Regione Lombardia, Majorino: il discorso integrale della candidatura
"Una squadra tosta, unita, che mette al centro della propria proposta il benessere, l’inclusione sociale e la lotta alle diseguaglianze"
Regione Lombardia, Majorino: il discorso integrale della candidatura
Oggi, il 3 dicembre, è la giornata internazionale delle persone con disabilità. Una giornata che riguarda tutte e tutti noi. E che rappresenta una enorme scommessa, quella di ricostruire una politica che investa sul valore della promozione e del riscatto delle donne e degli uomini. Fatemi dire che ritengo doveroso iniziare da qui. Perché quello della disabilità è il classico banco di prova per la buona politica.
E la nostra svolta, la svolta che noi, noi tutti insieme, rappresentiamo e incarniamo, deve - molto più che sulle formule, sui riti di palazzo, sui dibattiti surreali sul tasso di riformismo o estremismo dei candidati - concentrarsi su questo.
Le condizioni di vita materiali, la centralità dei diritti sociali umani e civili, il bene comune come orizzonte. Il 2 marzo del 2019, alcuni di voi se lo ricordano bene, riempivamo le strade di questa città, proprio nel cuore del successo salviniano, quando Salvini sembrava imbattibile, dicendo : People- Prima le persone. Ecco: sarà questo il filo della nostra proposta. Prima le persone per cambiare radicalmente in Lombardia. Nel ringraziare tutte e tutti voi per essere qui, e Martina Riva, e tutti voi che siete intervenuti,
Nel ringraziare le tante e i tanti che mi hanno chiesto di candidarmi a Presidente della Regione Lombardia - cosa che mi onora e mi fa tremare le vene ai polsi - nel ringraziare Vinicio Peluffo e tutti gli altri rappresentanti delle forze politiche della nostra alleanza di centrosinistra, voglio dire che noi saremo questo. Non una coalizione litigiosa che non sa parlare al cuore della nostra comunità e si ritaglia nei cantucci confortevoli delle proprie liturgie, non le forze politiche che scambiano le elezioni regionali per una resa dei conti interna
Ma una squadra tosta, unita, che mette al centro della propria proposta: il benessere, l’inclusione sociale, la lotta alle diseguaglianze - a partire dalla prima, quella tra i generi - le politiche per lo sviluppo sostenibile, il valore della difesa dei beni comuni, a cominciare dall’ambiente della terra di Lombardia nella quale viviamo Saremo questo.
Quelli che dopo 28 anni di governo di destra, rappresentati oggi dalla palese inadeguatezza di Attilio Fontana,
Si candidano a testa alta.
Si candidano per vincere.
Vincere, vincere per cambiare.
Perchè di cambiamento - come hanno detto tutte e tutti loro che sono intervenuti prima di me - c’è un gigantesco bisogno.
E’ chiaro che la sfida è difficilissima, questo lo sappiamo bene e so che continuerà il tam tam sul fatto che in realtà non c’è partita o la corsa a farsi fare i sondaggi su misura - ne abbiamo letto alcuni surreali-. Ma, lo dico ai nostri avversari, in particolare ai due che vengono dal centrodestra Attilio Fontana e Letizia Moratti, io non mi iscrivo al torneo di quelli che vogliono partecipare o, peggio ancora, a quello di chi ragiona sul come “perdere bene”. Io, noi, N-O-I siamo in campo per portare finalmente aria fresca e nuova, perché questa regione torni a respirare. Perchè c’è davvero bisogno di una svolta politica che dia alle cittadine e ai cittadini di Lombardia un governo regionale all’altezza delle loro necessità, dei loro interessi, delle loro e speranze e fatemelo dire, pure, dei loro desideri.
La nostra proposta di governo, la nostra agenda di priorità che renderemo sempre più evidente in queste poche settimane che ci separano dal voto, in questa autentica corsa contro il tempo, sarà dunque un’agenda ambiziosa. E’ in fondo l’unica condizione che mi sono permesso di porre a chi mi chiedeva di candidarmi. Dicevo “va bene, ci sto, lo faccio con passione e pure riconoscenza” ma a patto che quel che parleremo sarà il linguaggio di un cambiamento profondo
Se si tratta infatti di lasciare le cose così magari aggiungendo un pizzico di efficacia in più nella gestione della macchina io non sono il candidato giusto. E invece sono convinto che NOI siamo la squadra migliore di tutte e l’unica effettivamente credibile per proporre scelte radicalmente diverse da quelle effettuate sin qui. Ovviamente l’esempio purtroppo più facile e immediato è quello della sanità e della politica sanitaria. Dico purtroppo perchè la situazione è diventata allarmante Mi domando davvero una cosa : come, proprio in Lombardia, la terra delle straordinarie eccellenze sociosanitarie, la terra del welfare (di matrice ambrosiana e non solo) che da oltre cento anni ha visto crescere esperienze di altissima qualità, di natura pubblica e privata, ecco, come mai proprio in Lombardia siamo arrivati fin qui? Prima delle necessarie proposte riorganizzative del settore dobbiamo farcela questa domanda. Perchè per uscire dalla sorprendente crisi della sanità lombarda non sono più sufficienti solo grandi sforzi innovativi. Si deve ragionare sulle cause, per ricostruire.
Ovviamente, lo ripeto, lo ribadisco, lo dirò in tutte le lingue, la forza della critica non deve indurci ad una rappresentazione macchiettistica. Le eccellenze pubbliche e private ci sono, ci sono ancora. Soggetti antichi e nuovi offrono, grazie al mondo medico, degli infermieri, degli operatori, dei tecnici, servizi di grandissima e altissima qualità. Ma non possiamo non comprendere cosa è accaduto e si è reso evidentissimo in questi anni. Io credo che si sia presa la strada di una privatizzazione senza governo che ha alla fine nei fatti impoverito l’offerta pubblica e debilitato la medicina territoriale, considerata, essa, meno remunerativa, colpendo poi in modo drammatico tutto ciò che sta a cavallo tra la sanità e il sociale. E penso a cose molto molto concrete. La neuropsichiatrica infantile i servizi riguardanti la salute mentale, tema che mi è particolarmente caro, e le dipendenze la politica sulla salute della donna con una guerra ideologica - ecco dove sono i veri estremisti - condotta verso i consultori pubblici la medicina del lavoro la prevenzione e mi fermo qua per brevità insomma tutto ciò che non era profitto non è stato considerato prioritario e si è creato un canale d’accesso che butta fuori dal pubblico, finendo inevitabilmente per fare pagare un prezzo inaccettabile a chi ha meno.
Domando, e lo domando a Fontana ma pure a Letizia Moratti che è corresponsabile politica di una situazione che non ha mai criticato da Sindaco e che ha assecondato con la sua pessima e recente riforma da assessore: ecco domando loro una cosa: ma è giusto che un operaio, una cassiera, un impiegato, una lavoratrice autonoma, una pensionata che non ha i soldi di un presidente di regione o di un esponente della ricca aristocrazia, debba fare mille sacrifici per essere visitata in tempi adeguati? E domando proprio a chi ha creato questa situazione vergognosa: Ma voi, come pensate di essere credibili essendo stati parte della causa di questa palese ingiustizia sociale ? Ecco perchè c’è bisogno di noi. E c’è bisogno di una poderosa riforma fatta con la comunità scientifica, i medici, gli infermieri, le lavoratrici e i lavoratori del settore, gli enti locali, il mondo fondamentale del privato sociale, una riforma coraggiosa e non calata dall’alto affinchè - oltre a interventi immediati da fare con urgenza nei primi cento giorni- come un’azione immediata per ridurre le code, entro la fine del mio e nostro mandato si rilanci la funzione della medicina di base, e dei pediatri di libera scelta si sburocratizzino figure professionali tanto rilevanti si cancelli la vergogna delle liste d’attesa; si intervenga per ridurre drasticamente i tempi d’attesa in un pronto soccorso, si restituisca forza e ambizione ai presidi sociosanitari presenti nel territorio, si permetta al privato di qualità di emergere competendo in modo trasparente, si cancelli, fatemelo dire con chiarezza questa vergognosa lottizzazione continua prodotta dalla piccola politica per cui ogni direttore generale di una struttura pubblica ha di fianco la sigla di un partito della destra, pratica, che, ovviamente, con me non sarà mai sostituita da una nostra lottizzazione eguale e contraria ma piuttosto individuando procedure effettivamente trasparenti e soggetti terzi che le garantiscano che mettano al centro merito, qualità, competenza e non logica spartitoria. E c’è bisogno di una svolta politica che dalla Lombardia faccia sentire molto di più la voce di chi ritiene che sulla sanità e sul welfare non si possa fare cassa
Lo dico pure a casa nostra, poiché purtroppo le stagioni dei tagli hanno in passato riguardato governi di varia natura tagli terribilmente riaffermati oggi dal Governo Meloni attraverso la sua pessima manovra di Bilancio tutto questo lo faremo sapendo che abbiamo un solido perimetro ideale entro cui collocarci ed è quello definito dalla riforma che ha portato ad una della pagine più belle del nostro Paese, una riforma citata spesso a livello esemplare anche in ambito internazionale, Alludo alla riforma voluta da una straordinaria donna cattolica e antifascista, Tina Anselmi, che ha portato all’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale. Una poderosa riorganizzazione della sanità, la nostra, dicevo, che parta, nel tempo della faticosa uscita dalla pandemia, anche dell’evitare di buttare via l’occasione dell’istituzione delle case di comunità che non devono essere un’operazione di facciata ma il cuore di una riorganizzazione territoriale del welfare che integri finalmente il sanitario con il sociale. E lo dico a Fontana lo avrei detto a Moratti se fosse ancora dov’era fino a poche settimane fa: basta con questo spettacolo vergognoso fondato sulle inaugurazioni di edifici farlocchi.
Tra un po’, in giro per le nostre terre, il Presidente uscente inaugurerà anche solo una targhetta con sopra scritto “casa di comunità”. Dimostrando ancora una volta di non aver capito. Quando, uno straordinario lombardo a cui mando un grande abbraccio colmo di riconoscenza, Don Virginio Colmegna, ha spinto tanti di noi a ragionare assieme delle case di comunità, lo ha fatto per indurci a riflettere su come rendere i servizi alla persona più efficaci su un punto cruciale. Il prendersi cura come ambito che chiama in causa servizi di stampo sanitario e servizi sociali. E’ questo ciò di cui abbiamo bisogno, non di sceneggiate. In questo quadro, ovviamente, riqualificazione delle professioni sanitarie e del sociale, transizione digitale, telemedicina, nuovi servizi territoriali devono poter essere occasioni per cambiare il futuro E in quest’ottica si colloca il rapporto con il privato sociale, il terzo settore, quel giacimento straordinario - ne ho parlato di recente anche con Giuseppe Guzzetti che sono andato a trovare ad Appiano - di pratiche, esperienze, saper fare. Insomma una bella differenza rispetto ad una Regione che in questi anni ha deciso di non avere una politica sociale e si è limitata a erogare risorse, e mai nemmeno sufficienti e non si è dotata di piani adeguati proprio sul tema della disabilità, della non autosufficienza, della lotta alla violenza degli uomini sulle donne, delle politiche per l’infanzia, delle politiche pubbliche per promuovere l’assistenza famigliare, della lotta alle povertà delle politiche di integrazione. Del resto basta vedere quali sono stati i protagonisti politici assurdi messi a presidio di quei temi strategici. Così facendo, con il suo calcolato immobilismo, Regione Lombardia ha finito per scaricare sui Comuni, o magari addirittura sugli sportelli della Caritas, la pressione della domanda sociale. Noi saremo altro.
Saremo quelli che non si gireranno dall’altra parte, di fronte al bisogno di riscatto e davanti alla sofferenza. Ma dico di più: saremo quelli che credono che l’innovazione del welfare - cerco di sintetizzare perchè potrei, perdonatemi!, andare avanti ore su questo - sia una enorme opportunità, una grande occasione. Parleremo allora, noi, il linguaggio del sostegno alla genitorialità, della progettazione avanzata di politiche per l’infanzia, dell’aiuto ai Comuni, (Anna, ne parliamo presto!) per far vivere bene le bambine e i bambini Saremo quelli della cultura della conciliazione dei tempi di vita tra cura e lavoro, questione che non riguarda, e non può certamente riguardare, solo le donne, le madri, ma che deve riguardare sempre di più anche i padri. Tutti temi - questi - che fanno parte, diciamolo con orgoglio, in un tempo nel quale prendiamo troppe sberle, della nostra idea di società. Il contrario di quello che è avvenuto in una regione nella quale una famiglia che ha un bimbo piccolo, che magari da mattina a sera reagisce in modo inatteso, inconsueto e complicato, che porta con sè i segni tumultuosi di una fragilità inafferrabile, destabilizzante è costretta ad attendere anche 18 mesi per ottenere una visita in un reparto di neuropsichiatria infantile. Altro che storie, vi dovreste vergognare e con noi le cose cambieranno! E cambieranno pure su di un terreno complicato, delicato, e strategico. Alludo alla questione della casa. Basta case vuote.
DICO : basta - case - vuote. ALER Milano non sa nemmeno più quanti siano i migliaia di appartamenti sfitti e inutilizzati a fronte di migliaia di persone senza casa. Ovviamente anche qui il lavoro da fare è tantissimo (ne ho parlato mesi fa proprio con Maran nel suo ufficio) : va rivoltato come un calzino il soggetto che gestisce per conto di Regione Lombardia l’edilizia residenziale pubblica. (Grazia Casagrande dal Corvetto, ce lo ha spiegato molto molto bene) C’è da riprogettare un soggetto che metta le mani nel rilancio delle case popolari, promuovendo mix sociale, efficienza nella manutenzione, relazione con i cittadini, ricostruzione di presidi di legalità. E a tale proposito fatemi aggiungere che, essendoci vari spazi vuoti ai piani terra inutilizzati, lì andranno sempre di più portati presidi infermieristici, attività ricreative, laboratori sociali, luoghi dell’artigianato e per le attività d’impresa. E fatemi anche dire che la mia intenzione da Presidente sarà quella di mettere, proprio in uno di quegli spazi oggi vuoti, presenti in uno dei quartieri popolari milanesi più complicati, un mio piccolo ufficio, come già da assessore feci proprio al Corvetto, per accorciare la distanza anche materialmente tra istituzione regionale e cittadini. E questo è un punto per me essenziale. Ne ho parlato pure ieri sera a Varese, ad una bella iniziativa.
La destra ci ha abituato tutti, devo dire purtroppo con efficacia, che l’istituzione regionale può legittimamente essere la più lontana del mondo. Ha lavorato su quella distanza rendendosi come un ente, se escludiamo tutta la gigantesca e contraddittoria questione della sanità, che palesemente spesso non fa. Invece io penso che noi dobbiamo fare della regione il laboratorio della prossimità. Ed è questa la giusta idea di autonomia. Altro che - come vuole Calderoli - regionalizzare la scuola, - Anzi lo dico da padre: giù le mani dalla scuola pubblica italiana! - No : l’autonomia che abbiamo in mente noi è quella di un sistema che vede la regione al fianco delle autonomie locali, delle nostre comunità, della realtà metropolitana, e, ancora di più, dei comuni più piccoli, delle comunità montane, dei luoghi dove il disservizio, di un autobus o di un’anagrafe che chiude, non fa nemmeno più notizia Ecco perchè sto incontrando molti sindaci in questi giorni, ( Bonaldi?) e oggi torno da Gori, domani vado dal grande Emilio del Bono a Brescia. Non è solo una questione di consenso, anche quello, ma è pure una questione di senso. Qui vedo tantissime amministratrici e amministratori locali. Sindaci, assessori, consiglieri comunali, di municipio.
Guardate che la nostra idea di regione è quella dove voi non dovete più fare anticamera per incontrare un suo rappresentante ma è quella al servizio delle vostre comunità. Poiché noi prima vinciamo e poi siamo a chiamati a riscrivere una nuova credibilità delle istituzioni. Che poi vuole dire essere dalla parte migliore della storia europea. Lombardia Regione d’Europa sono poche parole che voglio pronunciare con forza. Ciò vuol dire diverse cose. Certamente - e so di parlare una lingua perfetta per Irene, Brando, Patrizia, Giuliano e gli altri colleghi con cui ho condiviso la bellissima esperienza del parlamento europeo - noi abbiamo bisogno di una Lombardia che si dota di una sua politica in Europa. Non prendetemi per matto. Andate a vedere cosa fanno i bavaresi ad esempio. Abbiamo bisogno di un lobbismo intelligente che curi i nostri interessi e non ci faccia perdere alcune grandi occasioni. Tra di esse a proposito di snodo tra l’Europa e la nostra terra lombarda c’è il PNRR In questi giorni sto facendo un esercizio avvilente chiedo in Regione informazioni sull’effettivo stato dell’avanzamento degli interventi finanziati attraverso il PNRR Noto anche da dirigenti di cui non faccio il nome smarrimento, mi guardano come se parlassi di un segreto particolare. E questo la dice lunga sulla capacità di essere efficienti in relazione alle politiche di sviluppo della nostra terra. Quindi c’è certamente un problema di funzionamento della macchina, problema che si rende ancora più evidente se si fa riferimento all’utilizzo del complesso dei fondi di matrice europea nella nostra regione. Tema su cui vorrò dotarmi di un super assessore che si occupa solo di questi, dei bandi e così via. Però poi ovviamente c’è un’altra spiegazione. Ed è politica. E i parlamentari italiani ed europei in sala lo possono confermare.
Non sono particolarmente credibili quelli che mentre noi votavamo a favore del next generation eu non avevano il coraggio di votare a favore Perchè poi al fondo, spesso è proprio la politica a spiegare le cose. Voi, lo dico al governo regionale uscente, siete sempre e comunque quelli di Matteo Salvini che con Savoini tenta di fare affari con Mosca noi siamo quelli della lotta di David Sassoli e del governo Conte 2 per ottenere le risorse che vanno impiegate proprio per sostenere le nostre comunità Perchè le nostre comunità hanno bisogno di sostegno e opportunità per buone traiettorie di sviluppo. Sviluppo intelligente e sostenibile. In questa cornice si collocano alcuni grandi interventi di cui c’è bisogno. Uno di essi è certamente la necessità di realizzare una nuova legge regionale urbanistica pensando, come si legge anche in alcuni dei documenti che le opposizioni presenti in consiglio regionale, unitariamente, hanno elaborato in questi mesi, ad un nuovo strumento capace di integrare nella pianificazione territoriale i temi del contenimento del consumo di suolo, di tutela delle aree verdi, di pianificazione di area vasta, di riforestazione, di contrasto agli effetti della crisi climatica e così via. Investendo sul valore della rigenerazione urbana, del riuso, della riqualificazione. Una moderna politica pubblica - sottolineo pubblica, perchè il mercato da solo non fornisce le risposte adeguate - dell’abitare, peraltro, deve collocarsi in questo ambito, E sempre con questo approccio di chi sa che c’è moltissimo da fare, va affrontato il capitolo strategico delle infrastrutture, dei trasporti, della mobilità. Ovviamente tutto ciò è una chiave determinante per intervenire su qualità della vita dei cittadini e per la competitività delle imprese.
Ed è per questo che è paradossale - dopo tanta retorica sui primati della “Lombardia” - che sia oggi uno dei terreni su cui si è assistito sempre di più ad una fuga dalle responsabilità del governo. Penso a titolo di esempio a come non vi sia un punto di vista regionale limpido sulla gestione della rete aeroportuale. E in maniera ancora più evidente mi riferisco al sistema regionale dei trasporti che oggi appare come progressivamente depauperato, perde punti rispetto a quello nazionale, e le condizioni in diverse tratte con cui devono fare i conti i pendolari sono sinceramente inaccettabili (studentessa?), con ritardi e disservizi non più tollerabili. E’ chiaro che si deve intervenire con nettezza dentro Trenord e fare le scelte migliori sul piano gestionale. Ma questo non basta, non basterebbe.
Sull’intero gigantesco capitolo, posto che vi è bisogno di interventi poderosi che incrociano risorse nazionali ed europee - in parte anche il PNRR a cui facevo riferimento prima- il salto enorme di qualità di cui c’è bisogno riguarda aspetti molto diversi. Vado per titoli. Abbiamo bisogno di una Regione che si collochi a sostegno dello sviluppo del trasporto pubblico e della mobilità sostenibile, promuovendo un fondo a sostegno degli enti locali, abbonamenti integrati, politiche tariffarie differenziate per studenti, lavoratori, disoccupati, anziani, famiglie numerose, devo dire che mi interessa molto l’esperimento di Berlino, ne parleremo. Investimenti poi a sostegno della multimodalità e Politiche che non lascino soli i Comuni, scaricando su di essi l’aumento del costo del biglietto, e poi dobbiamo investire sul rinnovamento del parco mezzi circolanti, ovviamente dando priorità all’elettrico, sulla ciclabilità, affiancando anche in questo caso i Comuni. e ancora sulla gestione del servizio ferroviario regionale: servono interventi per ottenere un ammodernamento del materiale rotabile, affrontando poi anche i temi della qualità del servizio. E inoltre, fatemelo dire in maniera molto netta va affrontata pure la questione della sicurezza.
Apro e chiudo parentesi. In questi anni la Regione ci ha abituato sulla sicurezza alla solita retorica della destra (abbiamo avuto lassessore de corato chiacchierare spesso e a ruota libero) e a zero fatti reali sul tema di cui in materia di sicurezza si deve prioritariamente occupare : cioè ciò che riguarda treni e stazioni soprattutto in alcune tratte e a certi orari. Anche in questi casi voglio una Regione che non sta ferma. Che prende poi di petto la questione della qualità dell’aria - nella regione più inquinata d’Europa- come quella ancora più ampia degli effetti della crisi climatica Fontana è su queste questioni essenziali una sorta di piccolo Bolsonaro, un negazionista. E con noi invece si cambia. Volete un esempio oltre agli interventi sulla mobilità? Attuiamo un piano emergenziale per la riqualificazione degli edifici pubblici a partire proprio dalle case popolari, una misura efficace per abbassare emissioni, creare nuovi posti di lavoro, abbassare i costi energetici. Attraverso scelte che appartengano alla rivoluzione ambientale che dobbiamo proporre e che tenga insieme giustizia sociale e giustizia climatica. Una rivoluzione ambientale fatta insieme ai lavoratori, i sindacati, le imprese, il mondo agricolo-che è un attore cruciale e non può subire le sceltre-, le comunità energetiche, la società civile, i Comuni.
Una rivoluzione ambientale, totalmente incompatibile con il tentativo perpetuato in questi giorni di allungare sul Parco Agricolo sud le mani sporche di cemento di chi oggi gestisce la regione. Una rivoluzione ambientale fatta di difesa dei beni della terra e del valore dell’acqua. Sapendo che tutto ciò significa anche guardare avanti sul piano occupazionale. Nel cuore della campagna elettorale, a tale proposito, presenteremo il più grande piano per creare lavoro verde mai fatto in Lombardia, anche cogliendo le opportunità che arrivano dal green deal europeo. Lombardia, poi vuole dire, voglia di fare impresa. Il sistema economico lombardo è costituito da circa 820 mila impresa con una grande preponderanza di imprese individuali. Cosa propone loro l’istituzione regionale? Non è sempre facilmente comprensibile mentre i temi da affrontare sono molti. Accompagnamento all’internazionalizzazione, eccessiva burocrazia, difficoltà nell’accesso al credito, sostegno alle imprese innovative, problemi aperti sul piano della digitalizzazione sia delle imprese che della Pubblica Amministrazione. La sfida su questo sarà davvero ambiziosa. Pensiamo ad una regione che sia in grado di offrire sostegno al mondo produttivo lombardo promuovendo il più possibile un modello basato sulla responsabilità sociale d’impresa e sulla cultura dell’innovazione immaginando una struttura ad hoc per semplificare ad esempio gli adempimenti burocratici richieste alle stesse imprese o facilitare l’accesso alle richieste di finanziamento. E pensiamo poi a politiche del lavoro e per il lavoro. Abbiamo su questo un buon esempio da cui attingere il patto realizzato da Regione Emilia Romagna. Esso si fonda sul valore della concertazione, sul coinvolgimento delle parti sociali, e definisce una buona cornice di riferimento. Le politiche attive sono una straordinaria opportunità da cogliere. Vogliono dire rapporto con l’Europa, con il sistema universitario, formazione permanente, ruolo degli ITS, centri per l’impiego. Tutte questioni che affronteremo. E vogliono dire anche, scusate se ora faccio l’estremista o il candidato “identitario!”, questione salariale. Io non ritengo accettabile che le istituzioni incoraggino il lavoro povero e questo deve riguardare anche Regione Lombardia che non può determinare appalti con paghe da fame. E poi politiche del lavoro significa pure affrontare parità salariale tra donne e uomini, piani per il sostegno all’occupazione femminile, sostegno alle cooperative di tipo b, per l’inserimento dei fragili. E delle parole che non si possono pronunciare solo nei giorni dei morti: Sicurezza sul lavoro. Vado a concludere, sapendo che dovrei affrontare tanto altro e in queste poche pochissime settimane, avremo le occasioni per farlo assieme. Perchè voi non siete qui per applaudire. Voi siete qui per fare la campagna elettorale. Che vorrà dire tam tam sociale, mobilitazione nei territori soprattutto in quelli più lontani e ostili, dove andremo tantissimo, confronto sulle priorità. Aspettatevi tappe di lavoro e confronto comune per affinare programma, parole d’ordine, progetti. Aspettatevi che discuteremo di questo come di altro, come ad esempio, affronteremo il tema (su cui confesso grande preoccupazione) riguardante lo stato effettivo delle tappe e degli interventi connessi alle Olimpiadi, un appuntamento che abbiamo ottenuto grazie al lavoro Beppe Sala, Roberta Guaineri, e che deve vedere l’istituzione regionale in campo.
Aspettatevi dunque settimane di campagna elettorale nelle quali presenteremo proposte su tanti aspetti che ci riguardano da vicino. Mostrando il massimo della voglia di cambiamento e di futuro. Quella di chi pensa che ci sia bisogno di una regione che sa garantire e promuovere la cultura dei diritti. E che smette di far finta di niente di fronte alla pratica delle discriminazioni. Cultura dei diritti Che vuol dire affiancare i comuni che si attivano contro l’omotransfobia e che promuovono progetti come quello milanese delle case arcobaleno che vuol dire non avere paura di portare i propri simboli e la propria voce di un’istituzione al Pride che vuol dire ritenere che vi sia un grande tema relativo ai diritti delle donne di scegliere rispetto al proprio corpo che nessuno può mettere in discussione che vuol dire piena applicazione della legge 194, senza se e senza ma che vuol dire diritto alla piena cittadinanza in un paese vergognosamente incapace di promuovere lo ius scolae che vuol dire diritto a vivere liberi davvero. In un territorio che continua a far finta di non avere la ndrangheta in casa e dove noi invece realizzeremo una politica di lotta alle mafie fondato su cultura della legalità gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata sostegno al fondo antiusura Cultura dei diritti che vuol dire diritto alla bellezza.
E ciò poi è una pratica di governo se diventa: Politiche di sviluppo del turismo, fondate sulla qualità dell’offerta culturale e creativa, sostegno all’arte, allo spettacolo, al teatro, alla lettura, al cinema, alla produzione seriale in una regione dove hanno usato la film commission per fare affari e non per sostenere nuovi talenti Diritto alla bellezza che è ciò anima la scommessa di bergamo e brescia che insieme diventano capitale della cultura del 2023 e grazie ai nostri amministratori mettono in pratica un modello radicalmente diverso da quello rappresentato dal ministro Santanchè. Cultura dei diritti che vuol dire diritto alla memoria antifascista, come ci ha spesso insegnato Lele Fiano, oppure anche quello che io propongo agli altri candidati presidente: chiunque di noi vinca si impegni a coltivare la memoria di una grande persona e di un punto di riferimento per tanti di noi appassionati dei destini del sud del mondo: l’ambasciatore Luca Attanasio, ucciso in Congo in circostanze ancora da chiarire, un grande cittadino lombardo che ricordo mandando da qua ancora una volta un abbraccio ai suoi famigliari. Ovviamente la sfida è dura, lo sappiamo, ma come ha scritto ieri Laura Di Donato, su facebook, noi dobbiamo creare il consenso, non inseguirlo. Anche perchè a furia di inseguirlo ti smarrisci e non sei credibile.
E per essere credibile e dunque creduto devi fare, faremo, una campagna elettorale col sorriso sulle labbra, appassionata, alla ricerca delle voci più inascoltate e delle idee più innovative, cammineremo insieme, consumandoci suole nelle terre lombarde, ben oltre, le confort zone della politica, perchè come ha detto Stefania Bonaldi tante volte in questi mesi, la buona politica non si fa in DAD. Si fa costruendo legame e relazione anche quando chi incontri è diffidente o perfino ostile. Andiamo nelle tante Lombardie, per dirla con Riccardo, Riccardo Sarfatti, una persona che a casa ci manca tantissimo.
E con questo atteggiamento fermo e rispettoso rinnovo al presidente uscente Fontana un invito: scelga il luogo che desidera o la tv che preferisce: lo sfido a un confronto pubblico sulle idee. Non abbia paura né si sottragga. Andiamo avanti allora a testa alta, noi siamo qui per dire che vogliamo portare il cambiamento. Moratti e Fontana e le loro liti sono il passato. Noi siamo qui con un’alleanza di forza politiche e movimenti civici, orgogliosa che può arricchirsi ancora di più per diventare ancora più determinata.
Dunque, lombarde e lombardi, mettiamoci in cammino