Black Mirror e il pericolo influencer: quando i social diventano propaganda
Facebook, Twitter, Instagram e TikTok: un esercito sterminato di esseri umani ci influenza ormai ogni giorno attraverso micidiali metodi di propaganda
Black Mirror e il pericolo influencer: occorre che la politica presti estrema attenzione a questi fenomeni di massa. Il commento
C’è una bella serie Tv di qualche anno fa che presenta in tutta la loro pericolosità alcune degenerazioni dell’alta tecnologia, si chiama “Black Mirror” e si trova in una nota piattaforma on – line. Il titolo deriva dal colore che hanno gli schermi neri dei computer e più in generale degli apparati elettronici.
E se ormai la tecnologia informatica è diventata un ausilio non eliminabile della nostra esistenza vi sono, contemporaneamente, anche dei lati inquietanti che devono essere presi in seria considerazione. Ormai tutti sanno cosa sono i “social”, in generale strumenti di comunicazione mondiale che permettono di trasmettere in tempo reale le proprie esperienze a miliardi di persone.
Facebook, Twitter, Instagram, TikTok, per citarne solo alcuni, sono diventati strumenti comuni. Fotografie, immagini, stati d’animo, emozioni finiscono tutti in Rete. Naturalmente il mondo virtuale non è meno pericoloso di quello reale e come in un film di fantascienza vi sono continui scambi tra i due universi e il dark web è una sorta di isola di Tortuga in cui frotte di pirati e bucanieri si danno appuntamento per combinare anche commettere qualsiasi tipo di illegalità: dal traffico della droga a veri e propri assassini su commissione.
Ma, oltre a questi pericoli abbastanza manifesti, ve ne sono altri molto più subdoli, nascosti e pericolosi non tanto per l’incolumità fisica quanto per la democrazia e si tratta dell’utilizzo distorto che si possono fare di tali mezzi per raggiungere i propri scopi personali, siano essi di guadagno che di potere. “Psicologia delle folle” è un libro di Gustave Le Bon, pubblicato nel 1895, che seppure datato, mostra i meccanismi perversi che si instaurano nel rapporto tra singolo e “folla”, cioè la moltitudine.
Il libro stava sul comodino di diversi dittatori e Benito Mussolini ebbe a dire di aver letto l’opera omnia del sociologo francese che è ancora attualissima e dovrebbe essere riadattata per includere uno strumento che allora non c’era e cioè Internet e specificatamente l’universo Web. Ormai il termine “influencer” è dilagato nella cultura di massa e popolare e sta divenendo sempre più patrimonio comune della nostra società e non solo quella Occidentale da dove, come al solito, è partito il fenomeno.
Ma chi sono questi influencer? Si tratta in genere di giovani se non giovanissimi che acquisiscono un enorme potere mediatico per l’altissimo numero di follower, cioè di seguaci, di cui i loro profili virtuali sono dotati. Si tratta di numeri impressionanti: milioni e milioni di seguaci pronti a tutto per sostenere e compiacere proprio beniamino o la propria beniamina in un campo specifico: in genere si tratta di cucina, cosmesi, moda, viaggi o più semplicemente pensieri condivisi sulla società o sul modo di rapportarsi ad essa.
Si tratta di un esercito sterminato di esseri umani che si nasconde dietro ad apparentemente innocui post che tuttavia possono divenire micidiali strumenti di propaganda quando condizionano e dirigono il gusto e le scelte di milioni se non miliardi di persone. Ormai ci sono influencer in ogni campo: ci sono gli influencer religiosi, calcistici, della cucina, televisivi, della forma fisica e chi più ne ha più ne metta. Finché si rimane nella propaganda commerciale si potrebbe trattare di uno dei tanti fenomeni di massa del nostro tempo, ma sempre più spesso i loro post debordano pericolosamente verso la politica influenzando, letteralmente, il gioco democratico.
Ma cosa accadrebbe se uno di questi influencer “democratici” decidesse che qualche idea politica estrema sia una buona scelta da seguire? Potrebbe con un solo click influenzare milioni di persone portandoli a votare le proprie idee malsane. Un episodio del genere, “Vota Waldo!”, è narrato nella serie prima citata ed è emblematica nell’estrema pericolosità sociale che una sola persona che ha molti seguaci può avere per la democrazia reale. Si tratta di un personaggio virtuale inventato, appunto “Waldo”, che con discorsi populisti e qualunquisti incanala l’odio delle folle verso comportamenti o persone particolari con risultati disastrosi per i malcapitati. E per questo occorre che la politica tradizionale, quella reale per intenderci, presti estrema attenzione a questi fenomeni di massa che sempre più spesso le stanno sfuggendo di mano.