prestiti alle imprese

I dati sui prestiti di fine estate raccontano una verità a due facce: mentre per le imprese, ancora forti delle misure governative varate in tempi non certo migliori, prosegue il trend di crescita dei nuovi finanziamenti, per le famiglie comincia ad apparire lo spettro del maggior costo del denaro, mentre il peggio deve ancora accadere in un mondo in cu vola l’inflazione. Dal 2018 a luglio 2022, il credito alle famiglie è aumentato di ben 46,5 miliardi, con un aumento del 7,4% che ha portato lo stock da 626,2 miliardi a 672,8 miliardi. Le maggiori accelerazioni sono state conseguite nei comparti mutui prima casa e prestiti al consumo mentre un calo - seppur lieve - si è concentrato nel comparto “altri finanziamenti”


 

 

 





Nel corso dell’ultimo quinquennio, i mutui ipotecari sono risaliti di ben 38,8 miliardi (+10,3%) da 379,1 miliardi a 417,9 miliardi, il credito al consumo di 10,4 miliardi (+10,1%) da 102,5 miliardi a 112,9 miliardi mentre gli altri finanziamenti sono calati di 2,7 miliardi (-1,9%) da 144,7 miliardi a 141,9 miliardi. Per quanto riguarda le imprese, nello stesso periodo si è registrato una riduzione complessiva dei finanziamenti di 8,7 miliardi (+1,3%) passando da 678,5 miliardi a 669,7 miliardi: tale decremento ha riguardato principalmente la componente dei prestiti di breve periodo per 64,8 miliardi (-29,9%), riduzione che ha purtroppo ampiamente controbilanciato la crescita registrata sul versante dei prestiti oltre i 5 anni, aumentati di 63,9 miliardi (-21,4%). Sul versante dei prestiti a medio termine (fino a 5 anni), la riduzione è stata più contenuta ma ha comportato una contrazione di 7,8 miliardi (-4,8%).

 

Nel 2022 i finanziamenti crescono, ma a ritmo inferiore alla media
 

Nei primi sette mesi dell’anno in corso, i finanziamenti delle banche alle famiglie e alle imprese sono cresciuti in media dello 0,4%, a un ritmo ben inferiore rispetto alla media registrata nell’ultimo quinquennio e pari all’1,2%. Per i mutui ipotecari, il rallentamento nella crescita è stato ancora più evidente perché, mentre il ritmo di espansione a partire dal 2018 è stato, in media, del 4,6%, nel corso del 2022 i molteplici fattori di incertezza hanno modificato il generale clima di fiducia di tutti i prenditori di prestiti.
 

A partire da agosto 2022, in controtendenza rispetto al passato, cominciano addirittura ad affacciarsi i primi segnali di una battuta d’arresto per tutti gli italiani che ancora vedono nel mattone il bene rifugio e per quelle imprese, il cui costo del credito potrebbe diventare una zavorra. Contro un’accelerazione del 2,2% registrata fino al mese di luglio, a fine agosto, i prestiti alle imprese sono aumentati del solo 0,7% rispetto al mese precedente, mentre quelli delle famiglie hanno subito una contrazione dello 0,1%. Una frenata che per le famiglie italiane è valsa più di 600 milioni di euro in meno di credito.

 

L'andamento del credito per imprese e famiglie


In particolare, per quanto concerne le imprese, da luglio ad agosto si è registrato un aumento complessivo dei finanziamenti di scarsi 4,5 miliardi, da 673,9 miliardi a 678,4 miliardi: tale accelerazione è stata favorita dal solo incremento dei prestiti di medio periodo per 3,9 miliardi (+2,5%), accompagnata da una modestissima crescita  registrata non solo sul versante dei prestiti oltre i  a 5 anni, aumentati di 474 milioni, ma anche sul versante dei prestiti a brevissimo termine (fino a 1 anno), aumentati di soli 66 milioni.

Per le famiglie italiane, la scarsa crescita degli altri finanziamenti non riesce neanche a compensare il calo del credito al consumo e dei mutui ipotecari. Il credito alle famiglie nel solo mese di agosto è diminuito complessivamente di 633 milioni, portando lo stock totale da 677,9 miliardi di luglio a 677,3 miliardi. Nel dettaglio, i mutui ipotecari sono diminuiti di ben 298 milioni (-0,1%) da 422,3 miliardi a 422,1 miliardi, mentre il credito al consumo subisce una frenata di 409 milioni (-0,4%) da 114,3 miliardi a 113,8 miliardi. L’unico comparto a non subire una battuta d’arresto è quello degli altri finanziamenti, che aumentano di scarsi 70 milioni (+0,1%) da 141,3 milioni a 141,4 milioni.


 

 

 

 

 

 

La morsa del costo del denaro: in Italia record di tassi nell’area euro


La contrazione dei mutui ipotecari e del credito al consumo alle famiglie non rappresenta solo un’inversione di tendenza, ma è un allarme che potrebbe trasformarsi nei prossimi mesi in una piaga finanziaria per le famiglie. E così, mentre i prezzi energetici corrono e l’inflazione sfida ogni previsione, toccando quasi il 12%, per gli italiani la casa di proprietà potrebbe rappresentare sempre più una conquista. I dati di agosto diffusi dalla Bce fotografano l’Italia come un paese con tassi di interesse più alti del livello medio di quelli registrati nella zona euro.

Questo vale, pressoché, per tutte le categorie di prestiti, partendo dai mutui ipotecari, passando per il credito al consumo e infine arrivando agli altri finanziamenti erogati alle famiglie. L’analisi dei tassi per scadenza del prestito, mostra che il costo del credito per le famiglie italiane è superiore in media di 18 punti base per un mutuo ipotecario con scadenza compresa tra 1 e 5 anni, fino ad arrivare a 32 punti base per uno stesso prestito a oltre 10 anni. Per tutte le altre categorie di prestiti la forbice è ben più ampia e il differenziale supera anche i 140 punti base. Se analizziamo la classe dei prestiti al consumo, solo i finanziamenti con scadenza inferiore ai 12 mesi hanno, in Italia, un costo comparabile con quello di altri paesi e addirittura inferiore alla media europea ma, in considerazione della durata media dei prestiti con tale finalità, il confronto italiano non regge.

Mutui e tassi di interesse: le differenze tra Italia e resto d'Europa

Mutui e tassi di interesse: le differenze tra Italia e resto d'Europa

Per le scadenze comprese tra uno e cinque anni, così come per le durate maggiori, l’offerta del credito destinato all’acquisto di automobili, elettrodomestici, smartphone e viaggi è meno profittevole rispetto alla Francia e Germania, e il differenziale rispetto al dato medio in Europa si muove tra i 138 e i 143 punti base ovvero circa l’1,4% in più. Nel dettaglio, per i finanziamenti dedicati all’acquisto della casa, alle famiglie italiane è richiesto un tasso di interesse medio del 2,62% per scadenza fino a 5 anni, contro un livello medio dell’1,58% delle famiglie francesi e del 2,27% per quelle spagnole.

In tale comparto e anche per le scadenza superiori a 10 anni, l’Italia è seconda alla sola Germania, che vanta il primato in tutte le fasce temporali, rispettivamente del 2,78% per i prestiti fino a 5 anni, del 2,74% per quelli fino a 10 anni e del 3,04% per quelli con scadenza superiore a 10 anni. La situazione non migliora se confrontiamo i dati del credito al consumo, dove l’Italia primeggia – insieme alla Spagna – su tutti gli altri paesi europei, per il costo dei prestiti, con un livello minimo di tasso del 4,32% per i finanziamenti ad un anno, sino al 6, 81% per un prestito al consumo con scadenza compresa tra uno e cinque anni. Per un cittadino italiano che decide di contrarre un finanziamento per acquisto di beni diversi dall’immobile, il prezzo da pagare per le scadenze superiori è ancora più alto. Rispetto a un tasso del 3,32% richiesto alla platea dei cittadini francesi, l’italiano medio paga più del doppio e anche il confronto con Spagna e Germania non mostra affatto condizioni di accesso al credito particolarmente favorevoli. Tra queste due nazioni, il livello di tasso più contenuto è quello registrato della Germania, con il 6,88% mentre la Spagna vanta un 7,39%, anch’esso inferiore al 7,67% dell’Italia. Infine, nel comparto degli altri mutui, il tasso di interesse sui prestiti pagato in Italia per nuove operazioni raggiunge il livello massimo del 3,62% per le scadenza maggiori contro l’1,79% della Francia e il 3,30% della Germania. La Spagna vince il primato con il 4,69%, mentre i tassi italiani, per tutte le fasce di scadenza, restano pur sempre superiore alle medie europee.

Perché potrebbe verificarsi una nuova crisi dei mutui subprime

La crisi dei mutui subprime potrebbe riaccendersi in Europa: la storia insegna che, nel periodo in cui il rialzo dei tassi è stato più alto di sempre e ha preceduto la politica accomodante della Bce per i successivi 15 anni, i tassi hanno raggiunto soglie da capogiro. La mappa delle condizioni del credito nell’Eurozona potrebbe così dare qualche indicazione – e non previsione – per il futuro, anticipando l’allarme finanziario per tutti quei cittadini per i quali i rischi di usura e di povertà potrebbero sostituirsi a quei da sovra indebitamento. Se il contesto macroeconomico non fosse così difficile e non fosse ormai terminata un’epoca di politica monetaria favorevole, lo scenario futuro non sarebbe così preoccupante. Invece, l’accanimento della Bce nel rialzare i tassi, seppure per calmierare il fenomeno dell’inflazione, e l’inasprimento delle condizioni sui mutui - maggiore in Italia, rispetto agli altri paesi europei – corre il rischio di mettere a dura prova la sostenibilità finanziaria del debito delle famiglie perché il contesto futuro dei tassi non è da riscrivere.
 

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