Tabacco riscaldato: due aziende sfidano il divieto dell'Unione Europea

Quattro Stati membri dell’Unione Europea, tra cui l'Italia, avevano già sollevato un'obiezione congiunta nel 2022

di Redazione Corporate
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Divieto tabacco riscaldato aromatizzato: la Direttiva Europea al vaglio della Corte di Giustizia Europea

PJ Carroll & Company e Nicoventures Trading, società che si occupano della commercializzazione di prodotti a tabacco riscaldato in Irlanda, hanno contestato lo Stato irlandese per aver recepito una Direttiva della Commissione europea che, a loro dire, supera i poteri ad essa delegati dalla legislazione sui prodotti del tabacco approvata dagli organi legislativi dell'UE, ovvero il Consiglio e il Parlamento europei. La Commissione, infatti, ha disposto con una Direttiva Europea il divieto di vendita su tutto il territorio europeo di prodotti del tabacco riscaldato che contengano aromi, a far data dal 23 ottobre 2023. Un divieto che gli Stati Membri hanno tempo di recepire all’interno del loro ordinamento entro il 23 luglio 2024.

È praticamente certo che l’Alta Corte Irlandese rinvii il caso alla Corte di Giustizia Europea, poiché gli avvocati di entrambe le parti sono stati invitati a concordare le domande su cui la Corte si pronuncerà. La Commissione stessa dovrà rispondere, spiegando per quale motivo ha ritenuto di estendere i propri poteri delegati ai prodotti esentati dalla legislazione originaria.

Il giudice dell’Alta Corte Cian Ferriter ha affermato che esistono argomenti fondati per invalidare la Direttiva della Commissione, la quale ha proibito “una categoria di prodotti del tabacco nuova sul mercato, che non esisteva al momento della promulgazione della Direttiva sui prodotti del tabacco nel 2014 e che non era stata oggetto di valutazioni politiche e sanitarie distinte”. Lo stesso ha sottolineato come ciò “abbia comportato una scelta politica che era possibile solo per il legislatore dell'UE e non per la Commissione”.

Quella portata all’attenzione dell’Alta Corte Irlandese non è la prima obiezione relativa alla Direttiva. Quattro Stati membri dell’Unione Europea, tra cui l'Italia, avevano infatti già sollevato un'obiezione congiunta nel 2022, anno di adozione della Direttiva, sostenendo che essa contenesse “elementi essenziali riservati ai legislatori europei” e che dunque la Commissione stava “superando i limiti dei poteri delegati che le sono stati conferiti” mettendo “a dura prova l'equilibrio istituzionale, creando incertezza giuridica e difficoltà concrete per tutte le parti coinvolte”.

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