“Il diario perduto di Édouard Manet” tra verità e fiction
Maureen Gibbon ci regala dei momenti inediti della vita di Manet attraverso un diario di fantasia
È in libreria per Einaudi Il diario perduto di Édouard Manet, un’opera di finzione che tuttavia trova le sue basi su solide ricerche storiche. La scrittrice statunitense Maureen Gibbon ci permette di entrare nella vita di uno dei maggiori pittori dell’Ottocento.
Prendendo in mano Il diario perduto di Édouard Manet ci ritroviamo a fissare lo sguardo perso nel vuoto di Suzon Tonnerre, la modella che secondo la scrittrice Maureen Gibbon ispirò la ragazza protagonista del celebre dipinto Il bar delle Folies Bergère. Ne è autore Manet negli ultimi anni della sua vita, quando un’atassia locomotoria conseguente al diffondersi della sifilide nel suo corpo lo costrinse sempre più spesso disteso sul divano, dal quale tuttavia continuò a dipingere. Perché per Édouard Manet il proprio lavoro era anche la sua unica, grande passione (fatta eccezione, forse, per un’altra piccola ossessione: le donne).
“Dipingeva cose belle, credo. Belle per lui. Ma come ho già detto, lui vedeva la bellezza dove altri non la vedevano”. A pronunciare queste parole nel libro della Gibbon è Élisa Sosset, domestica personale di Méry Laurent. La verità storica ci informa che entrambe sono realmente esistite, mentre la fantasia della Gibbon fa in modo che Manet consegni ad Élisa il suo personale taccuino, al cui interno annota i pensieri che animano la sua vivace mente dall’aprile del 1880 sino alla morte. Non sappiamo se tenesse davvero un quaderno del genere, ma molto di quanto l’autrice riporta nelle sue pagine – seguendo la forma del diario, con giornate lunghe e altre assai brevi, più simili a semplici annotazioni – è di certo frutto di una lunga e dettagliata ricerca; ne consegue che, sebbene alcuni passaggi siano stati infiocchettati dall’immaginazione di una grande scrittrice, è comunque verosimile pensare che la maggior parte dei fatti narrati sia realmente accaduta e molte delle riflessioni coincidano con ciò che Manet dovette provare con l’avvicinarsi della fine.
All’interno di quest’opera originale pubblicata da Einaudi, subito apprezzata da pubblico e critica, ritroviamo i momenti intimi e il dietro le quinte di uno fra i maggiori pittori del primissimo Impressionismo francese. Tra le righe del suo diario perduto palpita il coraggio – e fors’anche l’imprudenza – di voler esporre al Salon un’opera scomoda, provocatoria, all’avanguardia per i tempi come la bellissima Olympia, la cui modella Victorine fu peraltro una delle sue tante amanti. Ne derivò una contestazione collettiva, un isolamento e persino un odio da parte dei benpensanti che Manet non digerì mai del tutto, neppure quando – ormai stanco e malato – ricevette i riconoscimenti tanto attesi: la Legion d’Onore e la possibilità di esporre le proprie opere al Salon senza risultare in gara.
Si parla di amicizia in queste intense pagine scritte dalla Gibbon, immaginando di essere la mente e la mano di Manet: quella con Baudelaire, con Mallarmé, con Antonin Proust; si discute di arte, ovviamente, dando forma al groviglio di opinioni contrastanti che doveva animare Parigi in quel periodo, a partire dalla concezione del vero, nonché dall’uso dei colori e della luce; si loda la natura, la meraviglia di un vaso pieno di fiori o di un giardino in primavera, la magia delle libellule al vento e il volo degli uccelli; ci si appassiona per il collo di una donna, per la pelle chiara di un’altra, per i gusti piccanti di una terza e per la gioventù di una quarta, senza mai perdere di vista l’affetto nei confronti della moglie e del figlio; si intrattengono conversazioni attorno alla politica, alla società, alle usanze, all’evolversi delle arti grazie agli incontri con colleghi, mecenati, critici, personaggi influenti. Ma, oltre a tutto ciò, c’è un’altra grande protagonista nel diario di Manet ed è la malattia: quel mostro che assume i connotati di polipi attorcigliati attorno alla sua gamba dolente, contro cui ogni giorno l’uomo – al di là del pittore – deve combattere, cercando di assaporare ogni singolo momento.
Il diario perduto di Édouard Manet è un libro, arricchito da reali immagini dell’epoca e disegni realizzati dal pittore, che appassionerà gli amanti dell’arte, dell’Impressionismo e di Manet nello specifico. Pagina dopo pagina si scoprirà come ha preso vita un capolavoro come Il bar delle Folies Bergère e con esso altre notevoli opere che non conobbero la stessa fama, ma ebbero ugualmente un posto importante nel cuore dell’artista.