Gianni Minà, il giornalista tutto d'un pezzo che ci lascia tutti più soli

Un uomo che nel fare e dare parola insegnava qualcosa perché non aveva filtri né preconcetti

di Massimo Moletti
MediaTech

Gianni Minà, il giornalista campione d'interviste che ci lascia tutti più soli

Può un giornalista vivere in eterno? Può un narratore della nostra vita essere sempre con noi? Il passo dalla carta alla radio per finire alla tv può aprire le porte alla notorietà o fama? Gianni Minà era tutto questo e molto altro: semplicemente, era un giornalista... In un paese di eterni opinionisti onniscenti era il narratore perché non dava giudizi o sentenze ma solo interviste! Un uomo che nel fare e dare parola insegnava qualcosa perché non aveva filtri né preconcetti.

La carta stampata non aveva forma ma solo firma: si leggeva il racconto senza nessuna interpretazione. La radio dava voce e la tv pure il corpo e il viso!! Parla più il corpo della voce perché scrive movenze meglio della penna. Gianni non faceva trasparire nulla sul suo pensiero ma era semplicemente un curioso che voleva capire. I personaggi sportivi e musicali ma pure politici erano i suoi bersagli, sempre con la nobile arte dell'uomo che prima vuole conoscere lui poi ti regala la sua scoperta. Trasmissioni e collaborazioni con tutte le testate tv e giornali: non cambiava in base al mezzo o invitato.

Lui restava sempre "Gianni", un giornalista poi scrittore ma sempre per divulgare e infornare. In un tempo dove le trasmissioni  sono il falò delle vanità e i promo in osanna al conduttore lui era un cultore del servizio al pubblico poi su carta o  in onda non era differenziata la sua classe. Voleva solo fare capire e non insegnare o inculcare. In una tv dove è  un ring di lotte e grida la sua voce era flebile e gentile nel voler entrare nella notizia ma mai a gamba tesa. Anzi allungava la mano per arrivare lontano col pensiero...

Oggi molti aggrediscono l intervistato e fanno lotte, lui era semplicemente un giornalista senza esibizione ne convinzione di avere la scienza in mano. La sapienza voleva divulgar la per crescere col suo pubblico. Tra 10 anni sarà ricordato. Il suo mestiere dovrebbe però essere tramandato e insegnato. Quando muore un giornalista vero muoiono una parte di noi e dei nostri momenti di vita. Per questo motivo che il suo racconto sarà sempre messo in un angolo tenuto da conto per tutti noi lettori e telespettatori.
 

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