Poke e sushi amari per Goodeat Italia, il Covid azzoppa i conti di Nima
Energia e consegne porta a porta: gli effetti della pandemia si fanno (ancora) sentire sui conti della catena nota col marchio "Nima Sushi” e “Pokèria by Nima”
Goodeat Italia in crisi, l'azienda finisce in concordato preventivo: i numeri
Poke e sushi amari per Goodeat Italia, la catena di locali di cucina giapponese col marchio “Nima Sushi” e di “Pokèria by Nima” specializzata nel poke hawaiano, presente in Italia con 21 ristoranti fondata nel 2018 da Nicolò Caparra (che ne è presidente) e Marco Perego. Qualche giorno fa, infatti, Guendalina Pascal giudice delegato del tribunale di Milano ha ammesso l’azienda al concordato preventivo con continuità aziendale nominando Micaela Cecca quale commissario.
Il tribunale nel suo decreto svela il futuro del gruppo citando come “assuntore” dell’attivo patrimoniale di Goodeat Italia, pari a 3,5 milioni, la Investfood srl. Questa è una newco costituita poche settimane fa a Milano davanti al notaio Isabella Nardi la cui proprietà per il 50% è schermata da una fiduciaria mentre il restante 50% è della Mega Holding di Marco Boroli che in tandem con Eagle Capital Ventures è già investitore in alcune realtà del food (la pasticceria “Martesana”, i locali sushi a marchio “This is not a sushi Bar” e i gelati “Remeo”).
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Il concordato è stato chiesto perché come ha recentemente verbalizzato il consigliere e socio Salvatore Patanè la società “versa in stato di crisi, non disponendo di risorse sufficienti a pagare regolarmente i propri creditori”. Il ricorso per la procedura presentato al tribunale e scritto dagli avvocati dello studio Advant Nctm spiega che la crisi è iniziata con la pandemia durante la quale i punti vendita hanno potuto operare solo con la consegna a domicilio, cui si sono poi aggiunti i rincari dell’energia e delle materie prime e la minore propensione al consumo delle famiglie.
Goodeat Italia, il cui advisor finanziario è lo studio milanese La Croce, nel 2021 ha fatturato 11,4 milioni di euro e a febbraio dell’anno scorso ha emesso un minibond di 1,5 milioni, sottoscritto interamente da UniCredit, con la garanzia di Mediocredito Centrale, attraverso il Fondo di Garanzia per le Pmi, gestito per conto dell’allora Ministero dello Sviluppo Economico, oggi Mimit.