Monti: "Indagine su Regione. Ma sulle zone rosse decideva lo Stato"

Su Crisanti: "Forse era più opportuno ragionare su un altro consulente"

di Nicolò Rubeis
Emanuele Monti
Milano

Monti: "Indagine su Regione. Ma sulle zone rosse decideva lo Stato"

"È un'indagine che mette molto al centro la Regione Lombardia, quando la competenza sulle zone rosse, eventualmente, era dello Stato". Il consigliere regionale leghista Emanuele Monti, presidente al Pirellone della commissione Sanità, commenta con Affaritaliani.it Milano la chiusura delle indagini per la gestione del Covid nella bergamasca. Tra gli indagati, oltre all'ex premier Giuseppe Conte e al suo ministro della Salute Roberto Speranza, ci sono anche il governatore lombardo Attilio Fontana e l'ex assessore al Welfare Giulio Gallera: "Si rischia di spettacolarizzare un'inchiesta che poteva essere oggettiva". E "stupisce", secondo Monti, anche la consulenza fornita ai pm dal microbiologo, adesso senatore Pd, Andrea Crisanti: "Un tecnico prestato prima alla televisione e poi alla politica".

Monti, i pm contestano a Fontana di non aver segnalato criticità rispetto alla diffusione del contagio nei comuni della Val Seriana.

Direi che siamo sempre alle solite, anche perché la questione della zona rossa è stata ampiamente approfondita e si è dimostrato che la Regione, oltre a quanto fatto in quel periodo, non poteva fare. Abbiamo messo in campo anche una commissione Covid regionale con la massima trasparenza, portando in audizione i direttori.

Diventerà un processo politico?

È passato già qualche tempo da quei momenti e oggi conosciamo molto di più il Covid. Allargare l'indagine a un numero di soggetti così importanti, inserendo anche la politica come se avesse avuto la possibilità di incidere su scelte di carattere così ampio, rischia soltanto di spettacolarizzare l'inchiesta.

La consulenza di Crisanti era opportuna?

La Procura è libera. Ma probabilmente, anche dopo la candidatura e la successiva elezione tra le fila del centrosinistra di uno dei principali autori della relazione tecnica alla base del capo di accusa, forse era più opportuno ragionare su un altro consulente.

Le famiglie delle vittime dicono che con la chiusura delle indagini si riscrive la storia del Covid nella bergamasca.

I familiari chiedono legittimamente che sia chiarita la situazione. Ma onestamente, ed è scritto nero su bianco nelle indagini chiuse in questi anni, con le informazioni che disponeva la Regione non poteva fare di più.

Tra gli indagati anche Gallera. Difende il suo operato?

Agendo un po' da Caronte, sono rimasto a seguire gli affari della Sanità prima, durante e dopo il Covid. Gallera, come Fontana, ha fatto il massimo. In un momento così difficile praticamente dormivano in Regione, stavano in unità di crisi sette giorni su sette. Quello che dispiace è che poi rimangono solo il fango e gli attacchi. E come spesso accade in questo Paese si scambia un indagato per un condannato: sacrosanta l'inchiesta e le richieste dei familiari, ma c'è una grande differenza.

Tra l'altro ancora non hanno ricevuto atti ufficiali né Gallera né Fontana.

Questa è una cosa che deve finire: non si può scoprire di un'indagine dai giornali. A livello di metodo è poco rispettoso per tutti e anche indelicato. Poi se andiamo a vedere abbiamo avuto centinaia di nomi buttati sui giornali come indagati per epidemia colposa, come se qualcuno la volesse provocare di proposito, ma non ce ne è uno che sia stato condannato. Già occuparsi della cosa pubblica è un fardello importante in un momento storico come oggi, poi se si viene anche bersagliati diventa un po' scorretto.

Tags:
bergamoemanuele montiindagineregione lombardia