Macron e Lula, ma anche Musk e Intel: tutti contro il decoupling con la Cina

I leader globali voltano le spalle agli Stati Uniti: nessuno vuole ridurre i rapporti commerciali e politici con Pechino

di Redazione Esteri
Emmanuel Macron,Ignacio Lula e Elon Musk
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I leader globali in processione in Cina

Emmanuel Macron prima, Luiz Inacio da Silva o semplicemente Lula poi. Ma anche Pat Gelsinger, l'amministratore delegato di Intel, colosso tecnologico statunitense e leader nel settore cruciale e strategico dei semiconduttori, ed Elon Musk. La parata di leader politici e commerciali in Cina prosegue, a dimostrazione plastica di un apparente e vasto rifiuto del disaccoppiamento economico perseguito dagli Stati Uniti, quantomeno sul fronte tecnologico.

Non a caso i media di stato cinesi celebrano la fitta agenda diplomatica di Xi Jinping, sostenendo che gli Stati Uniti sono un "lupo solitario" che si ritroverà a combattere da solo una nuova guerra fredda. A sostenere questa tesi vengono celebrate ancora le controverse parole di Macron sull'autonomia strategica dell'Unione europea da Stati Uniti e Nato, arrivate proprio dopo l'incontro con Xi a Pechino e Guangzhou.

Ora è la volta di Lula. Il presidente brasiliano è atterrato mercoledì sera all'aeroporto di Shanghai, dove è stato ricevuto da Dilma Rousseff. Il viaggio di Lula comincia proprio dalla cerimonia di insediamento della sua erede (e allo stesso tempo predecessora) alla presidenza della Nuova Banca di Sviluppo dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). Subito dopo, l'incontro con l'amministratore delegato di Byd, il colosso delle auto elettriche che dovrebbe comprare l'ex fabbrica Ford a Bahia. Lula visita poi uno showroom di Huawei, il gigante delle telecomunicazioni nel mirino degli Stati Uniti.

Poi il trasferimento a Pechino, dove domani incontrerà il premier Li Qiang e il presidente Xi Jinping. Il leader brasiliano ha più volte lodato l'iniziativa diplomatica di Xi sull'Ucraina e ha dichiarato che vuole creare un club della pace. La sua idea sarebbe la restituzione dei nuovi territori invasi, ma non della Crimea: un compromesso tra il cessate il fuoco cinese e il ritiro russo chiesto dall'occidente.

Ma il vero clou resta il business. Insieme a Lula ci sono 8 ministri, convinti a rilanciare i rapporti col principale partner commerciale dopo l'era di Jair Bolsonaro che aveva portato al congelamento di molti progetti. All'ordine del giorno l'adesione del Brasile alla Nuova via Della Seta, con la promessa di investimenti su ferrovie e impianti idroelettrici. Tra gli altri accordi previsti, un fondo per lo sviluppo sostenibile e la vendita di jet commerciali.

Nel frattempo, a fine marzo Brasile e Cina hanno annunciato un accordo che prevede l'abbandono del dollaro nel pagamento dei beni. Sulla stessa strada ha accelerato anche la Russia, per provare a schermarsi dalle sanzioni. Un antico progetto dei Brics, che già nel 2010 si propone di cambiare il sistema commerciale globale, riducendo la dipendenza dal dollaro statunitense e promuovendo scambi con le proprie monete nazionali.

Ma intanto in Cina è in corso anche una processione di leader di grandi aziende tecnologiche. Comprese quelle statunitensi, impegnate magari nei settori sui quali la Casa Bianca vorrebbe tagliare la Cina fuori dalla catena di approvvigionamento. Nei giorni scorso Pat Gelsinger, amministratore delegato di Intel, ha incontrato il ministro del Commercio cinese Wang Wentao. I due hanno discusso di catene di approvvigionamento sui microchip.

Secondo il portale specializzato The Register, Intel si sta preparando a vendere una nuova filiera di chip in Cina. La ristrutturazione del portafoglio per datacenter per il mercato cinese non sorprende, visto che il Regno di Mezzo è già un grande mercato per il gigante americano. La Cina rappresenta una fetta sostanziale del fatturato di Intel e, visto il decollo dei servizi da parte di provider cloud cinesi come Alibaba e Baidu, Intel potrebbe cercare di capitalizzare una fetta più grande di questo mercato.

Nei prossimi giorni dovrebbe arrivare anche Elon Musk. Il suo viaggio è stato anticipato dalla notizia che Tesla aprirà una fabbrica a Shanghai, in grado di produrre 10.000 prodotti energetici Megapack all'anno, per integrare la produzione della fabbrica Megapack in California. La casa automobilistica di Musk avvierà la costruzione dell'impianto nel terzo trimestre e la produzione nel secondo trimestre del 2024.

A complemento dell'enorme impianto esistente a Shanghai per la produzione di veicoli elettrici, la nuova fabbrica produrrà inizialmente 10.000 unità Megapack all'anno, pari a circa 40 gigawattora di accumulo di energia, da vendere a livello globale. Con il nuovo stabilimento di Shanghai, Tesla sfrutterà la catena di fornitura di batterie leader a livello mondiale in Cina per aumentare la produzione e abbassare i costi delle sue unità Megapack agli ioni di litio per soddisfare la crescente domanda di accumulo di energia a livello globale, man mano che il mondo si sposta verso l'utilizzo di più energia rinnovabile.

Insomma, la sensazione è che il decoupling immaginato dagli Usa, anche se in forma parziale, lo vogliano davvero in pochi.

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