Milan e Inter, la docente PoliMi: "Stadi? Vagonate di cemento per capriccio"

Arianna Azzellino, esperta in valutazioni ambientali: "Vagonate di cemento appena fuori Milano, volere due stadi di proprietà è un assurdo capriccio"

Redazione
Stadio San Siro
Milano

Milan e Inter, la docente PoliMi: "Stadi? Vagonate di cemento per capriccio"

“Vagonate di cemento appena fuori Milano”. E’ questa la prospettiva che vede "farsi sempre più concreta" Arianna Azzellino, docente del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale al Politecnico di Milano, se dovesse realizzarsi il progetto di uno stadio dell’Inter a Rozzano e di uno del Milan a San Donato Milanese. L’esperta in valutazioni ambientali esprime all’AGI tutta la sua contrarietà rispetto agli scenari relativi ai possibili nuovi palcoscenici delle squadre di calcio milanesi. “La Lombardia nella tutela dell’ambiente e del territorio è ferma ideologicamente a 50 anni fa. Mentre buona parte del mondo declina lo sviluppo sostenibile in base alla tutela ambientale, qui da noi lo ‘sviluppo’ è ancora l’obiettivo primario a cui deve essere sacrificato tutto il resto.

E così, nel balletto delle ipotesi che potrebbero soddisfare le richieste di Inter e Milan che da tempo trovano ‘strettina’ la loro convivenza a S. Siro, vagonate di cemento rischiano di cadere appena fuori Milano, in quella cintura metropolitana, presidiata dal Parco Agricolo Sud Milano, istituito da una legge regionale del 1990, poi aggiornata nel 2007, come area unitaria di riferimento destinata alle esigenze di protezione della natura, dell’ambiente e dell’economia agricola e rurale”.

I sindaci dell'hinterland mlianese fremono per avere gli stadi di Milan e Inter

Azzellino avverte attorno a queste ipotesi “un silenzio assordante rispetto alla rivolta che si è sollevata contro la demolizione di San Siro”. Anzi: “I sindaci di questi territori, a parte quello di Segrate, si sbracciano per manifestare il loro entusiasmo e fremono di fronte alle promesse di sviluppo, infrastrutture, sicurezza e non c’è quasi nessuna voce tra gli amministratori che si levi per ricordare l’enorme impatto ambientale di queste soluzioni e l’irragionevole e anacronistico consumo di suolo che comporterebbero”.

Il contesto “è quello di una regione che, stando alle statistiche ufficiali dell’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, è maglia nera di consumo di suolo, avendo impermeabilizzato e reso artificiale più del 12% del suo territorio e detenendo il primato sia in termini assoluti, con oltre 289mila ettari di copertura artificiale nel 2022, sia in termini di consumo annuo di suolo con 883 ettari consumati nel 2022”.

Azzellino (Politecnico): "Due stadi di proprietà: l'assurdo capriccio di Milan e Inter"

Di fronte a quello che definisce “l’assurdo capriccio dei club di volersi costruire due stadi di proprietà in aree non urbane e destinate alla protezione del suolo”, gli amministratori non sollevano quelle che Azzellino porta come evidenze come “gli eventi alluvionali sempre più frequenti e devastanti su un territorio che ormai presenta una percentuale di impermeabilizzazione tale da generare volumi di acqua di ruscellamento superficiale che vanno ben oltre la nostra capacità di invaso.

1,6 miliardi di euro è la stima dei danni in Lombardia nei soli eventi alluvionali dello scorso luglio. Un dato che trova corrispondenza con le stime dell’ordine della decina di miliardi di euro della monetizzazione degli interventi legati al mantenimento dell’invarianza idraulica richiesta dall’attuazione dei PGT lombardi”.

 E ancora va considerato "lo stato di emergenza ormai cronico nella stagione irrigua persino in una regione che mai avrebbe immaginato di potersi trovare in condizioni di deficit idrico. Non basta l’evidenza che il livello di fiumi e falde si stia inesorabilmente abbassando a causa della sempre minor capacità di infiltrazione nel suolo. I richiami dell’Unione Europea e delle organizzazioni internazionali che ci ricordano come il suolo sia una risorsa essenziale non rinnovabile, come sia ormai assodato che continuare a costruire fuori dai centri urbani costi troppo in termini sociali, per la richiesta di infrastrutture e per i relativi impatti ambientali. Ma non “attecchisce” l’idea della necessità di azzerare quanto prima il consumo di suolo concentrandoci sulla “rigenerazione urbana” delle nostre città”.

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