Nomine, la Meloni aspetta le Regionali per fare l'en-plein
La premier ha dovuto pagare un prezzo politico relativamente basso per tenere buoni gli alleati: Rivera è stato allontanato e Turicchi arriverà lo stesso
Nomine, Giorgia Meloni accontenta gli alleati ma mantiene il controllo
Si dice. In questa complicata vicenda della nomina di Riccardo Barbieri a direttore generale del Tesoro ce ne sono molti di “si dice”. Alcuni li ha riportati fedelmente Dagospia, ma Affaritaliani.it può fare un passo in avanti. Per capire quanto la situazione sia stata rimescolata improvvisamente rispetto ai rumor che filtravano dalla mattina – e che davano Antonino Turicchi per certo sulla poltrona che era appena stata sfilata ad Alessandro Rivera – bisogna leggere alcuni quotidiani. Uno in particolare, che era stato molto bene informato nei giorni scorsi (anche qui, si dice, perché un giornalista sarebbe vicino a Giancarlo Giorgetti e al suo entourage) aveva dato per certo Turicchi al Mef.
Quando poi da Via XX Settembre è stato fatto filtrare il nome di Barbieri, c’è stato parecchio smarrimento in tutti i media, perfino in chi era sicuro di aver avuto la soffiata giusta dalla fonte diretta. In effetti un dialogo tra Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti avrebbe fatto cambiare strada improvvisamente al ministro dell’economia, che non avrebbe avuto neanche il tempo di comunicarlo ai suoi fedelissimi. Non si poteva accettare qualsiasi richiesta di Giorgia Meloni senza provare a fare un minimo di resistenza.
Perché il rischio che si venga cannibalizzati è sempre più alto. Nonostante qualche piccola flessione della popolarità a causa del mancato rinnovo del taglio delle accise sulla benzina, Fratelli d’Italia viaggia sempre intorno al 30% ed è sempre più primo partito nel nostro Paese. E la premier vuole cavalcare questo rapporto di forza gestendo la partita delle nomine in prima persona.
Se, come sembra, Antonino Turicchi dovesse diventare il nuovo direttore generale del Mef con deleghe alle partecipate, la Meloni otterrebbe un doppio vantaggio. Primo: avrebbe ottenuto l’allontanamento di Alessandro Rivera pagando un prezzo politicamente molto basso, cioè la nomina di Riccardo Barbieri con delle deleghe azzoppate; secondo: potrebbe riproporre Turicchi con un ruolo di grande importanza, cioè la responsabilità delle partecipate che, in primavera, vedranno il rinnovo del board di colossi come Eni, Enel, Poste, Terna e Leonardo.
C’è poi un terzo tema, forse il più importante, che è quello su cui i vertici di Fratelli d’Italia stanno puntando parecchie fiches. Le elezioni regionali del 12 febbraio prossimo saranno un grande banco di prova. In Lombardia il candidato del centro-destra, Attilio Fontana, è un leghista di lungo corso. Una sua vittoria contro Letizia Moratti e Pierrfancesco Majorino non sarebbe ascrivibile all’effetto “traino” di Fratelli d’Italia.
Diverso il discorso nel Lazio, dove Francesco Rocca è un candidato proposto dal partito della premier. Se dovesse esserci – come al momento appare più che possibile – una “doppietta” del centro-destra, il governo uscirebbe rafforzato. Ma se, ipotesi assai meno probabile ma comunque plausibile, il centro-destra dovesse perdere in Lombardia e affermarsi nel Lazio, la Meloni uscirebbe addirittura rafforzata. E potrebbe dare di nuovo le carte.
In primavera si va al rinnovo delle partecipate: i nomi dati per certi sono quelli di Claudio Descalzi per Eni e di Stefano Donnarumma per Enel. Matteo Del Fante dovrebbe rimanere in Poste con la benedizione di Maurizio Leo, potente viceministro dell’economia e fedelissimo di Giorgia Meloni. Rimangono da definire le caselle Leonardo e Terna.
In Piazza Montegrappa potrebbe arrivare Lorenzo Mariani, vicino a Matteo Salvini. Ma se Fratelli d’Italia dovesse diventare ancora più forte potrebbe arrivare un “papa straniero” ancora sotto traccia. Tra l’altro, l’anno prossimo scadrà anche il mandato di Dario Scannapieco in Cassa Depositi e Prestiti. Altra nomina di grande peso su cui bisognerà trovare una quadra.