“Il ministero per il futuro”: uno dei libri più discussi degli ultimi anni
Arriva in Italia edito da Fanucci il romanzo di Kim Stanley Robinson, autore di culto nel panorama della fantascienza statunitense
Pubblicato negli Stati Uniti nel 2020, Il ministero per il futuro è ambientato in un domani molto vicino, in un mondo non molto diverso da quello che conosciamo, e propone uno dei futuri possibili che forse un giorno ci troveremo ad affrontare.
Kim Stanley Robinson ha all’attivo 24 romanzi, tra cui ricordiamo The Mars Trilogy e New York 2140; scrittore molto celebre negli Stati Uniti, vincitore di prestigiosi riconoscimenti come il Premio Nebula, il Premio Hugo, il Premio John Wood Campbell Memorial e il World Fantasy, è stato colpevolmente poco considerato in Italia, ma la casa editrice Fanucci sta finalmente provvedendo alla traduzione e pubblicazione di gran parte delle opere dell’autore. Robinson mette al centro della sua riflessione la tematica ecologista, legata ai cambiamenti climatici e ai futuri scenari che l’umanità si troverà ad affrontare. Caratteristico della sua scrittura è un duro realismo – particolare in uno scrittore di fantascienza – applicato ai temi ambientalisti, alle problematiche del rapporto tra sostenibilità e innovazione tecnologica, alla giustizia sociale e alle alternative al capitalismo, impotente di fronte alla crisi climatica da esso stesso innescata. È uno scrittore che riconosce alla finzione narrativa un ruolo di riflessione, informazione e presa di coscienza di quella che è la più grande sfida che l’umanità si sia mai trovata ad affrontare.
Pubblicato negli Stati Uniti nel 2020, Il ministero per il futuro è ambientato in un domani molto vicino, in un mondo non molto diverso da quello che conosciamo, e propone uno dei futuri possibili che forse un giorno ci troveremo ad affrontare. Come disse William Gibson, autore di Neuromante e scrittore cult del filone cyberpunk: “La fantascienza non parla del futuro, mai. Parla solo del presente, del momento in cui viene scritta. 1984 di George Orwell parla del 1948, in realtà. Il qui e l’ora sono quello di cui si occupa la fantascienza”. Il ministero per il futuro mal si adegua ad etichette o categorizzazioni, quindi definirlo romanzo è riduttivo; per molti versi potremmo dire che ricorda la trilogia USA di John Dos Passos, la matrice del grande romanzo americano: tagli fotografici, squarci narrativi operati da nuovi estemporanei personaggi, la fitta rete di storie tratteggiate e sovrapposte che finiscono per comporre il dipinto di un paese e di un’epoca.
Il ministero per il futuro è tutto ciò: un romanzo planetario dalle innumerevoli sfaccettature, che rimandano ad altrettante ricerche scientifiche o campi della conoscenza. Robinson è molto abile nel calibrare questo grandioso ma delicato impianto narrativo, ammirevole alternanza di saggistica e fiction, mezzo ideale per trattare tematiche così complesse e articolate. È un romanzo la cui comprensione richiede un particolare impegno: non per il linguaggio utilizzato, né per la trama tutt’altro che labirintica, ma perché il testo esige dal lettore la disponibilità a mettere in dubbio ciò che crede di sapere, ad accogliere e comprendere temi di cui ignora l’esistenza e soprattutto ad immaginare scenari e percorsi al di là dei rigidi schemi mentali, spesso fallaci, inculcati dai media, dai sistemi educativi e dagli stessi bias cognitivi umani.
Il primo dei due personaggi principali è Frank May, un sopravvissuto: è in India, cooperante in un’associazione umanitaria, quando un’ondata di calore estremo causa oltre venti milioni di morti. Frank in qualche modo resta in vita, tuttavia il trauma annienta il suo vecchio sé e il senso di colpa per essere sopravvissuto, mentre così tante persone sono morte, lo perseguita rendendo vane tutte le terapie a cui si sottopone e trasformandolo di fatto in una scheggia impazzita. Ecco un esempio del subliminale lavoro di Robinson nel demolire false concezioni e pseudo-teorie (in questo caso quella dell’adattabilità umana, sostenuta da alcuni negazionisti): recenti studi hanno infatti dimostrato come una prolungata umidità superiore al 95%, accompagnata da una temperatura di 35 gradi, sia mortale anche per uomini adulti sani.
Diventa così un imperativo morale il far sì che l’evento indiano non si ripeta: viene istituito il Ministero per il futuro sotto l’egida delle Nazioni Unite per portare avanti politiche in grado di bloccare la catastrofe incombente e difendere i diritti delle generazioni future. Per il superstite Frank la lotta al riscaldamento globale diventa l’unica ragione di vita, da portare avanti con ogni mezzo. Mary Murphy, secondo personaggio principale, è invece ex ministro degli esteri irlandese e viene messa a capo di questo nuovo ministero. Se da un lato Frank è l’incarnazione del dramma esistenziale proprio di chi si sente impotente di fronte a un problema apparentemente insormontabile, Mary e il suo ministero rappresentano invece la strenua lotta contro le tenaci resistenze e la cecità delle nazioni petrolifere, delle multinazionali, di settori privati, dei ceti sociali più ricchi e in generale di tutto l’apparato istituzionale, burocratico e legale, che come un muro di gomma si oppone ad ogni cambiamento. Gli sviluppi all’interno del romanzo sono molteplici e avvincenti, trattando aspetti individuali, sociali e scientifici, fallimenti e successi, stati di euforia e di disperazione.
Robinson non ci offre il banale finale catastrofico o l’ennesima distopia, ma nemmeno un’ottimistica risoluzione del groviglio di problematiche affrontate: il finale è quasi in dissolvenza, aperto a nuovi personaggi e nuove generazioni. L’autore mostra chiaramente quanto complesso sia il tema, da quante angolazioni possa e debba essere guardato: ghiacciai in disgelo, temperature delle acque, vita animale, consumo energetico pro-capite, mezzi di trasporto, tecnologie di cattura dell’anidride carbonica nell’atmosfera, ma anche diseguaglianze tra Paesi ricchi e poveri, siccità, eventi catastrofici, nonché la desertificazione in atto e i milioni di profughi che questa comporterà, con un conseguente cambiamento della funzione del denaro stesso e della natura delle banche centrali.
Le tematiche ambientali sono quindi indissolubilmente intrecciate a quelle di giustizia sociale, a nuovi equilibri economici da costruire, al ripensamento dei rapporti di produzione e in qualche modo alla riscoperta della dimensione spirituale dell’essere umano. Non esiste un piano sintetico risolutivo come vorrebbe far credere qualche sedicente economista, né una bacchetta magica che possa rimettere le cose com’erano, né tanto meno c’è da aspettarsi che la drammatica situazione venga gestita dalla classe politica (come tristemente ha dimostrato il recente Cop27 tenutosi in Egitto). Servirà l’impegno di intere generazioni presenti e future per tentare di mantenere il nostro pianeta in condizioni compatibili con la vita umana. Saranno necessari tentativi, fallimenti, ripensamenti e tanta tenacia da parte di tutti, perché ognuno (così scopre anche Frank) ha almeno in parte la possibilità di scegliere il modo in cui vivere, senza necessariamente dover diventare un eremita o un terrorista. Robinson offre tracce, idee, progetti e percorsi, molti dei quali già in essere, per poter ripensare il nostro futuro a partire dal presente e da ciò che possiamo fare in prima persona o esigere dalla classe politica.
Per tutti questi motivi Il ministero per il futuro è un libro illuminante: il primo passo per un impegno concreto è acquisire consapevolezza di ciò che si ha di fronte e dei vari punti di vista da cui lo si può osservare. Il libro è un vero e proprio laboratorio di proposte, oltre che un potenziale programma politico pieno di ottime idee per partiti in cerca d’identità. Da leggere e far leggere assolutamente, se si ha ha dimestichezza con l’inglese anche in lingua originale.