"Io sono il mago", il primo romanzo di Maurizio De Caro, firma di Affari

E' uscito il nuovo libro di Maurizio De Caro, teorico e critico dell’architettura, nonché brillante editorialista. Giovedì 9 la presentazione a Milano

di Atticus Finch
Libri & Editori

Recensione del romanzo “Io sono il mago” di Maurizio De Caro

“Si giocava sul precipizio senza eleganza e senza classe, con l’assenza di emozioni e senza il levarsi di una voce autorevole, mai in nessuna occasione della vita qualcuno ha dato fondo alla capacità di rendere meno insensata la vita di un ragazzino e poi di un adolescente, eravamo, come adesso, soli, lasciati al libero arbitrio e alla deriva confusionale del “tutto è possibile” ma cerchiamo di farla franca”.

Fin dalle prime pagine il primo romanzo di Maurizio De Caro, teorico e critico dell’architettura, editorialista, ci sorprende per la ricchezza sfaccettata di una narrazione pirotecnica, quasi musicale, una lunga scorribanda linguistica che presenta continui rivolgimenti di fronte, di luoghi, tra territori semantici diversi, e qualche volta contrastanti.

La storia de ”io sono il mago” (Montabone editore, 2023) è composta da due differenti racconti con altrettanti protagonisti, Maurizio e Giuliano, professionisti simmetrici nel campo della cultura progettuale, il primo una specie di reietto che galleggia nel limbo grigio della mancanza di lavoro e di riconoscimenti, il secondo spettacolare testimone del successo, tutta una carriera in discesa, quasi destinato ai vertici della società dello spettacolo culturale.

Entrambi nati nei meandri sfilacciati della piccola e piccolissima borghesia milanese, che fa da scenario ai due tracciati. Sullo sfondo la Città amata da entrambi ma in maniera totalmente diversa, un paese sempre più cinico e anaffettivo, due mondi paralleli quello dei ricordi di Maurizio e quello dell’organizzazione di una grande cena di famiglia per Giuliano.

Al centro delle due narrazioni: due rese dei conti sociali, professionali e famigliari, e la presenza oscura misteriosa, come un doppio-metafisico del Mago che comparirà per poche ma significative pagine del romanzo, lasciando una ferita profonda in Giuliano.

Lei è? Io sono il Mago, sono l’estensione del suo desiderio, sono il prolungamento del piacere che può portarla, anzi, avrebbe potuto portarla verso altezze difficilmente immaginabili, ma ormai posso solo osservare il suo decadimento, io sono il Mago”.


 

Lei è il Mago, ma che significa, è un’allucinazione da Apotropaicus 1000? No, architetto mi tocchi pure io esisto ed esisterò finche Lei esisterà. I due momenti letterari spesso si sovrappongono come in una dissolvenza incrociata tra tempi, luoghi e personaggi, naturalmente entrambi raccontano e si raccontano tra semi-verità, motti di spirito, tradimenti morali e materiali, variegate esistenze immorali che non trovano e non troveranno pace fino alla fine. Il tempo scorre implacabile mentre “i deuteragonisti” annaspano nelle loro esistenze vuote e altamente immorali , tra violenze sognate o realizzate e una deriva morale di rara intensità, ridotti entrambi a maschere di un’assurda commedia senza via d’uscita o esente da ipotetica redenzione.

Una famiglia allargata felice e una solitudine fatta di soli ricordi si assomigliano per la vacuità che entrambe possono rappresentare anche se tra le pagine si raccontano episodi di una vita trasfigurata felice e intensa tra amori veri o presunti e slanci intellettuali ormai sopiti, e sesso quasi pornografico e ossessioni varie.

“Io sono il mago” è la prima prova letteraria di questo autore anomalo che analizza la società attraverso lo schermo della letteratura, della poesia ma anche della satira e della critica sociale, come per ricomporre un puzzle della contemporaneità di rara efficacia linguistica ed antropologica.

“Anche adesso che parlo con questa astratta malattia, questo plutonio che contamina, senza farsi vedere, senza alcun rumore, ma inviando l’emissario che mi stritola ogni volontà di bellezza, e mi costringe a guardarmi solo come corpo in decadenza, e presto in putrefazione, al diavolo idee, concetti astratti, estetiche variegate, sovrastrutture. Il sangue, solo il sangue e le altre componenti fisiche ora contano, ora combattono contro l’impossibile, una guerra conosciuta ma senza speranza di vittoria, solo qualche altro brandello di tempo per ricordare, per parlare, poco, e respirare male.”

L’azione pur separata per parti (quelle dei due attori principali) si ricompone in una specie di unicum di significati metaforici, perché i personaggi sono caratteri che molti lettori ritroveranno nella quotidianità, nell’attualità di temi teatrali profondi, tra il grottesco poetico e il realismo del linguaggio parlato aggressivo e volgare, anche vernacolare. Una prova filosofica inarrestabile, densa in ogni singola pagina come un tuffo da una scogliera, che troverà nel finale surreale e imprevedibile, quel silenzio assoluto, improbabile e definitivo. Per entrambi e per sempre.

“Nessuno le chiederà il conto, è tutto passato, è tutto dimenticato nella sua memoria, e quella ferita incisa sulla pelle delle sue vittime si stempererà, diventerà pagina bianca al sole, per sua fortuna, ma poi a lei non importa nulla neppure della fortuna”.

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