Uss, dietro i traffici di petrolio c'è un oligarca del Cremlino
Secondo l'inchiesta americana a gestire i commerci illegali verso la Russia e la Cina c'è un fedelissimo di Vladimir Putin, Oleg Deripaska
Artem Uss e i suoi traffici illegali dall'Italia: per gli Usa dietro ci sarebbe l'oligarca russo Oleg Deripaska
Da alcuni giorni continua a tenere banco sulla scena politica italiana il caso di Artem Uss, l’imprenditore russo di 40 anni accusato di reati molto gravi che il 22 marzo scorso era evaso dagli arresti domiciliari a Milano. La vicenda è diventata un problema diplomatico per l’Italia, perché Uss era ricercato negli Stati Uniti ed era in attesa di essere estradato. La polemica riguarda la possibilità che ci siano state negligenze o errori di giudizio che potrebbero avere in qualche modo facilitato la fuga di Uss, e si stanno concentrando in particolar modo sulla decisione della procura di Milano di concedere all’imprenditore russo gli arresti domiciliari, anziché tenerlo in custodia cautelare in carcere.
Stando all’analisi che fa La Stampa, secondo le carte dell’inchiesta americana riassunte nell’atto d’accusa, Uss e il suo socio russo Yuri Orekhov utilizzavano la società NDA GmbH, di cui sono proprietari al 50% ciascuno, per spedire milioni di barili di petrolio dal Venezuela ad acquirenti in Russia e Cina, con la collaborazione di altri due imputati pregiudicati, Juan Fernando Serrano e Juan Carlos Soto, che mediavano gli accordi con la compagnia petrolifera statale venezuelana PDVSA, su cui gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni già nel 2019.
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Inoltre, nelle intercettazioni contenute nell’inchiesta americana, emerge che la società di Uss era a sua volta collegata a un gigante dell’alluminio di stato della Russia, una società che non viene nominata ma che sembra corrispondere a quella dell’oligarca Oleg Deripaska. Quest’ultimo non è un nome casuale, in quanto è uno dei più grandi oligarchi russi che media tra affari, Cremlino e, secondo diverse accuse americane, malavita russa e servizi, oltre che un fedelissimo di Vladimir Putin.
Nelle carte ufficiali, però, gli Usa non scrivono chi sia “l’Oligarca”. Ma sanno chi è, e ne tracciano un identikit davvero molto preciso. Sulla società dell’alluminio si legge che “è stata sottoposta a sanzioni statunitensi il 6 aprile 2018 e il 27 gennaio 2019”, cosa che coincide perfettamente con le due date in cui è stata sanzionata la società russa di alluminio Rusal.
Uss e Orekhov parlano invece apertamente dell’oligarca. Tuttavia, mentre i commerci illegali sono continuati anche dopo l’aggressione russa all’Ucraina, Orekhov avrebbe avuto dei dubbi sul continuare apertamente a trattare con la Russia. Il 30 marzo del 2022, discutendo apertamente dei loro affari illegali con la società di alluminio della Russia, Uss scrive a Orekhov: “Se dici seriamente… incontrerò [e Uss scrive le iniziali dell’oligarca] quando torno a Mosca… e gli comunicherò personalmente il tuo desiderio di saldare tutti i debiti… se non vuoi lavorare con la Russia ora e è davvero tossico, allora non ci lavorare. Seguirò da vicino questa vicenda”.
Ciò che ermerge dalle carte, dunque, è una gerarchia tra questi tre soggetti. E’ come se Orekhov riferisca a Uss, che a sua volta riferisce all’oligarca. Ciononostante, i traffici Uss-Orekhov proseguono, e Orekhov alla fine non si tira indietro affatto. Tra i reati imputati, non solo il contrabbando di petrolio verso la Russia e la Cina, ma anche la frode bancaria, il riciclaggio e il contrabbando di tecnologie militari dagli Stati Uniti verso la Russia. E tutto questo, Uss lo faceva dall’Italia, viaggiando spesso a Istanbul, mentre Orekhov operava dalla Germania.
Ma l’Italia figura anche nel caso del trader spagnolo Serrano, che secondo l’inchiesta americana si occupa di fornire i “portafogli” in criptomonete. Sempre stando alle ricostruzioni che ne fa La Stampa, Serrano ha una società che nei documenti americani non è nominata ma che risulta avere diverse sedi, tra cui Emirati Arabi, Spagna e Italia. Nel nostro Paese, a nome di Serrano risulta solo una Srl che fornisce servizi a Bergamo e che è stata messa in liquidazione. Per questo, conclude La Stampa, risulta “abbastanza difficile pensare che di tutte queste ricorrenze 'italiane', i poteri dello Stato italiano – che adesso fanno a scaricabarile sulla fuga di Artem Uss - non sapessero niente”.