Stanzione attacca l'intelligenza artificiale, ma non si capisce su cosa

Il presidente dell'Autorità per la privacy si lancia in una nuova crociata contro l'intelligenza artificiale. Ora il Garante fa anche da psicologo

Di Giuseppe Vatinno
MediaTech

Il nuovo confuso attacco del Garante della Privacy Stanzione all'intelligenza artificiale

Pasquale Stanzione è il presidente della Autorità per la privacy e da qualche tempo è balzato agli onori della cronaca per la sua crociata contro l’Intelligenza Artificiale. In verità non è che si capisce molto il ruolo di questa Agenzia visto che per fare qualsiasi cosa servono appunto i dati che del resto vengono rivelati anche al supermercato sotto casa. Diciamo che da quando c’è l’Agenzia occorre schivare in continuazione le richieste di cookie e contro-cookie per entrare in qualsiasi sito, producendo una notevole perdita di tempo. Insomma un vero flagello digitale che in nome della privacy ci chiede continuamente di acconsentire o no.

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Quando invece ci sono problemi reali, tipo garantire l’anonimato su Google, il percorso è complesso e difficile e quasi sempre si risolve in un nulla di fatto. Ma questo fa parte dell’evoluzione della “burocrazia ostativa” che caratterizza particolarmente l’Italia.

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Qualche tempo fa il Garante si è distinto per l’eccessivo zelo ed ha bloccato – siamo stati i primi al mondo - ChatGpt, cioè l’applicazione più famosa della Intelligenza Artificiale, che deve spaventare particolarmente Stanzione. La motivazione è che i dati dell’utente non sarebbero stati al sicuro e così ha bloccato tutto fortunatamente solo per qualche tempo, date le proteste che erano sorte da parte di utenti e dal mondo scientifico.

Ma quello che appare francamente strano è che ora il garante non si limita all’azione per cui è nata l’Agenzia – e cioè la protezione della privacy - ma si è trasformato addirittura in qualcosa che si occupa di filosofia e financo di morale. E così ieri ha parlato di una non meno identificata “solitudine digitale all’altrui potere”: "Dalla bioetica all'intelligenza artificiale, dai poteri privati delle piattaforme al cyberbullismo; dai discorsi d'odio all'oblio; dagli invisibili digitali della gig economy alla telemedicina: in tutti questi ed altri contesti il Garante fornisce il proprio contributo, a tutela di chi viva la solitudine digitale come soggezione all'altrui potere".

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Ma Stanzione non si accontenta ed entra nel merito trasformandosi anche in psicologo e cita Michel Foucault: "La solitudine è la condizione prima della totale sottomissione e contrastarla è l'obiettivo che il Garante persegue ogni giorno". Dunque abbiamo un Garante che combatte per noi, per i cittadini, contro la “totale sottomissione”, ma non si capisce a che. Un discorso abbastanza oscuro ed inquietante e soprattutto esorbitante il suo ruolo istituzionale.

Ma non pago si lancia in una intemerata contro la tecnica degna di Heidegger: "Alla infinita volontà di potenza della tecnica, a ciò che si è definito il playing God, deve porsi un indirizzo e un limite, etico e giuridico, a tutela della dignità della persona. Il rischio, altrimenti, è che le tecniche divengano sempre più opache, mentre le persone sempre più trasparenti, secondo l'idea dell'uomo di vetro cara a sistemi tutt'altro che democratici".

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Quindi il pericolo, pare di capire nel confuso discorso, sarebbe la “vetrificazione dell’uomo”. Bisogna dirlo agli artigiani di Murano, che magari Stanzione gli spiega qualche nuova tecnica. Ma non si ferma qui. Ce ne ha anche per Zuckerberg: "Rischi non meno trascurabili pone il metaverso, destinato ad avere implicazioni dirimenti sulla società e sulla stessa antropologia contemporanea". In Italia succede ormai di tutto ma ci mancava solo il “Garante Etico” che insieme allo Stato Etico di Hegel vuole controllare le vite delle persone, pardon dei suoi sudditi.

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