I cinque libri suggeriti per la primavera 2023
Cover colorate e primaverili per cinque titoli appena pubblicati che vi faranno sognare
Siamo entrati nella primavera, la stagione più bella dell’anno. All’ombra di un ciliegio fiorito o sdraiati su un prato verde, godetevi la lettura che preferite. Noi di Affaritaliani.it abbiamo scelto cinque libri che ci piacerebbe consigliarvi.
1) I ciliegi in fiore visti dai grandi maestri della stampa giapponese di Anne Sefrioui (L’ippocampo)
Di tanto in tanto la casa editrice L’ippocampo, nota per la cura e l’elevata qualità che mette nella pubblicazione delle proprie opere, ci regala un cofanetto interamente composto da stampe realizzate dai maestri giapponesi e raccolte attorno a un tema. I volumi precedenti di questa collana sono stati dedicati a Le stagioni, Gli uccelli e L’acqua, mentre la primavera è la grande protagonista de I ciliegi in fiore. Il rosa e i colori tenui, pastello, sono il tratto identificativo del nuovo cofanetto, curato da Anne Sefrioui e – per lo meno a nostro parere – da considerarsi il più bello tra quelli finora pubblicati.
L’opera, che vede in copertina un particolare della nota stampa Ciliegi in fiore nella capitale orientale di Hiroshige II, è il frutto di una lunga ricerca e successivamente di una selezione, per scegliere le 78 stampe da inserire all’interno di questo libricino apribile, alcune delle quali occupano ben due pagine, mentre altre – verticali – sono accostate per tematiche e per affinità cromatica. Sfogliarne le pagine è puro piacere estetico, potendosi immergere nelle tinte delicate di maestri immortali come Utamaro, Hokusai, Horishige (I, II e III), Seiko, Mizuno, Hashimoto e molti altri. Si copre così un periodo che va dalla metà del XVIII secolo sino agli anni Trenta del Novecento, esplorando un’arte – quella delle stampe giapponesi – che ha influenzato la pittura del mondo intero ed è esplosa come una moda inarrestabile nel periodo dell’Impressionismo francese. I soggetti rappresentati sono per lo più paesaggi idilliaci, alberi in fiore, colline e montagne, uccellini sui rami, ma anche templi e santuari, scorci di città, momenti della vita quotidiana con i costumi tipici dell’epoca, vedute di Tokyo o di Osaka, geishe, palazzi lussuosi e spesso, sullo sfondo, l’inconfondibile profilo del Monte Fuji, vero e proprio simbolo della fioritura dei ciliegi in Giappone.
Come sempre, il cofanetto contiene il libro vero e proprio, con le stampe ripiegate, e un piccolo manualetto che spiega con precisione ciò che andiamo ad osservare: ad anticipare le didascalie di tutte le immagini, una prefazione che racchiude il senso di questo delizioso lavoro editoriale: “Le parole della celebre canzone per bambini Sakura, Sakura traducono perfettamente l’emozione e la frenesia dei giapponesi quando, di anno in anno, si approssima la fioritura dei ciliegi: l’incanto offerto dalla natura all’inizio della primavera è reso ancor più prezioso dalla sua brevità – una decina di giorni soltanto, non di più. Da marzo a fine aprile, da sud a nord, isola per isola, fra valli e colline, la fioritura avanza lungo il paese, a seconda del clima e della specie”. Oggi questo fenomeno sensazionale è diventato un evento turistico tra i più ambiti del mondo: da qualunque parte del globo ci si mette in viaggio verso il Giappone per vedere di persona, con i propri occhi, la tanto acclamata fioritura dei ciliegi; un cambiamento che, se da una parte ha contribuito a renderla ancora più celebre e a farne una fonte di guadagno notevole, dall’altra rischia di diminuirne la magia, l’intimità, di snaturarne il senso, oltre ai rischi ecologici e ambientali. Ecco, allora, che L’ippocampo ci offre la possibilità di vivere l’esperienza attraverso un libro – da sempre porta aperta su ogni fantasia possibile – a cui si aggiunge il valore inestimabile dell’arte.
Lo consigliamo perché: è un piccolo tesoro da tenere nella propria libreria e da sfogliare quando si ha bisogno di bellezza, di serenità, rilassando i sensi e immergendosi nelle atmosfere incantevoli che la natura sa regalarci.
2) Sono contenta che mia mamma è morta di Jennette McCurdy (Mondadori)
Il titolo è una provocazione e qualcuno ci potrebbe restare male, o al contrario esserne incuriosito. Quando poi si inizia a leggerne la sinossi e soprattutto si ricollega il volto della ragazza in copertina con quello della celebre attrice americana Jennette McCurdy, si comprende una verità sconvolgente: Sono contenta che mia mamma è morta non è un gioco di parole né un’espressione ironica; è il reale pensiero dell’autrice. Perché? Cosa può accadere di così terribile da portare una figlia a desiderare la scomparsa della madre? Per dare una risposta a queste domande occorre conoscere la storia di Jennette, ragazza prodigio e attualmente attivista in molte battaglie per i diritti delle donne, star di serie televisive di successo come iCarly, Sam & Cat, Between. Di lei amiamo il lato esuberante e sbarazzino, i personaggi pieni di humor che interpreta, la bellezza e quell’aspetto così perfetto, da bambolina. Tuttavia, fino ad oggi – per lo meno in Italia – non potevamo immaginare quale inferno la McCurdy avesse vissuto nel dietro le quinte.
In questo grande tomo dal titolo shock Sono contenta che mia mamma è morta, edito di recente da Mondadori nella collana Oscar, emerge tutto il nero, il terribile e l’impensabile che per anni è stato celato, lontano dalle luci della ribalta. Sin da bambina Jennette è stata costretta dalla madre Debbie - ossessionata dal desiderio di veder diventare sua figlia una star - a sottostare a rigide regole, che l’hanno totalmente privata dell’infanzia e dell’adolescenza; abusi tanto fisici quanto psicologici, che ci paiono ancor più gravi poiché perpetrati da una mamma. Il fenomeno merita di essere raccontato e di finire sulle prime pagine dei giornali, perché Jennette non è né la prima né l’ultima vittima di simili sofferenze. Se, infatti, qui in Italia la moda delle baby-star è quasi del tutto assente, in America continua a vedere una pericolosa crescita, con bambine che sin dalla tenera età vengono sottoposte a interventi chirurgici, traumi fisici, privazioni alimentari, farmaci e un controllo maniacale fortemente lesivo.
In questo bestseller, che nel mondo ha già scalato i vertici delle classifiche, è diventato un caso editoriale, è stato trasformato in uno spettacolo teatrale e ha dato vita a una serie di hashtag di tendenza - #memoir, #mental-healt, #iCarly, #contemporary, #made-me-cry – Jennette racconta, con quello che è stato definito un umorismo nero, la dura battaglia per riprendersi la propria vita, su cui non ha mai davvero avuto il controllo. Disturbi alimentari, depressione, dipendenze, alcol e altro ancora sono stati il risvolto della medaglia di una folgorante carriera non cercata, non voluta, bensì imposta da un personaggio borderline come Debbie, figura materna che nessuno vorrebbe avere e che oggi, dopo la scomparsa a causa di un cancro, l’autrice non rimpiange. È un memoir intenso, decisamente non scontato, forse non per tutti, perché – seppur con leggerezza e una strizzata d’occhi – dentro al dolore ci si affonda pienamente quando si prosegue nella lettura. Non si tratta però soltanto di una biografia che resta nei confini del personale, bensì di un vero e proprio libro di denuncia che, sempre con il sorriso sulle labbra, si scaglia contro un intero sistema marcio, basato su valori assai discutibili, che coinvolge registi, produttori, attori, l’intera catena del cinema e della tv, fino ad arrivare alle famiglie stesse.
“Stai benissimo!” “Stai davvero cominciando a sbocciare” “Sei in splendida forma, ma non dovresti dimagrire più di così. Di più sarebbe troppo” “Il tuo corpo è spettacolare”. Sono tutti complimenti che mi sono stati fatti nelle ultime settimane dai produttori, agenti e membri della troupe con cui lavoro. In queste ultime settimane ho ricevuto più commenti positivi – e inquietanti – sul mio corpo di quanti me ne abbiano mai fatti prima. A questo punto ho un’esperienza più che decennale di disturbi alimentari. Ci sono stati gli anni dell’anoressia, quelli delle abbuffate e quelli della bulimia, che poi sono quelli che sto vivendo ora. Più esperienza accumulo, più mi rendo conto che il corpo non è certo uno specchio affidabile di ciò che accade al suo interno.
Uno dei temi più interessanti che la McCurdy tratta nel suo bel romanzo autobiografico è quello delle malattie invisibili, siano esse di origine fisica o mentale. Sono infatti ormai moltissime le donne che non mostrano all’esterno il proprio malessere interiore, dando un’errata percezione di sé: le motivazioni possono essere le più disparate, ma principalmente c’è una vergogna a mostrare la fragilità, il proprio essere imperfetti, la verità dietro la maschera, per il timore di non essere accettate (cosa che con tutta probabilità accadrà davvero con alcune persone e in certi ambienti, specie quelli del cinema o della televisione). L’altra tematica degna di essere menzionata è il rapporto con la genitorialità, che non si esaurisce nel lapidario titolo del libro: Jennette è consapevole, o per lo meno lo diventa con la crescita, della personalità disturbata di sua madre, specie quando i suoi fratelli le spiegano che non è sempre stata così, ma lo è diventata (ossessivo-compulsiva, maniaca del controllo) dopo essersi ammalata, ovvero nel periodo in cui lei aveva appena due anni. Per tutta la sua vita, quindi, la normalità è stata quella di essere immersa in un ambiente malsano stipato di oggetti, sporco, disordinato; di fare i conti con la povertà; di sentirsi preoccupata per il diabete, la diverticolite e le mille altre problematiche di salute della madre. Per anni e anni Jennette non ha odiato affatto la sua famiglia, al contrario provava il forte desiderio (forse persino l’obbligo) di renderla felice, soddisfatta di lei; pur di ottenere l’approvazione materna era disposta a tutto, persino a distruggere sé stessa, ed è così che ha imparato una forma di amore disfunzionale sin da piccola. Rendersene conto e uscire da quello schema mentale non è stato affatto semplice, ma alla fine Jennette ha vinto la sua battaglia e ora è pronta per raccontarla.
Lo consigliamo perché: è un libro al contempo divertente, attuale, impegnato, socialmente utile. Dalla voce di un’attrice amata da tutti, il racconto di un dramma che finirà per toccare i nervi scoperti di molte persone, perché in fondo ognuno possiede i propri scheletri nell’armadio. Attraverso questa lettura qualche ragazza potrebbe trovare il coraggio di combattere per essere sé stessa.
3) La portalettere di Francesca Giannone (Editrice Nord)
La portalettere, pubblicato da Editrice Nord, è il caso editoriale di questa primavera 2023 e di certo non potevamo non parlarne, anche perché è un bellissimo romanzo storico ambientato nell’Italia degli anni Trenta, dove il Nord e il Sud si incontrano per dare voce a una storia emozionante, ancora oggi attuale. Lo testimonia il fatto che il libro di Francesca Giannone, da sempre appassionata di scrittura e di pittura, ha visto ben sette edizioni in due mesi ed è salito ai vertici della classifica di vendita dal momento della sua uscita, a inizio anno, senza mai scenderne.
Di questo lungo racconto, che trae origine da fatti storici realmente accaduti – poi rielaborati attraverso l’uso dell’immaginazione – e da una figura femminile straordinaria ispirata alla bisnonna dell’autrice, colpisce la capacità di narrare eventi svoltisi decenni addietro, riuscendo sempre a farci sentire i personaggi non soltanto credibili ed empaticamente vicini, ma in un certo qual modo contemporanei. C’è, per di più, un filo sottile di femminismo che percorre tutte le 400 pagine, distribuite in un arco temporale che prende avvio negli anni Trenta e arriva sino ai Cinquanta: in realtà, il femminismo vero e proprio – inteso come movimento politico ben preciso e collocabile temporalmente – non aveva ancora avuto luogo, tuttavia la protagonista di questa storia, Anna Allavena, ne è senza dubbio un esempio precoce, come tanti altri se ne verificarono in quegli anni. Bisogna chiedersi, per comprendere appieno la forza innovatrice e rivoluzionaria di questa donna, che cosa significasse fare di mestiere la portalettere in un minuto paesino del sud Italia come Lizzanello. Al nord, da dove la bellissima ed elegante Anna arriva, certe libertà e la visione di una qualche indipendenza femminile erano già accettate, specie negli ambienti più all’avanguardia; ma, come ben sappiamo, tra l’Italia settentrionale e quella meridionale del Novecento esisteva ancora un divario enorme, ancor più calcato se ci si spostava dalla grande città al piccolo paese di provincia. Pertanto, a Lizzanello una portalettere donna non si era mai vista prima.
Leggendo queste righe ricche di descrizioni meravigliose, forti di una scrittura vivida e colorita, si assapora tutto il tempo che fu, con le sue declinazioni più varie: i rapporti all’interno di una comunità alquanto bigotta, il senso di appartenenza alla propria terra, il coraggio di sfidare le convenzioni sociali, il pensiero esibito e praticato, anche quando non richiesto. Non solo: un tema che impregna l’intero romanzo è l’amore, trattato da più punti di vista; c’è, ad esempio, quello che lega Anna al marito Carlo, per il quale lei – ragazza emancipata proveniente da un ambiente del tutto diverso – sacrifica molto, con cognizione di causa e senza mai pentirsene, lasciando la propria terra per diventare un’eterna “forestiera” in quella di lui; c’è poi il sentimento potente e mai esibito che Antonio, fratello maggiore di Carlo, prova per Anna, nonostante sappia quanto sconveniente, oltre che impossibile, esso sia. Questa è allora anche una storia di due fratelli che si innamorano perdutamente della stessa donna e che al contempo si amano come di rado accade, consci di essere l’uno il sostegno dell’altro. “A colmare il disamore della madre c’era stato il suo papà, certamente, ma più di ogni altro Antonio. Era stato lui che l’aveva protetto, coccolato, abbracciato ogni giorno della sua vita, benché avesse appena quattro anni di più”.
Se da una parte La portalettere è piaciuto tanto al pubblico italiano perché ha offerto uno spaccato credibile di un’epoca che sentiamo lontana ma non troppo - quella, cioè, vissuta dai nostri nonni e bisnonni, con la seconda guerra mondiale che a un certo punto rivoluzionò gli equilibri del Paese -, dall’altra essa tesse un solido cordone dal passato al presente attraverso le tematiche femministe, dall’emancipazione alla libertà di essere sé stesse. A tal proposito, infatti, non possiamo ancora dirci del tutto indifferenti alla pressione sociale, alle chiacchiere di paese, a ciò che la società – magari in forme diverse, mutate – si aspetta da noi. Ecco, allora, che la figura della postina, nel suo essere caparbia, diversa e sempre di corsa in sella alla sua bicicletta, rappresenta un esempio per tutte noi. Da ultimo, suscita un fascino notevole quell’apparire di tradizioni e usanze, botteghe e modi di dire, ricette e superstizioni, luoghi, caffè, spiagge e teatri che fanno parte del bagaglio storico-culturale della nostra Italia.
Lo consigliamo perché: è il romanzo del momento, un tuffo nel passato alla riscoperta della tradizione e allo stesso tempo una storia contemporanea che trova una perfetta collocazione nella nostra epoca, portando avanti battaglie non ancora vinte del tutto.
4) Mrs England di Stacey Halls (Neri Pozza)
Copertina floreale e assolutamente primaverile anche per il nuovo romanzo della giornalista e scrittrice inglese Stacey Halls, pubblicato da Neri Pozza con il titolo di Mrs England. Accolto con enorme favore dal pubblico e dalla critica internazionale, dalla quale l’autrice è stata definita “uno dei maggiori talenti della narrativa inglese contemporanea”, questa storia ambientata nel Novecento si cala perfettamente nella cornice a tratti brillante e a tratti cupa dello Yorkshire, quando nei giorni di sole il verde della natura risplende, mentre in quelli di pioggia e vento si sprigiona tutto il potere oscuro della brughiera. È, quindi, un romanzo che piacerà a chi ha amato Jane Austen e le sorelle Brontë, o che in generale sente un fascino particolare per le atmosfere inglesi.
La protagonista di questa avventura collocata a metà tra il dramma, la formazione e il mistero non è in prima battuta l’enigmatica Mrs England, bensì Ruby May, ragazza dotata di senso pratico e molta voglia di fare, che – a inizio Novecento, conclusi gli studi presso la prestigiosa scuola per bambinaie nota come Nortland Institute – prende servizio presso la famiglia England. Non appena si trova al cospetto della grande tenuta le si illuminano gli occhi: una grande e lussuosa dimora di campagna, una nursery con ben quattro bambini da accudire separata dal resto della casa, una fabbrica tessile di proprietà e un immenso parco. Tutto sembra essere perfetto, ma il suo sogno si infrange quando incontra per la prima volta Mrs Lilian England, una donna schiva, timorosa e instabile, che si presenta in abiti sconvenienti, spettinata, evidentemente in preda a qualche crisi depressiva o di nervi. Tutto allora cambierà, perché la realtà che Ruby andrà a scoprire giorno dopo giorno sarà quella di una donna disintegrata sotto il peso di una pressione che non riesce a reggere, di un matrimonio felice solo all’apparenza e di intrighi coniugali dai quali dovrà tentare di tenersi alla larga.
Il matrimonio, le relazioni familiari e il ruolo della donna nel Novecento sono alcuni temi fondamentali di questo libro, che – nonostante sia di fatto un romanzo storico – ci appare molto attuale. Il linguaggio spigliato e ricco di dialoghi della Halls aiuta certamente il lettore a percepire gli eventi come vicini al proprio tempo, ma sono le tematiche universali a renderlo un ponte letterario tra il passato e il futuro. Una di queste è, ad esempio, la rivalità tra donne, specie di età diverse, che suscita rabbia, gelosie, angoscia e invidia; se tuttora non è mai stata superata, possiamo ben immaginare quanto nell’alta società inglese del Novecento potesse costituire la norma. Non sono però solo le donne a uscirne perdenti, poiché a renderle tali sono prima di tutto gli uomini, con l’insieme di privilegi, diritti e priorità assegnati loro dal sistema.
Va specificato che non si tratta di un libro di pesante lettura o di angosciosi drammi: al contrario, Stacey Halls riesce a mantenere il ritmo leggero, creando una certa suspense che rimanda in qualche modo al genere gotico inglese. C’è molto non detto, segreti da svelare, un mondo cupo dietro la facciata scintillante: sarà un piacere scoprire i personaggi, i luoghi, gli inganni e i sentimenti di ognuna delle figure che entrano in questo dipinto d’altri tempi e lasciano un segno significativo.
Lo consigliamo perché: è un’opera di classico stile britannico adatta specialmente a chi ama l’Inghilterra, il suo passato, il mistery e le ambientazioni fascinose delle vallate spazzate dal vento. Definito da Richar Osman “un romanzo di grande atmosfera e inquietudine”.
5) Divorzi di Susan Taubes (Fazi Editore)
L’ultimo romanzo della nostra selezione si avvicina per tematiche al precedente, mentre se ne discosta per epoca e ambientazione. In questo caso la protagonista del romanzo Divorzi, uscito di recente in Italia grazie a Fazi Editore, è Sophie Blind, una sorta di alter ego dell’autrice: c’è infatti molta esperienza autobiografica all’interno di questa storia dalle tinte forti, ironica ma di spiccata critica sociale, scritta da Susan Taubes. Come la Sophie del suo libro, Susan era di origini ebraiche, visse in pieno Novecento ed ebbe una conoscenza particolare della psicoanalisi; ma soprattutto, come lei dovette lottare non poco per veder riconosciuta la propria indipendenza femminile, finendo tuttavia per sentirsi cittadina di nessun luogo, sospesa tra le esistenze di Budapest, Parigi e New York, senza che mai nessuna fosse davvero radicata in lei.
Lo sfondo di questa storia contemporanea che tocca tutte noi è l’Ungheria, con l’impatto della guerra, la mentalità non ancora aperta, la diffidenza nei confronti degli ebrei e ancor più delle donne intellettuali. In questo libro agile, che con poco più di 300 pagine si legge molto velocemente, si fondono la dimensione personale con quella sociale ed anche quella storica: c’è un filo della trama che segue la vita intima della protagonista e le sue esperienze più individuali, con i drammi che sperimenta nella sua interiorità e le riflessioni spesso amare; c’è poi un altro filo che taglia in maniera trasversale la tematica sociale, mettendo in luce le molte contraddizioni di popoli e Paesi tanto diversi quanto uguali nella discriminazione; infine c’è un filo storico, che ripercorre una parte delle vicende ungheresi e ci consegna il ritratto di una terra ancora troppo poco conosciuta.
Particolarmente originale è la struttura che la Taubes scelse di utilizzare per il romanzo: si parte infatti dalla fine, dalla morte della protagonista, la quale – finalmente libera da ogni costrizione sociale – può permettersi di ripercorrere mentalmente la sua intera esistenza, dall’infanzia alla maturità, soffermandosi sui drammi, le ingiustizie, le debolezze, i punti di forza e gli errori. Ne consegue che, grazie anche a questo escamotage narrativo originale, nonostante i temi impegnati che tratta, il romanzo è piacevolmente ironico, frizzante, tanto da sembrare quasi una commedia in alcune pagine; merito, dunque, dell’autrice quello di aver saputo narrare con leggerezza la serietà di alcune questioni ancora molto attuali.
Come nel libro precedente, anche qui l’amore e le relazioni tra uomo e donna non ne escono al meglio, cosa che ci dovrebbe far riflettere almeno un po’. Che sia colpa del patriarcato o dell’incapacità moderna di creare rapporti veri e profondi, il sogno amoroso della coppia è destinato miseramente a fallire, così come il sogno di un’umanità che sia in grado di amarsi e di costruire, invece di distruggere. “È nel momento della catastrofe che il passato si dischiude alla vista. La fila di alti palazzi costruiti in quindici anni di matrimonio è stata bombardata e rivela il panorama, dimenticato da tempo, che si nascondeva dietro quei muri. Per pulire le macerie bisogna aspettare. Quanto al prezzo o ai danni arrecati al corpo, all’anima e alla mente da quindici anni di vita cancellata – o erano di più?”
Lo consigliamo perché: Susan Taubes è un’autrice ungherese che andrebbe letta e riscoperta, in quanto raffinata intellettuale, nonché tra le menti e le penne più interessanti del ventesimo secolo. Fazi ci offre finalmente la possibilità di ascoltare la sua voce, nell’unico romanzo che scrisse prima di suicidarsi.