Economia
Meloni e il gas, i passi per trasformare l'Italia in un hub energetico Ue
Dalla manutenzione degli impianti nazionali all'aumento della produzione interna di gas, fino alle alleanze strategiche: la roadmap del governo
Meloni in Algeria e la partita sul gas, cosa deve fare l'Italia per diventare un hub energetico del Mediterraneo. Il commento
E’ certamente indubbio che la missione della premier in Algeria sia stato oltre che necessario (Draghi aveva effettuato due missioni nel paese durante il suo mandato) anche certamente un successo, per un presidente del Consiglio che sta mostrando una certa predisposizione per i canali diplomatici e per migliorare e consolidare i rapporti con i paesi strategici per il nostro paese. La pragmaticità e la realpolitik della premier sembrano essere state le due direttrici su cui si è mossa fino ad ora in politica estera.
In Algeria la premier ha raggiunto cinque importanti accordi che mirano a far diventare il nostro paese un hub per il gas africano verso l’Europa. Molti paesi, Germania in testa, hanno guardato con molto interesse a questa missione del presidente del Consiglio in terra algerina. Ad accompagnare la premier, e non poteva essere altrimenti, c’era l’amministratore delegato dell’Eni, Claudio Descalzi, che nel paese alegerino ha stretti legami e che sta portando avanti da mesi una fitta rete di relazioni ed accordi con altri paesi, soprattutto africani (ma anche in Qatar Eni ha instaurato protocolli di intesa per nuove forniture di gas) per riuscire a smarcarsi dalla dipendenza del gas russo, nel più breve tempo possibile.
"Serve un piano strategico", una "visione condivisa" che non dipende dal colore dei governi che si alternano alla guida del Paese ma "esclusivamente dall'interesse nazionale", ha detto l’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi in attesa di sottoscrivere due nuove intese con Sonatrach, la compagnia di Stato algerina, con la quale, oltre a un’ulteriore potenziamento delle forniture di gas anche attraverso la realizzazione di un nuovo gasdotto funzionale anche per l’idrogeno, si stanno programmando investimenti per ridurre le emissioni di gas serra negli impianti produttivi.
Investimenti che si aggiungono a quelli delle singole imprese italiane sempre più interessate all’interscambio con l’Algeria. Sempre secondo l’amministratore delegato della compagnia energetica italiana, grazie a questi accordi si potrebbe in soli due anni fare a meno delle forniture russe. Ma la cosa certo non è semplicissima, perchè occorre innanzitutto creare le condizioni infrastrutturali per far sì che veramente il nostro paese possa diventare un hub energetico. E considerando le polemiche sorte per i rigassificatori e prima per la realizzazione della Tap, la cosa sembra tutt’altro che semplice.
Occorre poi come ha fatto sempre Descalzi migliorare le infrastrutture già esistenti per portare gas dai porti di approdo in tutto il paese, ed in futuro verso altri paesi europei. “Aumentare le forniture non è sufficiente altrettanto decisivo è eliminare i colli di bottiglia sulla rete. Il principale si trova a Sulmona, in Abruzzo. È quello che impedisce di dirottare verso Nord tutto il gas di cui già oggi possiamo disporre e di cui il sistema produttivo ha bisogno. È per questa ragione, per rispondere alla domanda di gas proveniente dalle aree maggiormente industrializzate, che si è deciso di localizzare nel centro-nord, a Piombino e Ravenna, due nuovi rigassificatori".
Queste le parole di Descalzi. Snam da tempo ha un progetto per ampliare gli impianti abruzzesi, ma il via libera da parte del ministero dell’ambiente è arrivato solo a fine novembre scorso. Ma contro la realizzazione di quest'opera strategica, sono scesi sul sentiero di guerra, vari comitati ambientalisti della zona.
Ma non basta certo solo questo, come fa notare Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, uno dei massimi esperti di energia del nostro paese, per arrivare a realizzare il progetto del nuovo esecutivo sul gas. Si tratta anche di aumentare la produzione nostra, ferma a soli 3 miliardi di metri cubi a fronte dei 60 consumati, il minimo da oltre cinquant’anni. I veti incrociati e la politica anti trivelle portata avanti da molti partiti, cinque stelle e Pd in testa, hanno determinato una drastica diminuzione di sondaggi per trovare il prezioso materiale, che è presente in grandi quantità nel sottosuolo italiano, e nelle profondita del mar Adriatico (come la vicina Croazia con le sue recenti trivellazioni sta ampiamente dimostrando).
Su questo punto Fdi e la premier sembrano aver già fatto capire come la musica dovrebbe presto cambiare, dichiarandosi favorevole a riprendere le trivellazioni nel mar Adriatico, come sostenuto di recente dal ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso, secondo il quale anche senza ulteriori trivelle, dai giacimenti già scoperti si potrebbe raddoppiare il quantitativo di gas estratto. Sfruttando poi il bacino comune con la Croazia si potrebbe arrivare addirittura ad estrarre fino a 70 miliardi di metri cubi.
Inoltre sia Germania che Portogallo e Spagna, da tempo stanno già da lavorando per diventare loro stessi un hub energetico per il gas e l’idrogeno. Tra le intese annunciate da Macron e Scholz nel corso del vertice, in concomitanza con il viaggio della Meloni, c’è anche quella relativa al gasdotto H2Med che collegherà Portogallo, Spagna, Francia e Germania rifornendole di idrogeno verde entro questo decennio (con una capacità di trasporto di due milioni di tonnellate a regime).
Intanto la Germania lavora da mesi per essere lei l'hub del gas naturale: nei suoi porti sul Mare del Nord ha già installato tre rigassificatori e altri 11 sono in via di allestimento. Ecco allora che tutto ciò dimostra ancora una volta come l’Europa sulle questioni fondamentali, sembra muoversi in ordine sparso e senza quello spirito unitario, che da tempo invoca la premier Meloni.
Il gas aggiuntivo che in questi mesi è arrivato in Italia è quello destinato alla Spagna, che dopo lo scontro diplomatico tra i due paesi, che ha portato alla rottura del patto di cooperazione tra i due paesi ultradecennale, è stato dirottato appunto verso il nostro paese. Insomma l’obiettivo della Meloni è certamente ambizioso, auspicabile e necessario, per porre il nostro paese al riparo dalla eccessiva dipendenza energetica da altri paesi e per metterlo di nuovo al centro della scena del meditteraneo, ma la strada per arrivarci pare lunga ed irta di ostacoli.