Bomba a San Pietroburgo, morto il blogger Tatarsky: confessa una donna

I servizi di sicurezza russi hanno fermato Darya Trepova: la donna di 26 anni è accusata dell'attentato nel quale è rimasto ucciso il corrispondente

di Redazione Esteri
Attentatrice di San Pietroburgo
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Guerra Ucraina, confessa l'attentatrice di San Pietroburgo Darya Trepova: "Ho portato io l'esplosivo che ha uccido Tatarsky"

Darya Trepova, 26 anni, la donna fermata questa mattina dal Comitato investigativo, ha ammesso di aver portato un busto contenente esplosivo al blogger Vladlen Tatarsky, rimasto ucciso nella giornata di ieri all'interno di un caffè di San Pietroburgo. La ragazza lo ha detto in un video pubblicato dall’ufficio stampa del ministero degli Esteri russo, come riporta l’agenzia Tass: “Ho fatto entrare di nascosto una statua, che è esplosa”, dice Trepova. Inoltre, quando le è stato chiesto per cosa fosse stata trattenuta, Trepova ha risposto: “Trattenuta, direi, per essere stata sulla scena dell’omicidio di Vladlen Tatarsky”.

Il ministero degli Affari interni della Russia ha pubblicato il filmato in cui viene interrogata. Nel frattempo il numero delle persone rimaste ferite è salito a 32, di cui 10 in gravi condizioni. Lo ha riferito il servizio stampa del ministero della Salute russo.

Il video della confessione 

"La condizione di dieci vittime è valutata grave, 16 in uno stato di moderata gravità, di cui una ragazza di 30 anni, cinque persone sono in condizioni soddisfacenti", afferma una nota del ministero.L'assassinio del blogger militare ultranazionalista russo Maksim Fomin, alias Vladlen Tatarsky, in un bar di proprietà di Yevgeny Prigozhin, capo del gruppo Wagner, a San Pietroburgo potrebbe rivelare ulteriori fratture all'interno del Cremlino e della sua cerchia ristretta. Lo scrive nel suo ultimo report il think tank statunitense Isw (Institute for the study of the war). Gli analisti dell'Isw definiscono 'strana' la dichiarazione di Prigozhin il quale ha detto che non avrebbe "incolpato il regime di Kiev" per la morte di Fomin e di Daria Dugina (assassinata in agosto) indicando come responsabile un gruppo di radicali russi.

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