Davigo condannato, ecco le motivazioni: "Smarrita la postura istituzionale"
La decisione dei giudici era arrivata lo scorso 20 giugno
Caso Amara, Davigo condannato a Brescia: le motivazioni della sentenza
E' stato condannato a un anno e tre mesi e a risarcire 20mila euro Piercamillo Davigo, imputato per la rivelazione di segreto d'ufficio sui verbali secretati resi alla procura di Milano dall'avvocato Piero Amara sulla presunta esistenza della loggia Ungheria. Lo ha deciso il Tribunale di Brescia (collegio Spanò-Macca-de Nisi).
Le motivazioni della sentenza
Dopo la sentenza dei giudici arrivata lo scorso 20 giugno dal tribunale di Brescia, oggi filtrano le motivazioni della sentenza di condanna nei confronti dell'ex consigliere del Csm. "Alla luce di quanto emerso nel processo viene da ritenere che tra il dottor Storari e il dottor Davigo si sia creato un cortocircuito sinergico reciprocamente fuorviante - si legge nella sentenza di condanna del Tribunale di Brescia - e le modalità quasi carbonare con cui le notizie riservate sono uscite dal perimetro investigativo del dottor Storari, (verbali formato Word, tramite chiavetta Usb, consegna nell'abitazione privata dell'imputato), e le precauzioni adottate in occasione delle disvelamento ai consiglieri - avvenuto nel cortile del Csm lasciando prudenzialmente i telefonini negli uffici - appaiono sintomatiche dello smarrimento di una postura istituzionale".
I giudici hanno poi aggiunto che "anche gli albori della vicenda ora all'esame appaiono avvolti da una coltre di opacità"
"Davigo sapeva del contenuti dei verbali prima di averli"
Sempre all'interno del documento dove viene motivata la decisione dei giudici si legge che "numerosi indizi - e non 'una ricostruzione obiettivamente paranoica' - suggeriscono che il dott. Davigo possa essere stato al corrente del contenuto delle dichiarazioni dell'avvocato Amara ancor prima della consegna materiale dei verbali da parte del dott. Storari, ove effettivamente avvenuta solo nell'aprile del 2020" e che l'ex consigliere del Csm ha "utilizzato il tema dell'asserita appartenenza massonica per fare terra bruciata intorno al dott. Ardita", suo collega e cofondatore con lui di Automia e Indipendenza.
Per altro verso, però, non c'è "sufficiente grado di certezza che abbia strumentalmente ottenuto prima - e divulgato poi - i verbali di Amara" con l'intento di nuocere, ossia che sia stato "animato da una cosciente volontà di propalare un'accusa che sapeva mendace in ragione di personalismi o di intenti ritorsivi dovuti a dissidi insorti nel passato con l'ex amico".