Marco Balzano, podcast per Audible: "Vi racconto la storia delle storie"
Marco Balzano, lo scrittore Premio Strega, firma un podcast per Audible dal titolo "La storia delle storie - Le avventure della parola"
Marco Balzano sbarca su Audible con un podcast dal titolo "La storia delle storie: le avventure della parola"
Non solo libri. Marco Balzano, lo scrittore che nel 2018 arrivò in finale al Premio Strega con il suo Resto qui e nel 2021 ha pubblicato con successo per Einaudi Quando tornerò, questa volta firma un podcast per Audible dal titolo La storia delle storie – Le avventure della parola. Si tratta di un vero e proprio viaggio nel mondo delle parole – da quelle orali della tradizione alla nascita dell’alfabeto, dai primi libri sino all’epoca del digitale –, che prende avvio dalla passione di Balzano per tutto quanto concerne le lettere.
Lo scrittore ne è autore insieme ad Andrea Piana e ne è anche voce narrante con la collaborazione di Federica Fracassi, nonché di alcuni esperti, intervistati in qualità di ospiti d’eccezione nel corso delle singole puntate: ne consegue che si ha quasi l’impressione di stare ascoltando un interessante programma alla radio e non ci si annoia mai. Questo lavoro originale, piacevole e al contempo di alto livello culturale è prodotto da Feltrinelli Audiopodcast in esclusiva per Audible e si articola in dieci episodi: Parole alate, La parola alfabeto, La parola libro, La parola copiata, La parola diventa donna, Parole bruciate, La parola scrittore, Dentro la parola felicità, Le parole ribelli, La parola popolare.
Affaritaliani.it ha ascoltato per voi il podcast, già disponibile su Audible, e ha colto l’occasione per intervistare Marco Balzano.
Marco il tuo amore per le parole non si esprime soltanto nella scrittura e nell’insegnamento, ma prosegue attraverso una ricerca personale che trova il suo massimo compimento nel tuo libro Le parole sono importanti e ora nel podcast La storia delle storie. Come nasce l’idea di realizzare quest’ultimo progetto, al centro del quale si trovano proprio le parole?
La passione per il linguaggio è implicita nel mestiere dello scrittore, che appunto maneggia le parole; tuttavia non è scontato che sia così intensa o che la si voglia sviluppare attraverso lavori di questo genere. Il mio interesse specifico nasce dal fatto che purtroppo un’educazione alla parola oggi non viene più realmente fornita in termini interessanti, aperti e nuovi; al contrario, si educa al linguaggio in maniera vecchia, restando ancorati solo alla grammatica.
È un peccato, perché si rischia di generare una distanza nei confronti di uno strumento che è presente nella vita di tutti: non dimentichiamoci che le parole valorizzano le idee e i sentimenti, pertanto hanno un’importanza enorme per ciascuno di noi. Bisogna allora trovare una chiave diversa per raccontarle.
Perché per noi individui dell’era digitale conoscere la storia delle parole e la loro origine è ancora fondamentale?
Perché il linguaggio è sempre soggetto a delle manipolazioni – a volte anche legittime –, per lo più al fine di vendere. Non c’è né accusa né moralismo nel dire ciò, però bisogna essere consapevoli di come vengono manipolate e abusate le parole. Se conosco la storia di un determinato termine dalle sue radici fino ad oggi, posso difendermi meglio e posso anche ribattere con ricchezza di senso, rendendo così la comunicazione molto più onesta.
Un elemento che caratterizza questo podcast è il costante dialogo con esperti dei vari settori, attraverso delle gradevoli interviste. Come mai hai scelto questa formula e qual è stato il criterio nella selezione dei professionisti consultati?
Volevamo che il podcast possedesse da un lato il rigore scientifico, dall’altro la piacevolezza dell’ascolto, ricreando il clima di una chiacchierata colta davanti al camino; questo perché non c’è bisogno per forza di etichettare la cultura come qualcosa di accademico. Gli ospiti – filosofi, intellettuali, giornalisti e comici, da Valerio Magrelli a Carlo Sini, da Alessandro Bergonzoni ad Andrea Kerbaker, solo per citarne alcuni – dovevano quindi avere un curriculum che parlasse da solo e al contempo una comunicatività capace di calarsi in un’atmosfera rilassata.
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Io credo che lo studio della parola e delle sue origini vada tirato fuori dalle università, perché il linguaggio è un bene di tutti e in quanto tale copre un ventaglio inclusivo e variegato. Proprio per questo motivo a condurre il podcast è uno scrittore, attraverso una formula adatta a un pubblico il più vasto possibile.
L’episodio Parole bruciate riguarda la censura, di cui racconti alcuni episodi chiave. Secondo te oggi, nella nostra società occidentale, siamo davvero liberi di esprimerci pienamente?
A mio parere la libertà di parola non c’è ancora al cento per cento. Lo scrittore e giornalista Pierluigi Battista, tra gli ospiti del nostro podcast, ha pubblicato un libro proprio su questo, selezionando storie che ci sono sembrate esemplificative. La democrazia porta pace e libertà, pertanto siamo fortunati ad essere nati in questa parte del mondo, ma che non agiscano più delle censure è tutto da vedere, poiché riceviamo comunque degli impulsi sia dal potere o dalle autorità, sia dalle semplici situazioni quotidiane in cui lavoriamo e viviamo.
A tale proposito è interessante l’intervento del linguista Federico Faloppa in merito ai linguaggi dell’odio, dove si analizza l’uso sbilanciato delle censure e delle autocensure anche in tempi recenti (basti pensare alla satira in Italia). Dunque è un discorso da considerare non ancora finito, anzi è bene tenere a mente che i diritti non sono mai conquiste definitive.
Un altro episodio, molto bello e toccante, è dedicato alle donne…
Sì, ci interessava ripercorrere la storia della presenza della donna nella letteratura, partendo dall’antichità fino ai giorni nostri. Per secoli e secoli le scrittrici erano una vera e propria eccezione, sono esistite con estrema rarità in un universo maschile che dominava e si sentiva proprietario della cultura. Il Novecento è invece l’epoca in cui la donna entra in maniera decisa e con una riconoscibilità evidente nella narrativa: penso, ad esempio, a Grazia Deledda, ad Elsa Morante, a Natalia Ginzburg, a Sibilla Aleramo, premiate e riconosciute per le loro doti e per il lodevole operato.
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Nonostante ci siano ancora molte conquiste da fare in merito alla parità dei sessi, il vero cambiamento sta nel fatto che se ne sia iniziato a parlare a gran voce con consapevolezza, facendo emergere la necessità di affrontare il problema. Io stesso mi sento parte in causa, perché ritengo che un mondo in cui le donne abbiano davvero gli stessi diritti degli uomini sia più bello per tutti, specie per i bambini che un domani cresceranno e saranno adulti in una società migliore.
Questa intervista esce a poca distanza dalla Giornata della Memoria. Quali sono le parole di Marco Balzano a tal proposito?
Vorrei sottolineare proprio il significato della parola memoria, che indica il progetto di raccontare il passato, ovvero un tempo che possiamo conservare se impariamo a tramandarlo. Non è quindi un semplice passato, ma è qualcosa che torna a chiederci di essere interrogato perché non ci abbiamo ancora fatto i conti del tutto. La Giornata della Memoria dovrebbe servire non soltanto per ricordare, ma anche per fare chiarezza.
Mi ha molto colpito l’analisi della parola felicità, la cui radice latina indica prosperità, fertilità e non è mai disgiunta dall’ambito sociale, a differenza del significato greco, che invece implica la ricerca di sé stessi e la conoscenza individuale. Come mai a volte le origini greche e latine divergono così tanto? E in questo caso non si può dire che la parola felicità si sia arricchita con il trascorrere dei secoli, invece di impoverirsi?
Le parole sono l’evento finale di un processo molto lungo, pertanto ogni società e cultura le carica del significato in cui meglio si rispecchia: per i greci, appunto, la felicità è la ricerca di sé, per i romani è invece un donare e avere cura della vita. Non bisogna, però, commettere l’errore di pensare che il linguaggio del presente sia il più povero mai esistito: alcune parole si sono infeltrite, altre hanno cambiano natura e altre ancora sono sbocciate, come il termine felicità.
La lingua corrisponde sempre a un bisogno dell’uomo, pertanto certi termini si arricchiscono di significato a fronte di società più complesse, mentre altri diventano inutili e a poco a poco scompaiono dal dizionario. Il linguaggio è un qualcosa di vivo, che cambia di continuo; è proprio per questo che si fanno quasi ogni anno nuove traduzioni di testi classici.
Progetti in cantiere?
Sembra una strana coincidenza, ma – oltre a scrivere la sceneggiatura del film tratto dal mio ultimo romanzo Quando tornerò – sto lavorando a un saggio che avrà come tema proprio la felicità.