Intelligenza artificiale, Fantinati: "Problema politico e di equità"
Intervento di Mattia Fantinati all'evento "Innovazione, capitale umano, impresa e PA" a Roma
Intelligenza artificiale, Fantinati: "Problema politico e di equità"
Quando: venerdì pomeriggio scorso, Roma, fine di un ottobre ancora caldo ed estivo. Dove: Rome Business School, istituto dedicato ai manager del futuro, proprietà del gruppo internazionale Planeta De Agostini. Cosa: l’evento "Innovazione, capitale umano, impresa e PA". Chi: la politica, con Anna Laura Orrico, attuale deputata del M5s, esperta di innovazione ed imprenditoria femminile; la già citata Rome Business School, che - dopo i saluti del rettore Antonio Ragusa, porta all’attenzione dei pannelist i risultati delle proprie ricerche, presentate da Valerio Mancini; Converger, una società ipertecnologica, attualmente impegnata sui server quantistici, che discute dell’importanza di investire su Environment, Governance & Sustainability per il futuro dell’impresa, attraverso le parole del suo CEO, Franco Sanseverino; e, infine, io, in qualità di presidente di IGF - Internet Governance Forum Italia, l’associazione mulltistakeholder che, sotto l’egida dell’Onu, si occupa del futuro del Web. Tutti gli interventi sono interessanti, di grande qualità.
I dati sottolineano quello che già sappiamo e sul quale tutti - dall’accademia alla politica, passando per l’impresa - ci ritroviamo: il futuro dell’Italia è legato alla capacità del sistema di investire sul capitale umano e sull’innovazione; i Paesi che volano sono quelli che stanno portando avanti questo tipo di transizione; non c’è solo l’Europa, oramai, ma tanti newcomers, a iniziare dall’Asia, che sono affamati di successo; l’Italia ha un ottimo capitale umano dal punto di vista qualitativo, ma in generale abbiamo pochi laureati, e pochi laureati STEM, soprattutto; le nostre imprese sono fortissime, ma una burocrazia inefficiente le zavorra.
È il mio turno. Accendo il microfono. Leggo il mio intervento. Preciso, focalizzato, tetragono. Ragionamenti che non fanno una piega. Guardo il pubblico. Inchiodati ai miei ragionamenti, ma freddi, distanti. Termino l’intervento, lasciando pochi dubbi nel mio uditorio. E svelo il gioco. Avevo letto un intervento che era stato scritto da ChatGpt Pro. L’Intelligenza Artificiale aveva digerito ed elaborato tutte le ricerche della RBS. L’esposizione era perfetta. Eppure… Vi è mai capitato di sentire un virtuoso dello strumento, abile a sciorinare i Capricci di Paganini alla velocità della luce, ma incapace di comunicare il benché minimo afflato di passione? Ecco, l’IA è così. Perfetta. Ma senza il tocco umano: il calore, la creatività. Era qui che volevo portare i miei interlocutori. L’IA può fare tante cose, benissimo, anzi pure meglio degli esseri umani, che non hanno la capacità di calcolo delle macchine.
Ma il fattore umano non potrà mai essere sostituito. Non ci sono problemi per il lavoro, dunque? Magari! Sarebbe bello se il nostro lavoro fosse sempre creativo! In realtà, gran parte dei lavori prevedono azioni routinarie e saranno sicuramente sostituite dall’IA. In alcuni settori, abbiamo lavoratori che eseguono spartiti in modo piatto, e artisti che infondono il loro tocco. Il mio discorso era bello ma non ballava, infatti. In quel caso, i lavoratori normali saranno sostituiti dall’IA, quelli capaci di un tocco in più no. Ma, in ogni caso, è vero che, in gran parte dei lavori, l’IA sostuirà l’uomo. Dunque il problema politico c’è. C’è un problema di equità, e questo vale anche in quei casi dove “le eccellenze” conservano il proprio lavoro, perché un mercato del lavoro che protegge solo i fuoriclasse non ha senso; ci sono tanti lavoratori normali che hanno diritto di campare. Di fronte alla “distruzione creatrice” dell’innovazione - per citare l’economista Joseph Schumpeter, che prima di tanti ha sottolinato tale questione all’interno del capitalismo -, l’ipotesi di addivenire ad un reddito di cittadinanza che sostenga i lavoratori travolti dall’obsolescenza della propria professionalità, a causa della sostituzione portata dall’IA, e proposta al convegno da Anna Laura Orrico, ha sicuramente senso. Ci sarà chi rimane indiestro, e dobbiamo aiutarlo. Ma io sono, in realtà, ottimista.
Certo, i lavoratori avranno sempre più bisogno di formazione continua - e in questo mi trovo con quanto sostenuto da Converger e Rome Business School -. Ma sarà proprio l’IA ad avere bisogno di noi. A noi toccherà allenarla. A noi toccherà ristrutturare il flusso di lavoro. A mio modesto parere, l’IA sa fare cose semplici e complesse. Milioni di calcoli, ma di attività scindibili sempre attraverso una logica binaria. Ad oggi, i robot non riescono a fare una cosa semplice ma difficile, come annodare i lacci, dove micromovimenti fatti di incredibile sensibilità non riescono a essere replicati dalla macchina. Per estendere lo spazio di intervento dell’IA al lavoro umano, proprio noi dovremo, non solo allenare la macchina, ma dividere le attività lavorative difficili in tante azioni semplici e complesse, cioè azioni che la macchina può svolgere. Con l'obiettivo di essere affiancati, liberati dalle parti più noiose, per infondere il nostro tocco in più. Che è e resta insostituibile.
L’innovazione può essere un beneficio per l’umanità. Ovviamente, a patto di rendere questa rivoluzione per tutti. E per questo, ci vorrà sempre più formazione. Una formazione perenne che punti proprio a valorizzare il talento umano, per renderci insostituibili.
Questo è quello che ho detto nel mio intervento a braccio all’evento organizzato da Converger, Rome Business School e Internet Governance Forum. E, per la cronaca, per quanto imperfetto, rispetto a quello elaborato da ChatGpt, è piaciuto molto di più al pubblico. Perché c’era quello che l’IA non potrà mai sfornare: la passione.
* Presidente di IGF Italia. È stato parlamentare per 10 anni e Sottosegretario alla PA nel Governo Conte I.