Cina, Xi presidente per la terza volta. 2 mantra da qui al 2027: chip e Taiwan
Ora è ufficiale: Xi confermato leader in modo unanime. Ma la nomina non è tutto: le riforme gli consegnano un Partito e uno Stato a sua immagine
Xi Jinping eletto presidente per la terza volta in modo unanime
Voto unanime. Xi Jinping resta presidente della Repubblica popolare cinese per la terza volta consecutiva. E come era accaduto nel 2018, in occasione del suo secondo mandato, all'Assemblea nazionale del popolo hanno votato tutti a suo favore. 2952 voti a favore e zero contro durante la terza sessione plenaria dell'organo legislativo cinese chiamato a confermare la nomina di Xi, che lo scorso ottobre aveva già ricevuto la conferma a segretario generale del Partito comunista. Un passaggio scontato, quello odierno, ma oltre al risultato finale contano anche le modalità in cui questo avviene. E le modalità dicono che il Partito e lo Stato cinesi sono sempre più compatti intorno al leader. Partito e Stato sono sempre più una cosa sola.
Xi è stato, come previsto, confermato anche per la terza volta alla guida della Commissione militare centrale. In tal modo ricopre per la terza volta tutte e tre le cariche politiche apicali nello stesso momento, come non accadeva dai tempi di Mao Zedong. Quantomeno ufficialmente, visto che Deng Xiaoping continò a lungo a guidare la Cina pur da altre posizioni e con un sistema di governo più collegiale. Ecco, è proprio questa la grande differenza che emerge dai due cruciali appuntamenti della vita politica cinese che si sono svolti nella Grande Sala del Popolo di Pechino nel giro degli ultimi 4 mesi e mezzo: il sistema di governo è meno collegiale e più accentrato.
La parabola di Xi Jinping, artefice del "sogno cinese"
E dire che l'ascesa di Xi era iniziata in modo molto avventuroso, così come la sua intera esperienza politica. Dopo sei anni passati a lavorare nelle campagne in gioventù durante gli anni della Rivoluzione culturale di Mao, Xi costruisce la sua lunga e inesorabile ascesa ai vertici del partito. Una volta arrivato ai vertici, ripropone una vasta campagna anticorruzione sul modello di quella che aveva condotto nella provincia dello Zhejiang. Cementa la presa all'interno, ma proietta anche la Cina verso l'esterno. Lancia subito la Belt and Road Inititiative, chiamata comunemente Via della Seta, un progetto colossale che connette la Cina a decine e decine di paesi in ogni parte del mondo.
Dopo la rimozione del vincolo dei due mandati presidenziali votata nel 2018, Xi e il Partito hanno però in qualche modo rimodulato la loro postura. Cinque anni fa sembrava che l'ipotetico disconoscimento del celeberrimo principio di Deng Xiaoping, "nascondi le tue ambizioni", potesse essere dettato da una proiezione semi imperiale. Ora sembra più impellente la necessità di "mettersi in sicurezza". Pechino si percepisce, o quantomeno si racconta, come sotto minaccia di una manovra "repressiva" da parte dell'occidente, guidata dagli Stati Uniti.
Il cambio di paragidma in politica estera
Ed ecco allora il discorso dei giorni scorsi di Xi davanti alla Conferenza politica consultiva del popolo, che parzialmente ribalta il principio enunciato da Deng. "Osserviamo con calma, manteniamo le posizioni, affrontiamo le cose con calma, nascondiamo i punti di forza e aspettiamo il nostro tempo, nascondiamo le nostre debolezze e non rivendiciamo mai il comando", diceva Deng. Xi risponde ora con: "Manteniamo la calma e la determinazione, progrediamo nella stabilità, raggiungiamo proattivamente gli obiettivi, stiamo uniti e osiamo combattere".
Il cambio di prospettiva appare chiaro. Mentre fino a qualche tempo fa la Cina poteva permettersi di restare in attesa giocando lontana dalle luci dei riflettori per approfittare di una traiettoria favorevole, ora deve agire più allo scoperto per perseguire i propri obiettivi. Tutto in linea con quanto emerso dal XX Congresso, quando le "opportunità strategiche" prefigurate da Jiang Zemin hanno lasciato soprattutto spazio alle "sfide" e "acque tempestose" prefigurate da Xi.
Gli obiettivi di Xi per il terzo mandato
Ma quali sono gli obiettivi primari da raggiungere? Il più impellenete sembra essere quello dell'autosufficienza tecnologica. L'aumento in proporzione più deciso annunciato durante il discorso di Li Keqiang in apertura dell'Assemblea nazionale del popolo, è quello relativo ai finanziamenti speciali a sostegno dello sviluppo dei semiconduttori e di altre industrie strategiche. Se il budget militare cresce del 7,2% nel 2023, i fondi per microchip aumenteranno di quasi del 50% fino a 1,9 miliardi di dollari. E si tratta solo dei fondi speciali. Secondo Reuters, è in arrivo un super pacchetto di investimenti da 143 miliardi di dollari da dedicare al settore. Un'enormità.
Il motivo va ricercato nelle sempre più ampie restrizioni applicate dagli Stati Uniti all'esportazione di tecnologia avanzata verso la Repubblica Popolare. Una stretta iniziata già durante il tramonto dell'amministrazione Trump con il ban su Huawei, ma continuata e anzi inasprita da Joe Biden. Coinvolti una serie di settori. Ma se sull'intelligenza artificiale Pechino può già contare su un ecosistema molto avanzato, tanto che in alcune applicazioni parrebbe aver già raggiunto o persino sorpassato Washington, esiste un punto debole preso per questo ancora più di mira dalla Casa Bianca: i semiconduttori.
Obiettivo che si collega al secondo tema che pare destinato a rappresentare una delle priorità del terzo mandato di Xi: Taiwan. A Taiwan infatti si fabbrica e assembla oltre il 60% dei semiconduttori mondiali, percentuale che sale al 90% per quelli di tecnologia più avanzata. E su Taiwan le tensioni sono in netto aumento negli scorsi anni. Ancora di più negli ultimi 7 mesi, dopo il viaggio di Nancy Pelosi a Taipei e l'annunciato doppio scalo della presidente taiwanese Tsai Ing-wen negli Stati Uniti.
La riforma degli apparati di Partito e Stato
Non a caso, durante le "due sessioni" che hanno eletto Xi per la terza volta sono arrivate nuove norme che consentono l'approvazione delle leggi in "tempi di emergenza". Gli emendamenti proposti alla legge generale sull'organizzazione della macchina governativa e statale consentirebbero al Comitato permanente dell'Assemblea nazionale del popolo di mettere ai voti i progetti di legge dopo una sola lettura in caso di "emergenza", abbreviando un processo che di solito richiede mezzo anno o più.
La mossa potrebbe dunque garantire al Partito comunista e al governo cinese di poter gestire in maniera più rapida eventuali scenari di crisi. Lo stesso principio alla base della più ampia riforma che prevede la riorganizzazione dell'apparato statale con la creazione di agenzie governative e commissioni centrali per la gestione delle politiche finanziarie e nel settore di scienza e tecnologia. Nello specifico, la nuova Amministrazione nazionale di regolamentazione finanziaria (alle dipendenze del Consiglio di Stato, cioè il governo) sarà responsabile di tutti i tipi di politiche e attività finanziarie con esclusione del settore dei titoli. Incorporerà alcune mansioni della banca centrale, con possibile impatto sulle quotazioni delle aziende private. La volontà annunciata è quella di fissare regole più precise in linea con gli obiettivi di una crescita più stabile e con meno rischi come quelli corsi di recente sul settore immobiliare.
Ma alla base c'è sempre la necessità di prendere decisioni in maniera più rapida. Le acque del terzo mandato di Xi, d'altronde, si preannunciano tempestose.