Cambiamento climatico, allarme: in mare sempre meno pesci commestibili

I cambiamenti climatici potrebbero alterare gli ecosistemi marini in modo inaspettato, tanto da modificare le interazioni tra prede e predatori oceanici

(Fonte immagine: Pixabay) 
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Cambiamento climatico, lo studio combinato dell'Università di Rutgers e dell'Università della Columbia britannica

Scatta un ulteriore allarme in tema di cambiamenti climatici: questa volta al centro dell'attenzione della ricerca scientifica ci sono gli ecosistemi marini. Secondo infatti uno studio pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal Society B e condotto dagli scienziati dell'Università di Rutgers e dell'Università della Columbia britannica, il cambio del clima potrebbe alterare gli ecosistemi marini in modo inaspettato, tanto da modificare le interazioni tra prede e predatori oceanici, costretti a individuare nuove aree abitative. 

Il riscaldamento delle acque, spiegano gli autori, potrebbe ridurre la disponibilità di specie ittiche da catturare. Le specie di grandi dimensioni potrebbero quindi sperimentare delle difficoltà nelle attività di foraggiamento. Allo stesso tempo, prospettano gli scienziati, i pescherecci potrebbero doversi spingere in zone mai battute e in aree geografiche nuove per soddisfare le richieste e le domande di prodotti ittici.

"Il nostro lavoro, osserva Malin Pinsky, dell'Università di Rutgers, suggerisce che il numero di esemplari potrebbe risultare significativamente inferiore nei prossimi anni. Il riscaldamento ambientale e le dinamiche della rete alimentare potrebbero compromettere in modo profondo la biodiversità marina".

A differenza di molti studi precedenti, orientati a valutare gli impatti diretti dei cambiamenti climatici sulle singole specie, il team ha esaminato le interazioni trofiche che riguardano il processo di nutrimento di una specie a scapito di altre. In questo modo, precisano gli esperti, è possibile valutare il modo in cui il cambiamento climatico influenza gli areali e gli habitat in senso più ampio.

Grazie a una serie di modelli computerizzati, gli studiosi hanno determinato che le interazioni predatore-preda portano allo spostamento degli areali in modo più lento rispetto alle variazioni dovute alle differenze nella temperatura dell'acqua.

"Il modello, afferma EW Tekwa, dell'Università della Columbia Britannica, suggerisce che nei prossimi 200 anni le specie si rimescoleranno continuamente e saranno in procinto di spostare i loro areali. Tra due secoli, gli animali marini resteranno indietro rispetto agli sbalzi di temperatura. Si tratta di dinamiche che si verificheranno a livello globale. Non è una buona notizia per la vita marina". 

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