La letteratura russa raccontata da Paolo Nori: Dostoevskij e...

“Sanguina ancora” e “Vi avverto che vivo per l’ultima volta” sono le originali biografie di Dostoevskij e Achmatova

di Chiara Giacobelli
Libri & Editori

In libreria per Mondadori le biografie romanzate di Fëdor Dostoevskij e Anna Andreevna Achmatova scritte da Paolo Nori, che usa uno stile originale molto amato dai lettori. Per chi preferisse ascoltarli, gli stessi titoli sono disponibili anche su Audible.

Paolo Nori è uno dei professori italiani con maggiore conoscenza della lingua e della letteratura russa, ma non è soltanto per questo che è annoverato tra gli scrittori più letti, pubblicato da Mondadori. Dopo aver dato alle stampe il libro Sanguina ancora. L’incredibile vita di Fëdor M. Dostoevskij nell’aprile 2021, si è ritrovato suo malgrado nel bel pezzo di un dibattito culturale molto acceso, di cui racconta con enfasi e dettagli nel suo successivo romanzo Vi avverto che vivo per l'ultima volta. Noi e Anna Achmatova. Successe, infatti, che un’università italiana in cui avrebbe dovuto tenere dei corsi su Dostoevskij cancellò le sue lezioni a seguito della guerra tra Russia e Ucraina, scatenando l’indignazione pubblica non solo di Nori, ma dei principali intellettuali italiani e stranieri. Come conseguenza – lo ammette lui stesso con un po’ di imbarazzo – il professore crebbe improvvisamente di popolarità nel bel mezzo di una tragedia che si stava consumando non lontano dal nostro Paese; per mesi fu chiamato a tenere lezioni di letteratura russa dalle principali università del mondo, a cui si aggiunsero istituti e associazioni di vario genere. Ed ecco che il nome di Paolo Nori all’improvviso divenne non famoso – perché conosciuto al grande pubblico lo era da tempo – ma sicuramente sulla cresta dell’onda per un certo periodo.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Noi di Affaritaliani.it avevamo già letto il suo romanzo dedicato al grande Fëdor M. Dostoevskij con l’intenzione di consigliarlo all’interno di uno speciale incentrato sulla figura dello scrittore russo. Nel frattempo, cadendo nel 2021 i duecento anni dalla sua morte, le case editrici italiane si sono prodigate in un alto numero di ristampe dei suoi scritti, più o meno noti, recuperando anche degli inediti alquanto interessanti, ai quali daremo presto spazio in un servizio di più pagine. D’altra parte, dopo che entrambi i libri di Paolo Nori sono diventati disponibili anche su Audible, abbiamo deciso di scrivere questo articolo. Poiché ci troviamo nel periodo dei viaggi per eccellenza, cogliamo l’occasione per consigliarvi l’ascolto di Sanguina ancora e di Vi avverto che vivo per l'ultima volta, specie considerando il fatto che sono letti dallo stesso Nori con un ritmo energico e un tono di voce ricco di interpretazione, a nostro parere piuttosto simpatico.


 

Occorre dire, prima di passare alle recensioni dei due volumi, che quando si parla di biografie scritte da Paolo Nori non bisogna immaginarsi la classica compilazione di fatti in maniera cronologica, con qualche elemento di fiction. La sua peculiarità è infatti quella di scrivere come se stesse facendo una lezione, o meglio ancora una chiacchierata a proposito dell’argomento in questione – nello specifico, Dostoevskij e Achmatova. Essendo lui abituato a intrecciare la materia di studio con la propria esperienza personale, ne risultano dei libri del tutto originali, che possono piacere o meno, ma che si caratterizzano per le numerose vicende occorse all’autore inserite tra un episodio e l’altro della vita dei suoi beniamini. Anche quest’ultima non viene mai descritta seguendo una tradizionale linea temporale, bensì sulla base di ciò che più ha colpito lo scrittore, oppure di elementi degni di essere portati alla luce in quanto particolari, memorabili. Insomma, se vi state per accingere a leggere un romanzo di Paolo Nori siate pronti a viaggiare con lui dalla Romagna – in cui vive – alla Russia, dal presente a ogni epoca del passato, dall’alta letteratura alla cronistoria di una partita di calcio. Scoprirete così un modo di narrare la grande letteratura russa come nessuno aveva fatto finora.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Sanguina ancora. L’incredibile vita di Fëdor M. Dostoevskij (Mondadori)

“Che senso ha, oggi, nel 2021, leggere Dostoevskij?” Il romanzo di Paolo Nori, edito da Mondadori in un rosso vivo e ascoltabile anche su Audible, inizia proprio con questa domanda, in maniera – si potrebbe dire a posteriori – premonitrice. Nori, insegnante di russo alla Libera università di lingue e comunicazione IULM di Milano, si poneva la questione a prescindere da ciò che sarebbe accaduto di lì a poco: l’attacco della Russia all’Ucraina, lo scoppio della guerra, un moto generalizzato di odio e repulsione nei confronti di tutti i russi, anche quelli morti secoli fa, persino i geni, coloro che hanno segnato la letteratura mondiale. Se a livello emotivo un tale sentimento potrebbe anche risultare comprensibile, specie in un primo momento, di certo esso non è tale da giustificare la cancellazione di lezioni su autori russi presso le università italiane, né probabilmente di eliminare la Russia dalla nota competizione dell’Eurovision Song Contest. Tuttavia questo è avvenuto, scatenando – come dicevamo prima – dibattiti e accese polemiche. Ne ha guadagnato il romanzo di Nori, che tutti sono corsi ad acquistare con il vantaggio indiretto di rendere edotte molte persone a proposito di uno dei più grandi scrittori di ogni tempo, incontrastato scrutatore dell’animo umano fin nella sua profonda marcescenza.

La risposta che Nori dà alla domanda iniziale nel suo romanzo è “non lo so”, per poi metterla da parte e andare avanti. Per lui, infatti, la Russia è sempre stata qualcosa di talmente intimo ed emotivamente coinvolgente da diventare una parte imprescindibile di sé. O la Russia o niente, si disse più volte durante la sua carriera. E qualcosa di simile gli accadde con Dostoevskij, poiché quando lesse per la prima volta Delitto e castigo qualcosa dentro di lui iniziò a sanguinare e non smise più. È proprio questa la magia che risiede nelle opere dostoevskiane: la loro attualità, il non passare mai di moda, raccontando l’umanità nei suoi tratti esistenziali immutabili.  “Delitto e castigo l’ho letto che avevo forse quindici anni, son passati ormai quarantun anni e, di quel momento in cui ho incontrato Delitto e castigo, io mi ricordo tutto; mi ricordo la stanza dov’ero, la mia stanzetta all’ultimo piano della nostra casa di campagna, mi ricordo lo stupore di quello che stava succedendo, mi ricordo che mi chiedevo nella mia testa: “E io?”. Quel libro, come i libri memorabili che ho incontrato nella vita, ha fatto diventare un momento qualsiasi tra gli innumerevoli momenti che ho passato nei cinquantasei e passa anni che son stato al mondo un momento indimenticabile, un momento in cui ero consapevole del fatto che stavo al mondo, un momento che mi sentivo il sangue che mi pulsava nelle vene”.


 

Questo è soltanto uno, probabilmente uno dei più significativi, dei piccoli capitoli di cui si compone il romanzo di Nori, il quale – come abbiamo detto – ha una maniera piuttosto postmoderna di scrivere, anche quando si tratta di biografie. Stralci brevi, idee che si scontrano e ricompongono, salti temporali, episodi personali alternati ad altri strettamente connessi con la vita del protagonista del romanzo e ad altri ancora che non possono essere collocati in alcuna categoria, in quanto flussi di pensiero, elementi concettuali, parentesi aperte e chiuse, riflessioni in libertà. Se andiamo a vedere con più attenzione ciò che Nori mette su pagina a proposito di Dostoevskij, la sua attenzione è carpita soprattutto dalla parte iniziale della sua vita e della sua carriera. Si sofferma molto sugli anni della giovinezza e sulla detenzione, che ne cambiò radicalmente la persona, oltre che l’opera; concede ampio spazio anche alla spiegazione delle prime opere, a cominciare da Povera gente, il suo romanzo d’esordio che ebbe un successo strepitoso e lo fece conoscere alla comunità intellettuale dell’epoca. Si tratta di uno scritto oggi ritenuto minore, che tuttavia è possibile ascoltare su Audible, come quasi tutta la produzione dostoevskiana. Nori ci spiega bene il contesto in cui venne pubblicato e l’immediata fama raggiunta dal suo autore, allargando il discorso alla letteratura russa dell’Ottocento per permetterci di capire il perché di un simile scalpore. Molto meno spazio dedica invece ai capolavori più noti, forse proprio perché su di essi è già stato scritto e detto tutto, o quasi.

Come si anticipava sopra, un punto di forza di questo libro sta nella volontà di collocare con chiarezza e precisione Fëdor M. Dostoevskij nel suo tempo, in quanto solamente così saremo in grado di comprenderne la potenza innovativa. Inoltre, quello di Nori non è soltanto un discorso su uno specifico autore, ma una dissertazione attorno a tutta la letteratura russa dell’epoca, spaziando tra nomi più o meno noti: Turgenev, Tolstoj, Gogol’, Puskin e poi ancora i giornalisti le cui opinioni avevano un peso, gli editori, i critici, i colleghi e gli amici di Dostoevskij – a cominciare da Grigorovič, “che aveva studiato ingegneria come lui, che, come lui, era appassionato di letteratura e che, come lui, sarebbe diventato un letterato”. È dunque per tali ragioni che abbiamo scritto nel titolo di questo articolo La letteratura russa raccontata da Paolo Nori, senza limitarci ai nomi degli scrittori protagonisti dei suoi romanzi. Il professore ci fa infatti scoprire una Russia non soltanto letteraria, ma anche sociale, politica, ideologica che oggi sono in pochi a conoscere e a ricordare.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Vi avverto che vivo per l'ultima volta. Noi e Anna Achmatova (Mondadori)

Sempre edita da Mondadori e ugualmente presente su Audible, la “biografia” – a questo punto le virgolette sono d’obbligo – della poetessa Anna Achmatova scritta da Paolo Nori è uscita quest’anno e ha subito riscosso un enorme successo, anche grazie a quel filone femminista che ora va molto di moda e all’interno del quale il libro in qualche modo rientra; non certo per intenzione dell’autore, ma per la personalità stessa della Achmatova, che visse nella più totale libertà sin da giovanissima. Basti dire, a tal proposito, che il padre le intimò di smettere immediatamente di scrivere poesie, attività che non si addiceva alle signorine di buona società, altrimenti le avrebbe tolto il cognome e la sua ferma risposta fu di eliminarlo da sola quel cognome scomodo, scegliendone un altro – Achmatova, appunto – senza pensare neppure per un istante di limitarsi nella propria arte. Su di lei Nori spende molte parole di lode, di ammirazione, di stima e rispetto, in parte frutto del proprio pensiero, in parte riportando discorsi dei suoi contemporanei, definizioni e frasi dette da illustri letterati: tutti, in qualche modo, erano ammaliati da una donna straordinaria, che quando entrava in una stanza faceva scendere il silenzio attorno a sé.


 

Paolo Nori definisce Anna Achmatova “il più grande poeta mai esistito”, declinandola al maschile perché è proprio così che lei desiderava ci si rivolgesse alla sua persona quando si parlava di poesia. Non bisogna tuttavia cadere nell’errore di pensare che, visto il grande successo riscosso dalla Achmatova in vita e il suo ineguagliabile carisma, la sua fu un’esistenza semplice: tutto il contrario. Se dal punto di vista professionale venne espulsa dall’Unione degli Scrittori Sovietici nel 1946 con l’accusa di estetismo e di disimpegno politico – per essere poi riabilitata nel ’55 e addirittura candidata al Nobel nel 1965, appena un anno prima della sua morte –, guardando al versante sentimentale non le andò meglio: si sposò diverse volte, senza mai trovare né il grande amore, né quella pace e serenità che forse neppure cercava davvero; anche i rapporti con il figlio furono piuttosto freddi e turbolenti, tanto che morì pressoché sola. Stimata e ampiamente letta, questo sì, ma lontana dall’aver raggiunto i suoi obiettivi in ambito personale. D’altra parte, inseguì sempre una certa libertà di idee, di pensiero, di modi di vivere, di vedute e di atteggiamenti, che per la società dell’epoca possono essere considerati senza dubbio all’avanguardia. La lista dei suoi dolori non finisce però qui, perché il suo primo marito venne fucilato, mentre il secondo fu rinchiuso per anni in un gulag insieme a suo figlio: la Achmatova è, in tal senso, figlia del proprio tempo, essendo vissuta a cavallo tra l’Otto e il Novecento, subendo appieno la furia cieca non soltanto delle due guerre mondiali, ma anche della dittatura stalinista. In fondo, nessuno della sua cerchia era disposto a sottomettersi alla censura a capo chino.

Donna fragile eppure fortissima, dall’incredibile capacità di raccontare ogni sentimento umano in versi mutando forma ed espressione con il passare del tempo e portando alla luce tematiche che oggi definiremmo femministe, è ricordata nel suo Paese anche grazie al The Anna Achmatova Museum, di cui Paolo Nori parla ampiamente nel suo romanzo, raccontando per filo e per segno il suo viaggio in Russia proprio per visitarlo e raccogliere informazioni sulla poetessa. Un’avventura che si estende per parecchie pagine e diventa una storia nella storia, facendo emergere i curiosi nonsense della pandemia e tenendoci con il fiato sospeso fino a quando Nori non riesce effettivamente a prendere l’aereo per volare a San Pietroburgo, città entrata nel cuore di ogni personaggio presente in questo romanzo. Tra un episodio e l’altro che caratterizzò la turbolenta vita dell’Achmatova, Nori inserisce incontri con russi scappati in Europa dopo l’inizio della guerra, la cancellazione delle lezioni di cui abbiamo parlato sopra, altri elementi della sua vita personale e del suo rapporto con la Russia, che iniziò quando da studente si trasferì là per studiare e si imbatté in una tesi di laurea che gli diede molto da penare. Così, passato e presente si intrecciano, ancora una volta lasciando un ampio spazio al panorama della poesia e della letteratura all’epoca dell’Achmatova, radicalmente cambiato rispetto ai tempi di Dostoevskij. Di nuovo, un originale e scarmigliato viaggio nella storia delle penne che resero celebri questa volta il Novecento russo.

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