Come previsto Zaki scende in politica: principino del Cairo nominato Faraone

Patrick Zaki ha celebrato il suo trionfo a Bologna spianando la strada verso la sua "discesa in campo". L'analisi

Di Giuseppe Vatinno
Patrick Zaki
MediaTech

Zaki, il principino del Cairo nominato Faraone dell’Alto e del Basso Egitto (ma sembra più Nerone). Analisi 

Il paffuto e florido Patrick Zaki, appena liberato dalle galere egiziane, in imbarazzante sovrappeso, ha celebrato il suo trionfo in quel di Bologna, dopo essere stato eletto sul campo principino del Cairo e di Luxor, nonché faraone dell’Alto e nel Basso Egitto con potestà sull’Enotria, meglio conosciuta come Italia, con capitale Bologna. La storia è nota.

Dopo aver scritto articoli che spernacchiavano indecentemente l’attuale governo di Abdel Fattah, in arte al-Sisi, è stato ospite delle “segrete delle piramidi” (non i “segreti delle piramidi” che se no ci si eccitano in contemporanea Roberto Giacobbo e Alberto Angela).

Dopo che il governo italiano lo ha salvato dalla condanna ad anni tre di reclusione, il ricercatore detenuto in Egitto, ha fregato tutti e ha rifiutato qualsiasi coinvolgimento ufficiale con l’Italia, nonostante le molte soluzioni prospettategli. Quindi niente volo di Stato, niente accompagnamento diplomatico per questo ingrato furbacchione che ha solo sfruttato l’Italia per salvare le terga e poi defilarsi alla grande.

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Infatti la grazia ricevuta da al – Sisi se la poteva scordare se non ci fosse stato un intervento diretto di Giorgia Meloni. E così, dopo il trionfo felsineo guidato dalle mosche cocchiere del Pd, il ragazzotto ha fatto outing (ha resistito poco): “Vorrei impegnarmi nei diritti umani” –ha quindi declamato con il pollice alzato e la camicia incorniciata da due macchioni di sudore. Il tutto, guarda caso, a pochi giorni dall’altro outing, quello della comandante a Carola Rakete. Come si vede siamo in pieno effetto Cinque Stelle: sconosciuti miracolati da qualche evento casuale in cui sono incappati più per anarchia che convinzione.

E dunque lo studente di Bologna, neppure dottorato, appena laureatosi nella messinscena costruita da Roma e il Cairo in diretta televisiva, ha sentito odore di Bruxelles, delle sue ostriche normanne, dei suoi vinelli francesi, delle cioccolate di cui è ghiotto e si è lanciato nell’auto – candidatura, naturalmente dissimulata dalla solita frase di routine salva - chiappe: “ho ancora tanto da imparare”, che magari gli ha consigliato qualche radical –chic di quelle terre così generose a produrre sangiovese e politici.

E così al Corriere della Sera “Zaki l’Ingrato” –come è ormai universalmente noto- ha dichiarato: “Anche tutta questa visibilità: voglio che diventi uno strumento, la voglio usare per difendere chi non ha voce né volto”. E qui siamo all’effetto – Soumahoro più classico. Anche Zaki l’Ingrato vuole aiutare i poveri e gli ultimi ma, lo vuole fare da una comoda poltrona di Bruxelles – Strasburgo, magnando ostriche e bevendo champagne lautamente fornito dall’Unione Europea alla faccia nostra.

E magari qualche povero allocco che ancora ci casca pensava che Zaki l’Ingrato volesse fare politica dalle carceri di al – Sisi, lottando con scarafaggi e vogliosi omoni nubiani.

No, non è così. E a guardarlo bene con quei ricciolotti neri che gli precipitano ai lati delle orecchie più che un Faraone pare Nerone. Ma poco cambia. Fra un anno ce lo ritroveremo eletto in Europa, radicalchicchizzato a puntino, a mangiare ostriche ed aragoste. Quando si dice la fortuna.

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