Pnrr, Draghi s'impantana sui bandi green: dopo Colao primi guai per Cingolani

Il ministro del MITE dovrà risolvere più di una grana con gli avvisi pubblici legati all’ammodernamento e all’efficienza di raccolta e riciclo rifiuti

di Ulisse Spinnato Vega
Roberto Cingolani  Mario Draghi 
Economia
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Transizione ecologica, economia circolare e rifiuti urbani: i nodi green del Pnrr da sciogliere 

Ancora rogne per il governo nella roadmap di messa a terra degli investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza. E ancora problemi per i supertecnici chiamati da Mario Draghi a far parte del suo esecutivo proprio con l’obiettivo di imprimere da subito un ritmo di marcia spedito ai progetti del Recovery.

Dopo i grattacapi che hanno rovinato il sonno al ministro all’Innovazione tecnologica Vittorio Colao e il flop della prima gara sulla banda larga nelle isole minori, stavolta è il suo collega alla Transizione ecologica, Roberto Cingolani, a dover risolvere più di una grana con gli avvisi pubblici legati all’ammodernamento e all’efficienza della raccolta e del riciclo dei rifiuti.

Il riferimento nel Pnrr è alla Missione 2 (transizione ecologica) Componente 1 (quella che include anche l’economia circolare), sia sui bandi che riguardano le tre linee di intervento afferenti all’investimento 1.1 del Recovery (rifiuti urbani, rifiuti urbani scaturiti da raccolta differenziata e rifiuti che derivano da assorbenti ad uso personale, fanghi da acque reflue, scarti di pelletterie e tessili) sia soprattutto sui quattro avvisi che fanno capo all’investimento 1.2: impianti per raccolta e riciclo dei rifiuti Raee, della plastica, delle frazioni tessili in ottica sistemica e della filiera di carta e cartone.

Proprio in merito a quest’ultimo bando, le aziende del settore hanno pensato bene di prendere carta e penna e scrivere agli uffici di Cingolani, mettendo in conoscenza il premier Draghi e l’Antitrust. Unirima, l’Unione nazionale delle imprese recupero e riciclo maceri, ha infatti paventato che l’avviso potrebbe andare deserto e trasformarsi in un altro flop per il governo a causa di una “interpretazione adottata dal Mite” che “appare irragionevolmente restrittiva” per l’ammissibilità “degli investimenti in progetti di economia circolare” sulla carta e sul cartone rispetto al Regolamento Generale di Esenzione per Categoria (Gber) della Ue, che in pratica semplifica le procedure per la concessione degli aiuti di Stato quando questi ultimi perseguono importanti interessi dell’Unione, come la tutela ambientale.

Secondo Unirima, “contrariamente allo spirito del Pnrr e alla normativa che disciplina gli aiuti di Stato per il riciclaggio di rifiuti, in cui non viene richiesto che il finanziamento sia da destinare allo sviluppo di ‘tecnologie nuove e innovative’, l’interpretazione restrittiva” adottata dal ministero di Cingolani “impone oneri progettuali eccessivi in capo agli operatori economici e acuisce a dismisura il divario in termini partecipativi tra le imprese che partecipano alle diverse linee di investimento dei bandi, in violazione delle regole della concorrenza”.

In pratica, lamentano le imprese della filiera, “l’interpretazione avallata dal Mite appare sconfessata da una lettura dell’art. 47, co. 7 del Regolamento Gber nelle altre versioni linguistiche”, ad esempio in inglese o in francese, nelle quali “compare il riferimento al concetto di miglioramento o migliore efficienza dell’attività di riciclaggio” e “non sarebbe necessario il superamento del processo tradizionale”. Anche perché, osserva tra le altre cose Unirima, il bando non contiene alcun parametro che individui cosa sia un processo tradizionale e, dunque, mancano i criteri per stabilire quando esso possa dirsi superato da una innovazione tecnologica.

Morale? Gli imprenditori del riciclo carta, che hanno raggiunto con 10 anni di anticipo gli standard fissati dall’Ue, chiedono a Draghi di intervenire, perché “il rischio è che i bandi per la realizzazione di progetti faro finalizzati per l’economia circolare vadano deserti”, mentre invece bisogna, a loro avviso, ammettere tutte quelle iniziative che “garantiscono una migliore efficienza dell’attività di riciclaggio, ed evitare di richiedere sforzi irraggiungibili a livello tecnologico”.

Secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it, Unirima punta alla proroga per il bando di almeno un mese rispetto alla scadenza ormai vicinissima del 14 febbraio. In effetti, sono appena 22 le domande finora presentate per il recupero di carta e cartone, secondo i dati Invitalia che coadiuva il ministero nella gestione delle istruttorie. E si ritiene peraltro che possano essere comprese molte cartiere, mentre pochi progetti riguarderebbero gli impianti veri e propri.

Se invece i criteri fossero allentati e resi coerenti con le norme europee, si stima che le candidature potrebbero arrivare a quota 600. In ballo, va detto, c’è un contributo per iniziativa che arriva fino al 35% dei costi ammissibili e che può essere aumentato del 20% per le piccole imprese e del 10% per le medie, mentre le risorse totali del Pnrr per i progetti faro di economia circolare sono pari a 600 milioni.

Fondi che in realtà arrivano a 2,1 miliardi se si considerano entrambe le linee di investimento, la 1.1 e la 1.2. Ma i problemi non riguardano solo carta e cartone. A inizio febbraio, sempre secondo Invitalia, erano state presentate 548 domande in relazione agli avvisi del ministero della Transizione ecologica, tuttavia poche prevedono la realizzazione di nuovi impianti e soprattutto rischia di non venir rispettato il fatidico vincolo 60-40 per la ripartizione delle risorse tra Centro-Sud e Nord.

Altro nodo critico, questo, per il Pnrr e ancora una volta per i tecnici di Mario Draghi, se si considera che l’Ufficio parlamentare di bilancio ha messo nel mirino il ricco bando da 3 miliardi del ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, per la realizzazione di asili nido e scuole per l’infanzia.

Secondo l’autorità indipendente, infatti, non hanno “alcun apparente fondamento” e sono del tutto “discrezionali” i criteri adottati per rispettare il paletto del 40% dei fondi al Meridione, con particolari penalizzazioni per Campania e Sicilia. Insomma, il governo sarà anche ‘dei migliori’, ma buona parte del Recovery non sta partendo sotto i migliori auspici.

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