Manovra, coerenza e realismo senza tanti fronzoli. L'analisi

Aiuti alle famiglie, alcuni primi tagli fiscali, interventi sui redditi e una dimostrazione di attenzione ai conti pubblici, ben accolta dai mercati finanziari

di Vincenzo Caccioppoli
Giorgetti e Meloni
Economia

Manovra, coerenza e realismo senza fronzoli. L'analisi

Forse, come dice il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, uomo ombra della premier, Giovanbattista Fazzolari, il fatto che sulla manovra si siano espressi in maniera critica, sia sindacati che Confindustria, è un chiaro segnale che il governo abbia agito in maniera equilibrata. Ma a parte le battute, analizzando la manovra appena giunta in Commissione Bilancio, quello che certamente si può sottolineare è l'impegno profuso per arrivare ad ottenere il massimo possibile ( sempre chiaramente in base ai programmi e alle idee politiche di questa maggioranza), con le poche risorse a disposizione.

Perché, senza che questo certo debba diventare un alibi o una giustificazione, è certamente indubbio che il governo Meloni si sia insediato in uno dei momenti peggiori della nostra storia moderna, sia a livello geopolitico che economico. Nella scorsa finanziaria, a poche settimane dall'insediamento, il governo Meloni ha dovuto giocoforza destinare ben ¾ (21 miliardi di euro su 35) dell'intera manovra agli aiuti per il caro bollette, vera emergenza dello scorso anno, a causa dello scoppio del conflitto in Ucraina.

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Per il resto, si è cercato di calibrare le risorse sul taglio delle tasse, con riduzione del cuneo fiscale, allargamento della flat tax ad autonomi, interventi sulle famiglie con rimodulazione di alcuni bonus, e cancellazione graduale del reddito di cittadinanza oltre ad un deciso intervento sul superbonus. Insomma interventi quasi obbligati dalla congiuntura e dalla necessità di seguire quello che era stato il programma della coalizione risultata vincitrice alle elezioni. 

Un misto di coerenza e realismo, che ha portato aiuti alle famiglie, alcuni primi tagli fiscali, interventi sui redditi e allo stesso tempo una dimostrazione di attenzione ai conti pubblici, che certamente ha avuto il riconoscimento dei mercati finanziari (la borsa in un anno ha guadagnato il 30% e lo spread è rimasto a lungo sotto i 200 punti base). A un anno di distanza, questa nuova manovra deve scontare una situazione geopolitica, forse ancora più complicata, per l’apertura di un nuovo fronte in medio oriente, che rischia di determinare un ulteriore peggioramento della situazione economica e un rialzo del prezzo delle materie prime.

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Il governo, poi, come dicevamo, ha dovuto fare i conti (ma quella purtroppo non è una novità da decenni) con risorse a disposizione limitatissime. Ed è per questo che la premier e Giorgetti (con la partecipazione dell’ormai onnipresente Fazzolari, da poco nominato anche responsabile della comunicazione istituzionale) hanno lavorato di cesello, per arrivare ad un testo che potesse avere, con piccolissime modifiche, l’avallo di tutti i leader della maggioranza, smentendo ancora una volta chi vede una maggioranza divisa e litigiosa. Come chiesto dalla premier e dal ministro dell’economia, infatti, la maggioranza non presenterà emendamenti, e non darà quindi avvio a quella insopportabile liturgia dell’assalto alla diligenza, per ottenere strapuntini utili solo per accrescere il consenso presso i collegi elettorali dei vari parlamentari. Certo questo ha certamente provocato qualche malumore sia in Forza Italia che soprattutto nella Lega, ma questa volta pare davvero aver prevalso l’interesse nazionale su quello particolare.

La necessità di non avere emendamenti, scelta comunque certamente ben ponderata e sofferta, perché svilisce quello che è il del ruolo del parlamento, è stata presa, probabilmente, non solo per non rischiare di stravolgere eccessivamente l’ossatura della finanziaria, come troppe volte accaduto in passato, ma anche per snellire i lavori ed arrivare il prima possibile alla sua approvazione.

La data segnata col circoletto rosso è quella del 17 novembre, quando l’agenzia di rating Moody’s, esprimerà il suo giudizio sul debito pubblico italiano. Proprio il testo della manovra e la velocità con cui è stato trovato un accordo ha determinato una positiva reazione dei mercati finanziari internazionali. Sono state chiuse  tutte le posizioni corti sui bond italiani, che hanno recuperato velocemente terreno, restringendo lo spread a 190 punti base e i rendimenti dei decennali si sono ridotti ulteriormente, mantenendosi ben lontani dalla pericolosa soglia dei 5 punti percentuali.

Ma il fatto che le stesse opposizioni abbiano attaccato la manovra su provvedimenti tutto sommato non cosi impattanti, come quello dell'aumento dell'iva sui prodotti della prima infanzia (che in realtà e una mezza verità, perché in questo caso non viene confermato il taglio dell'iva sui prodotti per la prima infanzia essendo assorbito da aumenti di prezzo. La misura non ha funzionato e quindi è stata abolita, le risorse impegnate per quella misura sono state utilizzate per finanziare il pacchetto famiglia di questa manovra che vale un ulteriore miliardo di euro) o sulla presenza di una inesistente patrimoniale, come ha sostenuto Giuseppe Conte.

Unico intervento sulla casa, come ha spiegato benissimo il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari, riguarda, infatti,  l'aumento della cedolare secca sugli affitti brevi per chi possiede più di una casa. La cedolare secca vuol dire pagare il 21% a prescindere dal reddito ed è stata introdotta dal 2011 da Silvio Berlusconi che aveva applicato la cedolare secca agli affitti a lungo termine ma non li aveva previsti per gli affitti brevi. Gentiloni nel 2017 ha invece esteso la cedolare secca anche agli affitti brevi e allora facciamoci una domanda: è di destra equiparare l'affitto di una casa a famiglie e studenti, all'affitto di una casa a dei turisti?

Sul tema nessun compromesso: perché dentro il centrodestra, grazie al cielo, abbiamo la stessa visione, si è detto la cedolare secca al 21% rimane anche per gli affitti brevi per la prima casa, ma se uno ne ha uno, due, tre, quattro, allora può usufruire dei mille canali che già esistono per esempio affittacamere bed&breakfast eccetera oppure continuare a farlo al 26%" queste le parole di Fazzolari. Viene poi confermato il taglio al cuneo fiscale, misura a cui la premier tiene tantissimo e che ha fatto di tutto per mantenere anche in questa difficilissima congiuntura. 

Infine il capitolo pensioni, che tante discussioni e polemiche, spesso anche create ad arte, sta creando in questi giorni. Il tema è certamente caldo, anche perché da sempre, il tema è diventato una sorta di totem per la Lega di Salvini, che ha comunque dovuto abbozzare su un compromesso, che pare il massimo che si potesse concedere in una simile contingenza . Alcuni sostengono però, che con gli interventi in finanziaria, i millenials andrebbero in pensione solo a 71 anni e che alcune pensioni, soprattutto per gli statali, sarebbero ridotte, ma siamo di nuovo nel campo della realtà leggermente distorta. La pensione a 71 anni è in realtà una norma che esisteva già dalla famosa riforma così bistrattata della professoressa Elsa Fornero, sotto il governo Monti, che il nuovo esecutivo di Giorgia Meloni ha invece corretto una anomalia presente appunto nella norma precedente. "Facciamo un esempio: hai lavorato per una vita, ma purtroppo hai messo via pochi contributi, e quindi se la tua pensione sarebbe di 700 euro? Non te la do e ti devi accontentare di 500 euro. Cioè è stato introdotto con la legge Fornero un meccanismo che in sostanza toglie ai poveri per dare ai meno poveri. Questa cosa noi l'abbiamo tolta con questa legge di bilancio e quindi a 67 anni chi è nel sistema contributivo avrà diritto a prendersi la propria pensione" spiega ancora Fazzolari. Infine ci sono un po' di soldi sulla sanità ( 3 miliardi circa) che come detto dall’assessore alla sanita dell’Emilia Romagna, Raffaele Donini, “rappresenta un primo passo nella giusta direzione”.

Si vedrà ora quello che sarà il giudizio dell'agenzia di rating, prima il 10 Standard & Poor e poi appunto quello attesissimo di Moody’s una settimana dopo. Con questo non si può certo dire che il ministro dell’economia e la premier hanno pensato più a questo che all’interesse dei cittadini, ma certamente hanno capito che ormai in questa fase storica occorre essere realisti, in politica internazionale ( ed in questo la Meloni si sta muovendo benissimo) che in quella economica, che poi, forse mai come adesso, sono strettamente intrecciate l’una con l’altra.

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