Israele, un successo già è stato ottenuto: l’Arabia Saudita sostiene Hamas

La guerra improvvisamente divampata tra Hamas e Israele è molto pericolosa per la stabilità mondiale. Ecco le conseguenze

Di Giuseppe Vatinno
Guerra in Israele
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Guerra in Israele: il pericolo di una escalation. Un successo già è stato ottenuto: l’Arabia Saudita sostiene Hamas e i palestinesi

La guerra improvvisamente divampata tra Hamas (appoggiata da Hezbollah che attacca da nord l’area delle Fattorie di Shebaa) e Israele è molto pericolosa per la stabilità mondiale. La data è stranamente vicina a quel 6 ottobre 1973 che fu l’inizio della guerra a sorpresa dello Yom Kippur. Ed anche le modalità sono molto simili: anche adesso –come avvenne allora- Israele è stato colto di sorpresa e pare un pugile imbambolato che traballa sotto i colpi poderosi degli avversari, dotati di un piano strategico molto dettagliato, se si pensa anche alla mossa di catturare i ragazzi del rave party e di tenerli come ostaggi a Gaza. Poiché si tratta di un evento che Hamas ha organizzato nei particolari c’è da chiedersi il motivo. Quello più evidente è che fino all’altro ieri era nell’aria una possibile riconciliazione tra l’Arabia Saudita e Israele, due potenze egemoni del teatro geopolitico medio - orientale.

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Si parlava addirittura di un riconoscimento diplomatico da parte di Riad di Tel Aviv. Quello che accade è che ora Hamas, sorretta potentemente dall’Iran, sta cercando di far saltare lo storico accordo e possiamo dire che c’è sostanzialmente riuscita. Sembra di ricordare il rapimento del Presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro ad opera delle Brigate Rosse per far saltare il “compromesso storico” con il PCI. La guerra dello Yom Kippur segnò un importante riscatto per il mondo arabo, dopo lo smacco subito con la “guerra dei sei giorni” del 1967.

E anche allora c’erano attori importanti, guarda caso gli stessi di oggi, che muovevano le fila. Infatti l’Unione sovietica appoggiava l’Egitto e gli Usa Israele. Allora un Paese “traditore” del mondo arabo, la Giordania, tramite il suo re Hussein aveva fatto la spia” a Israele, guidato da Golda Meir che oltretutto ignorò la segnalazione per poi trovarsi di fronte al fatto compiuto.

Come noto la reazione militare fu forte e respinse gli invasori ma il danno di immagine allora, come adesso, per Israele ci fu tutto. Il quadro ora è diverso perché la Palestina appare più isolata di allora grazie ai cosiddetti “accordi di Abramo” voluti dalla diplomazia Usa ma di questi tempi c’è un pericolo nuovo per la stabilità mondiale e cioè la Russia impegnata in una guerra che non riesce a vincere e l’Iran che supporta Hamas.

Sembrava imminente l’accordo tra Israele e Mohammed Bin Salman dell’Arabia Saudita ma appunto i recenti fatti lo hanno allontanato, infatti Riad ha dovuto subito dichiarare che “Israele è responsabile” e questo costituisce già una prima vittoria fondamentale di Hamas (e dell’Iran che lo sorregge). Ha proseguito il ministro degli Esteri dell’Arabia Saudita: “Il Regno dell’Arabia saudita considera Israele responsabile, per le sue ripetute provocazioni e la privazione di diritti inflitta ai palestinesi”.

Quindi Israele guidato da Netanyahu, in questo momento, se volessimo utilizzare una terminologia calcistica, perde 0 – 2. Sicuramente la tradizionale superiorità militare, soprattutto aerea, che si esplica in una tecnologia avanzata ottenuta direttamente dagli Usa e dalle sue ricerche porterà rapidamente ad una controffensiva di terra (i carri armati sono già diretti verso Gaza), ma il quadro geopolitico è già mutato costringendo l’Arabia Saudita ad appoggiare Hamas e quindi l’Iran.

Appoggio economico che invece arriva tradizionalmente dal Qatar e politico dall’Algeria. È notizia di queste ore che Israele abbia circondato la striscia di Gaza con una “cintura sanitaria” che prevede il blocco di benzina, derrate alimentari e luce. Una misura che non migliorerà l’immagine dello Stato ebraico tra chi lo contesta storicamente per la sua politica anti – umanitaria verso i civili palestinesi. Per ora non si apre il fronte con la Cisgiordania (ricordiamo che l’Onu lo considera un territorio occupato palestinese), anche se Ramallah è in allerta. E ancora c’è da valutare cosa farà la Russia, impegnata nella guerra con l’Ucraina, e che è alleata storica dell’Iran, da cui riceve i micidiali droni da combattimento che stanno devastando Kiev. La Cina poi, sornionamente osserva, ma si muove dietro le quinte con Xi che vedrà Joe Biden.

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