ANBI: continua l'emergenza tra territori inariditi ed eventi meteo estremi
Vincenzi (ANBI): "Da Nord a Sud, l’ Italia dell’acqua continua ad evidenziare situazioni di criticità, in essere o potenziali, in una colpevole lentezza di risposte sistemiche"
ANBI, crisi idrica in Italia: continua l'emergenza diffusa da Nord a Sud tra cambiamenti climatici e risposte tardive
L'Italia continua a mostrare gravi criticità nella gestione delle risorse idriche, sia attuali che potenziali, evidenziando una preoccupante lentezza nell'adozione di risposte sistemiche. Questo denuncia Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI), sottolineando come il Paese non riesca ad abbracciare una cultura della prevenzione.
La situazione idrica appare preoccupante in Lombardia, dove, nonostante un aumento dell’indice SWE (Snow Water Equivalent) di oltre 387 milioni di metri cubi in soli sette giorni grazie alle recenti nevicate, le riserve idriche si attestano a 2140,3 milioni di metri cubi. Questo valore rappresenta solo il 72,4% della media stagionale ed è inferiore di quasi il 29% rispetto al 2024, secondo i dati forniti da ARPA Lombardia. Ancora più critica è la condizione in Valle d’Aosta, dove si registra una drastica riduzione del manto nevoso rispetto allo scorso anno: a Valtournenche Grandes Murailles lo spessore della neve è di 163 centimetri, 76 in meno rispetto al 2024, mentre a Morgex-Lavancher è inferiore di quasi 2 metri, attestandosi a 101,6 centimetri (fonte: Centro funzionale Regione Autonoma Valle d’Aosta).
“Per preoccuparsi basta guardare i territori alpini non imbiancati, perchè le nevicate più importanti per la formazione dei depositi nivali sono quelle che si verificano nel tardo autunno quando, attraverso un processo ripetuto di fusione e solidificazione, derivante dalle variazioni di temperatura, riescono a consolidarsi in uno strato di ghiaccio che si scioglie più lentamente, contribuendo alle portate dei fiumi anche a primavera inoltrata", precisa Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI. "Le nevicate di Gennaio e Febbraio, invece, sono meno utili, giacché il manto nevoso che ne deriva, ha difficoltà a compattarsi ed è quindi destinato a sciogliersi molto velocemente con il primo aumento di temperatura, defluendo inutilizzato a mare prima dell’avvio della stagione irrigua. Per questo ribadiamo la necessità di avvio di un Piano Invasi per trattenere tale risorsa sempre più preziosa”.
In Piemonte, i flussi fluviali registrano deficit preoccupanti: il Tanaro è sotto la media storica del 64%, mentre la Stura di Lanzo segna un -85%. Anche il fiume Toce mostra un calo. In Veneto, la situazione non è migliore, con flussi idrici inferiori alla media nei principali corsi d’acqua, eccetto Adige e Piave, che superano la media rispettivamente del 15% e del 6,7%. I livelli dei grandi laghi del Nord sono in risalita, ma rimangono sotto la media, fatta eccezione per il lago di Garda, al 79,3% della capacità. Al contrario, il lago Maggiore è pieno al 61%, il Lario al 28,2% e il Sebino al 49,3%.
L’Emilia-Romagna registra portate fluviali inferiori alla media: il Savio, ad esempio, ha un flusso di soli 2,07 metri cubi al secondo contro una media di 12,6. Anche il Taro, tra i bacini occidentali della regione, segna un flusso pari al 26% del valore medio del periodo. Il fiume Po mostra flussi inferiori alla media lungo tutto il suo corso, con cali che vanno dal -18% a Torino al -36% nel Piemonte meridionale, fino al -25% a Boretto e al -21% a Pontelagoscuro in Emilia-Romagna. In Liguria, i bacini fluviali di Levante, come l’Entella e la Vara, registrano riduzioni significative, mentre la situazione migliora leggermente a Ponente con un incremento del livello dell’Argentina.
La Toscana mostra un quadro altrettanto critico: il fiume Ombrone registra un flusso pari a un quarto della media stagionale, mentre anche Serchio, Arno e Sieve sono sotto la media, con quest’ultimo che ha subito un calo del 40% in una settimana. Nelle Marche, i fiumi Potenza, Esino e Nera confermano una tendenza negativa, mentre negli invasi regionali si registra un incremento di 400.000 metri cubi in una settimana. In Abruzzo, le portate dei fiumi Trigno, Orta e Sangro mostrano segnali di crescita grazie alle recenti nevicate. In Umbria, il Chiascio guadagna 17 centimetri in una settimana, ma il lago Trasimeno continua a calare, scendendo di 3 centimetri a settimana, raggiungendo il livello critico di -1,52 metri, ben al di sotto della media di riferimento.
Nel Lazio, il lago di Nemi ha visto un incremento di solo 1 centimetro nonostante le recenti piogge, mentre i flussi del Tevere e del Velino sono in calo. Crescono invece quelli dell’Aniene e del Fiora. In Campania, il fiume Garigliano registra un lieve aumento, pur rimanendo sotto i livelli degli ultimi cinque anni. Anche il Volturno e il Sele mostrano flussi decrescenti.
Nel Sud Italia, si osservano miglioramenti in Basilicata, dove le riserve idriche sono aumentate di oltre 75 milioni di metri cubi in un mese, grazie alle piogge di dicembre e allo scioglimento della neve in quota. Tuttavia, il divario rispetto al 2024 rimane significativo, con 63,15 milioni di metri cubi in meno rispetto a un anno fa. In Sicilia, i bacini idrici sono cresciuti di circa 5 milioni di metri cubi in una settimana, ma i volumi effettivamente utilizzabili ammontano a soli 78,21 milioni di metri cubi. La situazione resta drammatica in Puglia, dove le precipitazioni di dicembre non sono state sufficienti a riequilibrare il bilancio idrico, in particolare nell’entroterra foggiano, mentre l’incremento degli acquiferi procede a ritmo troppo lento.
Francesco Vincenzi avverte: “Questa tendenza all’inaridimento delle aree interne italiane e alla concentrazione di eventi meteorici estremi lungo la fascia costiera è una delle conseguenze più evidenti del riscaldamento atmosferico”. I dati Copernicus confermano che il riscaldamento globale continua a intensificarsi: gennaio 2025 ha registrato temperature superiori di 0,14°C rispetto al record del 2024, segnando anomalie di +0,78°C rispetto alla media del periodo 1991-2020. Anche la temperatura degli oceani è in aumento, con il mar Mediterraneo meridionale che registra temperature superiori alla media di 1-2,5 gradi. “E’ ormai una sorta di preallarme continuo”, conclude Vincenzi, evidenziando i rischi associati all’interazione tra mari più caldi e correnti aeree fredde provenienti dal Nord.