Spread in ripresa e tassi alle stelle: ma per ora il governo non rischia
Nel 2011 Berlusconi venne rovesciato a colpi di spread. Oggi il problema non si pone, ma ci sono dei campanelli d'allarme che iniziano a suonare
I tassi sono ai massimi dal 2011: il governo si preoccupa
Non è tanto lo spread che dovrebbe allarmare il governo. A far tremare le vene al Mef e a far temere che ci si stia avviando a passo rapido verso un autunno caldissimo dovrebbe essere il rendimento dei titoli di Stato. L’asta appena chiusa oggi, che ha collocato 6,5 miliardi di titoli a scadenza semestrale ha fatto registrare un rendimento di poco inferiore al 4%, ai massimi dal 2011. E l’anno dovrebbe far suonare un campanello d’allarme bello grosso perché fu quello, terribile, che portò alla famosa crisi del debito sovrano con il tracollo dell’allora governo Berlusconi e l’arrivo di quello che doveva essere – e non fu – il salvifico Mario Monti.
Ora siamo di nuovo a quel punto? No. O almeno, non ancora. Nell’autunno del 2011 lo spread arrivò a 574, il rendimento del titolo decennale sul mercato secondario era del 7,7%. Germania e Francia cannoneggiavano con arroganza l’Italia – chi non ricorda le risatine tra Angela Merkel e Nicolas Sarkozy alla domanda “avete fiducia nel governo Berlusconi?” – e chiedevano riforme e pareggio di bilancio entro il 2014. Il presidente Napolitano nominava senatore a vita Mario Monti poco prima di consegnargli l’incarico di premier e di dare il via a uno dei periodi più bui, recessivi, complessi della storia recente italiana. Culminati con la famosa conferenza stampa in cui Elsa Fornero, annunciando misure draconiane sulle pensioni, scoppiò in lacrime.
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Non ci sono analoghe avvisaglie, per ora. Il Covid ha ridotto la rigidità europea in materia di disciplina di bilancio e oggi la spesa pubblica non è più sempre e comunque “sbagliata”. E soprattutto la Germania ha smesso di essere la locomotiva d’Europa e oggi giace malata con un previsione di recessione per il 2023 secondo i dati della Commissione. La Francia, dal canto suo, non può guardare con simpatia all’Italia visto che il principale alleato di governo di Giorgia Meloni chiama al raduno di Pontida Marine Le Pen, arcinemica di Emmanuel Macron.
Senza contare che in quegli anni il sistema dell’Euro venne messo a dura prova dalla crisi greca, con Atene che nel 2011 dovette chiedere 130 miliardi di aiuti dalla cosiddetta troika per evitare il default. Un raro esempio di macelleria sociale in cui si decise, scientemente, di “farla pagare” alla Grecia costringendola a tagli draconiani alle pensioni e agli stipendi e a vendere interi pezzi dei loro asset più pregiati, a partire dal porto del Pireo. Ora sembra che i falchi europei siano stati rintuzzati da un Covid che ha mostrato come solo con l’Europa unita si possono superare le difficoltà.
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Ci sono però due brutte notizie per l’economia italiana per cui guardare al 2011 con un pizzico di preoccupazione in più. In primo luogo: il 9 novembre 2011, mentre lo spread schizzava alle stelle, il costo del denaro veniva ridotto dalla Bce all’1,25%. Tra l’altro, il 1° novembre sempre di quell’anno arrivava a Francoforte un certo Mario Draghi, che di lì a poco avrebbe sfoderato il suo bazooka al grido di “whatever it takes”. Oggi invece i tassi sono saliti ulteriormente al 4,5% e – altra brutta notizia - secondo Confindustria, la quota di imprese industriali che ottiene credito solo a condizioni più onerose è cresciuta al 42,9% (da 7,3% un anno prima).
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Al momento, dunque, sarebbe improprio parlare di un disegno per rovesciare la Meloni, magari aggrappandosi allo spread in crescita. Perché quando i Cinque Stelle salirono al governo insieme alla Lega il differenziale con i titoli di stato tedeschi era sopra quota 300. Però attenzione: il costo di tassi sempre più alti potrebbe tagliare le gambe all’Italia. Lo stesso ministro Giorgetti ha parlato di un rialzo dei tassi che costerà all’Italia 14 miliardi in meno per la manovra. Insomma: lo scenario è complesso, il governo è in trincea ma, almeno per ora, nessuno sembra volerlo rovesciare. Due ultimi segnali da non trascurare: il primo, come detto sempre dal ministro Giorgetti, è qualche fibrillazione di troppo sui mercati, con Piazza Affari che continua a calare. Il secondo è più sottile: fonti ad altissimi livelli sentite da Affaritaliani.it hanno mostrato come la luna di miele con i poteri forti della finanza – che pure avevano dato grande credito alla Meloni – stia ormai calando. E questo non è un bel segnale.