Balenciaga, tra social e influencer è facile scivolare sulla comunicazione

Nell'era dei social, dove ogni tipo di notizia può fare il giro del mondo in meno di un'ora, la gestione della comunicazione si complica per il fashion

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Open Influence, De Martino: "Caso Balenciaga? Ci vorranno mesi per dimenticare lo spot con gli oggetti bondage vicino ai bambini"

Il caso della campagna natalizia di Balenciaga ha evidenziato quanto sia difficile la gestione della comunicazione nell’era dei social. Uscito intorno a novembre, lo spot della maison del gruppo Kering aveva scatenato le polemiche a causa della presenza di oggetti legati al bondage vicino a dei bambini. 

Tra gli altri, a esporsi maggiormente sul caso è stato un “pezzo da 90” del mondo dei social come la top-model Kim Kardashian (340 milioni di follower su Instagram). “Sono arrabbiati se non parlo, sono arrabbiati se lo faccio”, ha ammesso la Kardashian in un episodio del podcast della creator americana Angie Martinez.  Ebbene, per quanto sia difficile quantificare in termini di immagine (e quindi economici) i danni subiti da Balenciaga in seguito alla polemica, si può provare a fare una stima. 

Come riporta PambiancoKarim De Martino, SVP Business Development Europe di Open Influence, agenzia specializzata in influencer marketing, ha spiegato: “Non solo i rapporti a pagamento in genere diventano off limits, ma il danno si estende anche alle relazioni organiche con gli influencer. Ci vorranno mesi a dimenticare questa cosa perché situazioni analoghe distruggono il 70-80% della comunicazione e della reputazione del brand”. 

Secondo Francesco Oggiano, autore della newsletter Digital Journalism oltre che del libro ‘SociAbility’, i social sono, ormai, diventati il principale canale di riferimento per tutto il mondo. 

“Prima la comunicazione di un brand fashion si poggiava, per così dire, su media più lenti. Con i social si sono innescati due cambiamenti. Prima di tutto, i tempi: la commistione tra alto e basso può innescare una polemica in grado di fare il giro del mondo in appena un’ora, con la conseguenza che il brand rischia di ‘bruciarsi’ in tempi rapidissimi”, spiega Oggiano.

L’altro aspetto da tenere conto è legato al pubblico di queste piattaforme. “Il pubblico è ormai ampio e globale tutti gli effetti: una dichiarazione o un’immagine presa in un contesto può essere veicolata nelle altre piattaforme social e finire sotto i riflettori di un altro tipo di pubblico, che normalmente non segue quel settore ed è quindi meno ‘preparato’”.

Infine, per Andrea Scotti Calderini, Ceo e Co-Founder di Freeda, tra le digital media company italiane più rinomate, “il caso Balenciaga ha fatto emergere una verità: si è passati dal binomio ‘brand che comunica’ a brand che ‘conversa’ con i consumatori. Nel caso di una campagna ‘tradizionale’ i tempi sono molto dilatati perché i livelli di approvazione interna sono numerosi”, spiega. “Oggi i brand di moda puntano invece ad instaurare una conversazione con gli utenti. Qui i contenuti pubblicati e veicolati sono quotidiani, il che significa che ci sono maggiori possibilità che capiti l’incidente mediatico”.

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