Unione Europea, allargamento a Est: oltre i Balcani pure il giardino di Putin

Il 6 ottobre a Granada irrompe in agenda l'estensione del blocco. Non solo Serbia e Balcani, ma anche Ucraina, Moldavia e Georgia. Stavolta c'è l'ok di Macron

di Redazione Esteri
Macron, Von der Leyen e Meloni
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L'Ue guarda sempre più a Est: piano di allargamento per 9 nuovi Paesi

Non solo la Nato, anche l'Unione europea guarda sempre più a est. Effetto della guerra in Ucraina, che potrebbe dare la spinta decisiva all'allargamento del gruppo dei 27, che nonostante ne abbia parlato tanto negli ultimi anni non ha finora mai fatto il passo decisivo. Un passo che ora potrebbe persino farsi più lungo del previsto e andare ben oltre i Balcani, raggiungedo il tradizionale "giardino di casa" della Russia. Non solo l'Ucraina, ma anche Moldavia e Georgia. Due eventuali ingressi che molto probabilmente piacerebbero ben poco a Mosca.

Dal 2013, quando la Croazia è stata ammessa, il processo di allargamento sembrava ormai essere arrivato al limite. Era davvero impossibile fino a qualche tempo fa immaginare un allargamento sino alle porte del Caucaso. Ora non più. Il 6 ottobre i 27 leader nazionali dell'Ue si incontreranno nella città spagnola di Granada per definire il percorso di questo allargamento e riflettere su come funzionerebbe un'unione rimodellata. La strada verso l'adesione all'Ue potrebbe essere tracciata per un massimo di nove nuovi Paesi: tra cui Serbia, Albania, Macedonia del Nord, Montenegro, Bosnia Erzegovina oltre a Ucraina, Moldavia e forse Georgia.

L'adesione di questo drappello di paesi renderebbe di fatto l'Ue il più grande blocco economico del mondo, al pari degli Stati Uniti, ma richiederà profonde riforme del tipo che gli attuali aspiranti hanno finora evitato. Dal punto di vista dell'Ue, la trasformazione da un club di 27 membri oggi a forse 36 domani sarà possibile solo se i suoi meccanismi interni saranno rivisti. Ciò includerà la modifica dell'equilibrio di potere tra le istituzioni centrali del blocco e le sue capitali nazionali, ad esempio rendendo il club meno ostaggio dei capricci di un singolo Paese.

Maxi Ue a 36? Stavolta Macron dice di sì

Nel recente passato, è stato per esempio Emmanuel Macron a congelare il processo di allargamento ai Balcani, rallentando le velleità di tanti altri tra cui l'Italia, che vede tradizionalmente di buon occhio l'integrazione dei Paesi sull'altra sponda del mar Adriatico. Eppure, stavolta il vento sembra cambiato. E secondo il prestigioso settimanale britannico The Economist, potrebbe essere ipotizzata la data del 2030 per l'ingresso di nuovi Paesi.

Nel maggio 2022 Macron sembrava escludere la prospettiva che l'Ucraina diventasse un membro, affermando che ci sarebbero voluti "diversi decenni". Ora la Francia è diventata un inaspettato campione dell'allargamento. Altri membri attuali dell'Ue sono sempre stati più propensi all'idea. L'accordo di coalizione di governo della Germania, firmato nel 2021, la impegna ad accogliere i Balcani occidentali. Anche l'Europa centrale vuole l'adesione dell'Ucraina e di altri Paesi per motivi di sicurezza.

L'impresa resta tutt'altro che semplice. Basti pensare che tra due dei nove candidati, fino a qualche giorno fa c'era il timore potesse esplodere un conflitto, Serbia e Kosovo. Moldavia, Georgia e Ucraina hanno truppe russe sul loro territorio. La Bosnia è ancora dilaniata dalle tensioni etniche che hanno portato alla disgregazione della Jugoslavia negli anni Novanta. La situazione politica interna ad altri Paesi rende lo scenario molto fluido.

Visto il tradizionale rigore di Bruxelles, verrebbe difficile pensare all'eventuale successo del piano. Ma ora i Paesi membri si sentono forse più sotto minaccia di potenze esterne, in primis la Russia ma non solo. Portare dalla propria parte nuovi Paesi potrebbe alleviare qualche timore. Tanto da rivedere probabilmente qualche regola. A partire da quelle sul bilancio, per passare poi alle modalità decisionali. Attualmente la Commissione europea è composta da un membro di ciascun Paese. In un'unione a 36, sottolinea l'Economist, alcuni Paesi potrebbero dover rinunciare al diritto a un commissario.

E si potrebbe poi arrivare a quella che sarebbe una rivoluzione: le decisioni a maggioranza qualificata, eliminando i vari diritti di veto che spesso hanno bloccato le scelte dell'Ue.

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