Chi è Alexander Lukashenko, il "garante" bielorusso di Prighozin

Dall'Armata Rossa a capo del partito "Comunisti per la Democrazia" fino all'elezione del 1994 come premier della Bielorussia: ecco chi è Lukashenko

Di Giuseppe Vatinno
Esteri

L'amicizia tra Putin e Lukashenko è sempre più solida. Analisi 

Da ieri Beppe Grillo non è più da solo nel suo ruolo di garante dei Cinque Stelle, ora ha un temibile concorrente in Alexander Lukashenko che è il garante di Putin nei confronti di Prighozin in questa strana storia russa. Infatti la brigata mercenaria Wagner ha preso la strada di Kiev, in Bielorussia, dove governa l’ultimo satrapo sovietico, Alexander Lukashenko.

Ma chi è il leader della Bielorussia e fedele amico di Putin? Nasce nel 1954 a Kopyś, un distretto della Bielorussia facente parte della regione di Vicebsk, nella parte settentrionale del Paese. Comunista, si laurea in Economia ed entra nell’Armata Rossa nel 1975, in piena Guerra Fredda. Vi rimane fino al 1982, con qualche interruzione. Nel 1985 è eletto direttore di una fattoria di Stato, una delle tante che martoriavano in Paese in nome del comunismo staliniano e che nel 1932 portò in Ucraina alla carestia che provocò milioni di vittime. Tuttavia Lukashenko continua a studiare e nel 1985 si laurea in Agricoltura, visto che l’Ucraina viene definita “il granaio d’Europa”.

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A 36 anni compie il grande salto e viene eletto nel Soviet Bielorusso a capo del partito da lui stesso fondato, “Comunisti per la Democrazia”. Siamo nel 1990, alle battute finali dell’impero sovietico che sarebbe caduto nel dicembre del 1991 causa manovre spericolate di Michail Gorbaciov. In seguito dirà di esser estato l’unico a votare contro lo scioglimento dell’URSS e alla formazione della Comunità di Stati Indipendenti, la CSI che ha sede proprio a Minsk, la capitale della Bielorussia. Ma occorre attendere il 1994 per la sua definitiva consacrazione politica con l’elezione a primo Presidente democraticamente eletto in Bielorussia.

Il suo programma politico, coerentemente con il partito da lui fondato, era mirato a limitare le privatizzazioni. In effetti il suo esecutivo si caratterizzò per misure di controllo dei prezzi e dell’inflazione dilagante, raddoppiò il minimo salariale e cercò di proteggere i bielorussi dall’impatto con il libero mercato che stava assumendo in quel tempo nell’ex URSS l’aspetto di una sorta di turbocapitalismo senza regole che portò poi alla nascita degli oligarchi.

La totale dipendenza dalla Russia per gas ed elettricità costrinse Lukashenko a creare un solido patto economico con Mosca. Nel 1996 organizzò un referendum –contestato da Usa e Ue- il cui estese la durata del mandato presidenziale da 5 a 7 anni. Da allora il suo processo di “radicalizzazione” fu costante. Nel 1998 espulse molti ambasciatori occidentali, tra cui il nostro. Poi utilizzò l’espediente di allungarsi il primo mandato che doveva scadere nel 1999 e proseguì per altri due anni, fino al 2001. Il suo programma politico contrastava l’espansione NATO e prevedeva un rapporto sempre più intenso con la Russia.

Nel 2004, come nel film di Woody Allen, “Il dittatore dello Stato libero di Bananas”, annunciò un referendum che aboliva i limiti al mandato presidenziale e così fu rieletto nel 2006. Viene rieletto nel 2010 e nel 2015 e nel 2020. L’ultima elezione non venne riconosciuta dal Parlamento di UE, UK e Canada.

In questo momento l’amicizia tra Lukashenko e Putin è molto solida e il patto Mosca e Kiev strettissimo. Ora il leader Bielorusso sarà il garante di Putin nei confronti di Lukashenko, ma i precedenti dovrebbero consigliare al capo della Wagner di fare molta attenzione e di rinunciare ad inviti in cui vengano serviti thè e pasticcini.

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